da: Il Fatto Quotidiano
Tutti possono immaginare quanto ci stia
simpatico Sallusti, in arte zio Tibia, che ci insulta un giorno sì e l’altro
pure, e soprattutto scrive e pubblica cose ben oltre i confini della realtà. Ma
i cantori del “nuovo centrodestra liberale, popolare ed europeo” nato dalla
rivolta degli schiavi berlusconiani al seguito del governo Alfetta sotto le
bandiere del “tengo poltrona” dovrebbero spiegare cosa ci sia di liberale, di
popolare e di europeo nella prima mossa di questi gentili signori: quella di
far cacciare il direttore del Giornale per sostituirlo con uno più morbido e
accomodante nei loro confronti (i pretendenti non mancano). Intendiamoci: la libertà
di stampa non c’entra nulla, né con Sallusti né con chi lo vuole defenestrare.
Anzi, non esiste proprio, altrimenti sarebbe vietato per legge a qualsiasi
politico o partito di controllare giornali e tv. Ma un politico che chiede
la testa di un giornalista, chiunque sia il giornalista, non ha nulla di
liberale, popolare ed europeo. Infatti stiamo parlando di Angelino Alfano, che
si definisce “diversamente berlusconiano” e invece è solo un berlusconiano
opportunista.
Quando, ancora due mesi fa, si trattava di
manganellare chi chiedeva le sue dimissioni per il sequestro e la deportazione
della moglie e della bimba di un dissidente kazako ordinati da agenti di Astana
che scorrazzavano per il Viminale e perpetrati dalla polizia italiana
all’insaputa del presunto ministro dell’Interno, il Giornale di zio Tibia gli
andava benissimo. Ora che gli dà del traditore per aver voltato gabbana, non
più. Troppo comodo. Il berlusconismo non finisce con la morte (peraltro
presunta) di B.: finirà quando anche l’ultimo berlusconiano sarà sparito dalla
circolazione senza lasciare tracce.
E le tracce di Al Nano sono ancora tutte lì
per terra. Il lodo Alfano che bloccava i processi alle alte cariche dello
Stato, roba mai vista neppure nel terzo mondo, fu bocciato dalla Consulta. La
legge Alfano per limitare le intercettazioni e imbavagliare la stampa non passò
nemmeno nel Parlamento più indecente della storia. E chi ricorda i suoi
affettuosi rapporti con Massimo Ciancimino, ovviamente prima che collaborasse
con i pm (dopo divenne un paria)? Tipo i viaggi sul suo elicottero dell’Air
Panarea con la moglie e un altro deputato siciliano del Pdl, Dore Misuraca, ora
passato ai popolari, liberali ed europei. Al figlio di don Vito, Angelino Jolie
chiese persino consigli per il trapianto pilifero sul capino impostogli dal
Capo. Ciancimino jr. lo indirizzò da uno specialista a Roma: purtroppo
l’intervento abortì, neppure i capelli finti volevano averci a che fare. Ora,
per i cantori del governo Alfetta, Al Nano è la risposta italiana alla Merkel.
Fortuna che l’interessata non sa neppure chi sia, altrimenti sporgerebbe
querela. Anche alla luce delle memorabili imprese di Angelino Jolie nei panni
di ministro della Giustizia. Tipo quando, nel giugno 2009, annunciò un
mirabolante Piano Carceri a base di “penitenziari galleggianti” che avrebbe
garantito “17.891 nuovi posti cella entro il 2012” (se ne fosse mai visto uno,
di carcere e di posto cella). O quando, come rivelò Gian Antonio Stella,
l’enfant prodige del “partito degli onesti” e del “merito” nominò nel neonato
“Organismo indipendente di valutazione della performance dei magistrati”, con
un contratto da 48.600 euro annui, un esperto d’eccezione: Calogero “Lello”
Casesa, agrigentino come lui, impiegato in Provincia, ex consigliere comunale di
Forza Italia, ma soprattutto presidente della sagra “Mandorlo in fiore” e
suonatore di “friscalettu” (lo zufolo dei balli folcloristici) nel gruppo “Val
d’Akragas”. Il nuovo partito liberale, popolare ed europeo è in buone mani.
Perché è vero che nel 2005, proprio al Giornale, l’onorevole Angelino si
dichiarò “unilateralmente innamorato di Silvio Berlusconi”. Ma è anche vero che
in Italia si dimentica tutto, con buona pace del detto di Flaiano: “A furia di
leccare, qualcosa sulla lingua rimane sempre".
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