martedì 29 maggio 2012

I “classici del giallo”, corvi in Vaticano: lo scontro tra due cordate


da: l’Espresso 

Vaticano, le due cordate
di Emiliano Fittipaldi 

Una pletora di monsignori e cardinali schierati contro Bertone, considerato troppo potente e ambizioso. Gli fanno la guerra dal 2006 e lui ha reagito con durezza, arrivando a spedirne uno in Africa. Ora è scontro finale

«Tarcisio Bertone è ormai troppo potente, troppo accentratore, troppo ambizioso. E' un uomo pericoloso, e va fermato». Così ripetono come pappagalli gli anonimi "corvi" che stanno spiegando ai giornalisti il motivo per cui fanno fuoriuscire documenti riservatissimi della Santa Sede, lettere personali e atti ufficiali usati come armi di una guerra combattuta «solo e soltanto per difendere il Papa».

A due giorni dall'arresto del maggiordomo di Joseph Ratzinger, è quasi certo che dietro Paolo Gabriele detto "Paoletto", considerato persino dai bertoniani un uomo buono «ma facilmente manovrabile», ci sono altri burattinai, e che il cameriere di Benedetto XVI probabilmente non sarà l'unico a finire nei guai nella spy story vaticana. «I "corvi" che hanno innescato lo scandalo "Vatileaks" sono tanti, e formano un network capeggiato da figure eminenti», dichiara  a "L'Espresso" una fonte vicinissima a Bertone. Che ormai, forzando la mano forse al di là di quello che Benedetto XVI sperava, ha lanciato la controffensiva finale contro tutti i suoi nemici, rei di aver portato lo scontro per destituirlo a livelli mai visti.

Dopo l'arresto di Paolo Gabriele e l'allontanamento con disonore del presidente
dello Ior Ettore Gotti-Tedeschi (reo, secondo Bertone, di aver parlato troppo con i pm di Roma di conti cifrati e, con alcuni giornalisti, della vicenda del San Raffaele; e incolpato soprattutto di aver troppo flirtato con i vertici di un istituto straniero come Bankitalia), il "Corriere della Sera" ha alzato il tiro, puntando a un livello ancor più alto: «Un cardinale italiano tra i sospettati» ha titolato il giornale di via Solferino. «E' proprio così» confida la fonte che vuole l'anonimato. «Non siamo in un romanzo di Agatha Christie e il maggiordomo non sarà l'unico a pagare: a costo di altri e più gravi scandali, Benedetto XVI e il suo segretario di stato sono decisi ad andare avanti, e a fare piazza pulita dei congiurati. Anche se questi si nascondessero tra gli alti prelati».

Impossibile sapere, per ora, se gli investigatori del Vaticano guidati da Domenico Giani abbiano già indagato qualcuno. Il Vaticano smentisce. Ma è utile conoscere, al di là delle indagini della Gendarmeria, i protagonisti della lotta per il potere che è di scena nella Chiesa cattolica. La guerra tra bande contrapposte non è scoppiata all'improvviso. E' iniziata nel 2006, quando l'arcivescovo di Genova fu nominato segretario di stato dal nuovo papa, che lo conosceva e stimava dai tempi in cui Bertone era suo vice alla Congregazione per la dottrina della Fede. In pochi anni di governo il Camerlengo di comprovata fede juventina si è fatto però molti e potenti nemici: è assodato che i rapporti con Angelo Bagnasco, il capo della Cei, non sono mai stati buoni (il braccio di ferro verte innanzitutto su chi deve avere l'ultima parola sulla politica italiana). Pessime le relazioni anche con Camillo Ruini, ex capo dei vescovi, ma non vanno dimenticati gli attriti con Angelo Scola (Bertone ha sperato fino all'ultimo che l'arcivescovo di Milano non diventasse il capo dell'Istituto Toniolo, la fondazione che controlla l'Università Cattolica) e, soprattutto, gli scontri con l'ultimo dei wojtyliani Giovanni Battista Re.

Ma il nemico pubblico numero uno, per Bertone, è sempre stato Angelo Sodano, capo indiscusso della fazione dei cosiddetti "diplomatici" che da subito s'è opposta al salesiano, inviso a molti della vecchia Curia alla lobby dei "diplomatici di professione", per tradizione chiamati a governare l'ufficio del primo ministro della Santa Sede. Un gruppo a cui appartiene anche monsignor Carlo Maria Viganò, l'ex segretario generale del governatorato (una sorta di sindaco del Vaticano) che fu cacciato nel luglio 2011 da Bertone, che per levarselo di torno lo promosse nunzio apostolico a Washington. Un allontanamento dovuto, secondo lo stesso Viganò le cui lettere sono state tra le prime a finire in mano ai giornali e alle tv, all'opera di pulizia e trasparenza che stava compiendo su appalti e gestione economica.

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