da: http://www.lettera43.it/
«La crisi rafforza la mafia»
Gratteri sull'evoluzione della criminalità
organizzata.
Erano le 17,58 del
23 maggio 1992 quando sull’autostrada A29, a pochi chilometri di distanza da
Palermo, 500 chili di tritolo uccisero Giovanni Falcone, sua moglie Francesca
Morvillo e tre agenti della scorta. E sembrarono mandare in fumo, per sempre,
le speranze di un’Italia libera e pulita, coltivate nella stagione coraggiosa
del pool antimafia.
Vent’anni e
centinaia di arresti dopo - tra leggi speciali, confische di beni, battaglie in
Parlamento e tra le Procure - la morsa della criminalità organizzata sulla vita
politica ed economica del Paese sembra non essersi allentata.
«MAFIE PIÙ RICCHE E ARROGANTI». «Le mafie sono più ricche e quindi più arroganti», dice a Lettera43.it Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, da due decenni in prima fila nella lotta alla ‘ndrangheta, e dal 1989 sotto scorta. «Molto è stato fatto ma tanto di più si poteva fare», sospira.
«MAFIE PIÙ RICCHE E ARROGANTI». «Le mafie sono più ricche e quindi più arroganti», dice a Lettera43.it Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, da due decenni in prima fila nella lotta alla ‘ndrangheta, e dal 1989 sotto scorta. «Molto è stato fatto ma tanto di più si poteva fare», sospira.
IL LEGAME CON LA
POLITICA. Come spezzare il connubio tra politica e criminalità organizzata, per
esempio. «Oggi sono i politici che vanno a casa dei boss a chiedere i voti non
viceversa», spiega invitando a smettere di pensare che le mafie siano solo un
fenomeno locale. «C’è ancora qualcuno», sorride amaro, «che dice che a Milano
la ‘ndrangheta non esiste».
Ma, soprattutto,
occorre adeguare il nostro ordinamento giudiziario alla realtà criminale del
Paese. Perché «con questo sistema giudiziario le mafie finiranno quando finirà
l’uomo sulla terra».
DOMANDA. Eppure il procuratore nazionale
antimafia Piero Grasso si è detto entusiasta per i risultati raggiunti dal
precedente governo Berlusconi in tema di lotta alla mafia.
RISPOSTA. Non so cosa abbia detto esattamente
Grasso. So però che il governo
Berlusconi ha fatto due cose importanti per la lotta alle mafie:
con il
primo decreto sicurezza ha abolito il
patteggiamento in appello che era uno scandalo. Poi ha reso possibile il sequestro e quindi la confisca
dei beni anche agli eredi del mafioso morto. Altro non ricordo.
D. È sufficiente per assegnare un premio all'ex premier
per la lotta alla criminalità?
R. Si poteva fare e si può fare di più per meritare un
premio per la lotta alla criminalità.
D. Vent’anni fa le stragi di Capaci e Via D’Amelio.
Cosa è cambiato da allora?
R. Le mafie sono diventate più ricche, quindi più
arroganti. La ‘ndrangheta in particolare ha quasi totalmente il monopolio
dell’importazione di cocaina in Europa. Il suo problema è quello di
giustificare la ricchezza non di arricchirsi. E questa grande disponibilità di
denaro l’ha resa molto più forte. Soprattutto alla luce di questa crisi
finanziaria.
D. Perché?
R. Sono gli unici ad avere grandi capitali in contanti.
Le banche per prudenza o mancanza di liquidità non prestano soldi alle imprese
e la mafia si è sostituita a loro.
D. La mafia si presenta come creditore.
R. Sì. La ‘ndrangheta in particolare presta denaro a
interessi non molto più alti rispetto a quelli degli istituti di credito e così
riesce a entrare nella proprietà delle aziende come socio di minoranza. Il
passo per rilevare poi completamente un’impresa è breve.
D. Con le banche in crisi di liquidità e costrette a
ricapitalizzare è possibile che denaro di provenienza illecita entri anche nel
sistema degli istituti di credito?
R. Per quello che sappiamo dalle nostre indagini, che
sentiamo dalle intercettazioni dei mafiosi, in Italia il sistema bancario è
considerato molto attento. Anche perché c’è una normativa anti-mafia e
anti-riciclaggio molto evoluta.
D. Eppure siamo l’unico stato al mondo ad avere quattro
mafie.
R. Dal punto di vista normativo siamo attrezzati.
Questo però non vuol dire che abbiamo un sistema giudiziario, penale,
processuale, detentivo proporzionato alla realtà criminale, tutt’altro.
D. Servono nuove norme?
R. Malgrado tutti gli sforzi che abbiamo fatto in
questi anni, gli arresti di latitanti, i sequestri, non stiamo vincendo la
partita. Al massimo, la stiamo pareggiando.
D. Com'è possibile vincere la battaglia?
R. Per arrivare al giro di boa, bisogna rivoluzionre il
codice di procedura penale e l’ordinamento penitenziario.
Altrimenti
continueremo a fare convegni, ma le mafie non le sconfiggeremo mai.
D. Qual è questa rivoluzione copernicana?
R. Intanto, va detto, che se i tribunali fossero delle
imprese private domani mattina fallirebbero tutti. Abbiamo un sistema
processuale farraginoso, ancora andiamo in udienza con i faldoni, facciamo le
notifiche del processo penale con l’ufficiale giudiziario. Solo perché vadano a
buon fine mediamente ci vogliono tre mesi.
D. Soluzioni?
R. Informatizzare il codice. Per le notifiche di avvisi
di indagine, per esempio, con la posta elettronica certificata dimezzeremmo
tempi e costi.
D. Intanto però dai tempi di Falcone e Borsellino le
organizzazioni criminali sono diventate più abili.
R. Le mafie si evolvono, come la società, utilizzano gli stessi suoi strumenti, per questo le norme vanno adeguate. Non capisco perché si debba perdere tanto tempo a discutere di leggi inutili che si trasformano in problemi tali da mettere a volte in crisi la tenuta stessa di un governo.
R. Le mafie si evolvono, come la società, utilizzano gli stessi suoi strumenti, per questo le norme vanno adeguate. Non capisco perché si debba perdere tanto tempo a discutere di leggi inutili che si trasformano in problemi tali da mettere a volte in crisi la tenuta stessa di un governo.
D. A cosa si riferisce?
R. Negli anni passati abbiamo discusso per mesi di
processo breve, processo lungo, cercando di far ricadere sulle lungaggini dei
tribunali. Non è così. La parola magica è informatizzazione. Certo, avremmo
anche bisogno di modifiche serie nella legislazione internazionale: le mafie
non sono più un problema italiano come qualcuno continua a sostenere.
D. A chi allude?
R. Mi riferisco a chi si chiede ancora se quella delle
mafie nel Nord Italia sia infiltrazione o radicamento. Qualche uomo delle
istituzioni negli anni passati ha detto persino che la mafia a Milano non c’è.
D. Il prefetto Lombardi.
R. E infatti s’è visto che non esiste la mafia a
Milano. Con le ultime inchieste sono stati arrestati 300 fantasmi.
D. Falcone e Borsellino si tenevano lontani dalla tivù
mentre oggi in Italia c’è una magistratura antimafia molto mediatica. Lei
stesso si è definito una «soubrette». Non servirebbe più discrezione?
R. Non mi voglio prendere molto sul serio e cerco di
stare con i piedi a terra. Definirmi una «soubrette», visto che giro molto per
le scuole, è un modo per entrare in connessione con i ragazzi, parlare il loro
linguaggio.
D. Crede sia opportuno che un magistrato antimafia
partecipi a comizi politici come ha scelto di fare Ingroia?
R. A questa domanda non rispondo. È una cosa delicata,
non mi va di alimentare polemiche.
D. Falcone è morto nell’isolamento e circondato da calunnie. La solitudine è il destino dei magistrati antimafia?
R. Per quello che mi riguarda ho migliaia e migliaia di
persone che mi vogliono bene e mi seguono, che vengono ad ascoltarmi, vogliono
capire, sapere. Non mi sento solo. Quanto a Falcone, bè, era un
fuoriclasse e i fuoriclasse suscitano le invidie dei mediocri.
D. In 20 anni come è cambiato il rapporto tra mafia e
politica?
R. Le mafie sono una minoranza, ma una minoranza
qualificata. Con il sistema elettorale attuale anche un pacchetto di voti che
rispecchi il 10-15% dell’elettorato attivo può determinare la vittoria di un
sindaco o di un consigliere comunale. Quindi condizionare il governo della
città. Oggi sono i politici che vanno a casa dei mafiosi a chiedere i voti e
non viceversa.
D. Come si spezza questo connubio tossico?
R. Intanto il sistema penale, processuale e detentivo,
dovrebbe essere proporzionato alla realtà criminale per far sì che non sia
conveniente delinquere. Nel lungo periodo poi avremmo bisogno di cambiare le
regole elettorali in modo tale che la gente cominci a scegliere i propri
candidati.
D. Fini ha proposto di eliminare gli indagati dalle
liste elettorali. Il Pd si è speso per aumentare le pene per la corruzione.
Sono provvedimenti utili?
R. Mi sembrano piccoli passi rispetto alla vastità del
problema dei reati contro la pubblica amministrazione. Non capisco perché in
Italia non ci sia la volontà, la forza, la libertà per fare in pochi giorni
modifiche strutturali del sistema.
D. Per esempio?
R. Un diverso apparato sanzionatorio. Se ho condannato
un amministratore a due anni, pena sospesa, la condanna resta sulla carta, non
ha alcun effetto. Se io invece condannassi un sindaco per due anni a fare
lavori socialmente utili all’interno del comune dove ha commesso il reato,
forse sarebbe più terapeutico non solo per lui ma anche per gli altri.
D. La lezione più bella di Falcone e Borsellino.
R. Erano persone oneste, pulite. La loro grande virtù è
stata la coerenza.
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