Sul flop di Facebook partono le inchieste
Indagine Sec sul collocamento, pronta la prima class
action
di Maurizio Molinari
La quotazione
delle azioni al Nasdaq si risolleva di poco ma su Facebook tira aria di
tempesta: la Sec, il Congresso di Washington e i giudici di almeno tre Stati lanciano
indagini per scoprire se l’offerta
pubblica di acquisto è stata viziata da inganni bancari a detrimento degli
investitori. Fra l’altro in serata la Cnbc ha riferito che Facebook e il Nyse
hanno avuto contati in merito alla possibilità che l’azienda cambi listino e si
quoti sul Nyse, lasciando il Nasdaq.
Le buone notizie per Mark Zuckerberg, ceo di Facebook, si fermano all’andamento del listino. Per la prima volta dal debutto di venerdì le azioni Fb aumentano, guadagnando un 4% che le porta oltre 32 dollari. Sebbene si tratti di un valore inferiore di circa il 17% ai 38 dollari iniziali, per il gigante da 900 milioni di user si tratta di una boccata d’ossigeno, anche perché accompagnata dalla compravendita di un volume alto di azioni. Ma l’inversione di rotta nel listino viene polverizzata dall’annuncio di una raffica di inchieste che minacciano di assimilare il social network più popolare ai giganti della finanza protagonisti dei peggiori scandali finanziari. Il motivo è la norma 10b-5 del Securities Act del 1934 che proibisce di adoperare «qualsiasi schema, artificio o oggetto» che porti a «omettere o giudicare erroneamente un fatto materiale» inducendo in errore gli investitori. Il sospetto della Sec (la Consob d’America) è che chi ha guidato l’offerta pubblica di acquisto (Ipo) abbia indotto in errore gli investitori sul valore di Facebook, fissando un prezzo nominale dell’azione non corrispondente
ai ricavi nei prossimi 12 mesi. Si tratta di un errore da principianti ed il fatto che a compierlo siano state alcune delle maggiori banche di Wall Street desta sospetti. Gli occhi sono puntati su Morgan Stanley, capofila nella collocazione delle azioni, assieme ad altre 32 banche sostenitrici dell’Ipo, ad un numero ancora più elevato di società finanziarie interpellate sulla quotazione e alla stessa Facebook che avrebbe potuto aver interesse ad un prezzo maggiore rispetto a quello reale per risolvere il problema dei profitti in calo nel primo trimestre dell’anno. «Ci sono questioni specifiche rispetto a Facebook sulle quale bisogna indagare» spiega Mary Shapiro, presidente della Sec, parlando all’unisono con Rick Ketchum della Financial Industry Regulatory Authority che veglia sulle transazioni di Wall Street. Da qui l’immediata proibizione per gli analisti di tutte le 33 banche interessante di rendere pubblici i documenti relativi alla preparazione del debutto di Facebook. Vuole fare luce anche il Congresso di Washington. Deputati e senatori di entrambi i partiti ricorrono a toni aspri. «Bisogna scoprire se vi sono state violazioni di legge ai danni degli investitori» chiede Sherrod Brown, senatore dell’Ohio, mentre Maxine Waters, deputata della California, parla di «scarsa sorveglianza che ha reso possibile la bastonata sui consumatori» che hanno registrato forti perdite a causa dell’inatteso crollo di Facebook. Come se non bastasse singoli giudici in almeno tre Stati Massachusetts, Maryland e California - hanno aperto indagini a carico di Morgan Stanley chiamando i vertici a deporre sotto giuramento, in tempi rapidi, per rispondere dell’ipotesi di reato di «inganno ai consumatori» prevista dalla legge del 1934.
La valanga-Facebook sembra essere solo all’inizio e le conseguenze che può innescare sono molteplici: se i broker di Wall Street temono la fuga dei piccoli investitori dal mercato, azzerando la timida ripresa di fiducia degli ultimi mesi, dal «Team Obama» che gestisce la campagna per la rielezione trapela la preoccupazione di un indebolimento del presidente perché in più occasioni ha legato la propria immagine a Facebook, recandosi anche nel quartier generale di Menlo Park per dialogare online con il popolo degli user. A cui appartengono molti di coloro che hanno perso cifre considerevoli a causa dell’Ipo.
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