sabato 26 maggio 2012

Emilia Romagna, terremoto: pochi aiuti, la gente si sente dimenticata e abbandonata


da: Corriere della Sera
 
«Pochi aiuti dopo il terremoto. Qui ci sentiamo abbandonati»
In settemila senza casa. «Da soli non possiamo farcela, questa terra deve ripartire». Capannoni crollati, 20 indagati

SAN CARLO DI SANT'AGOSTINO (Ferrara) - Sotto gli aceri del campo sportivo giocano a briscola in quattro, un bambino avvolto in una coperta di pile sta per essere svegliato da un labrador che ha voglia di giocare, l'agente scelto Giuseppe Panda aiuta uno studente a fare i compiti e la signora Antonella Guerra parla per tutti, pragmatica e asciutta. «Siamo qui da domenica: una decina tende, tre camper, sette macchine; la notte sono di più, non si fidano a dormire a casa. Martedì ho festeggiato 50 anni con una pizza alla nutella, pioveva a dirotto, ci siamo messi sotto quella tettoia e nella casupola di legno di fronte agli spogliatoi. La Sancarlese Calcio ci fa usare anche la cucina, sono stati bravi, tanta solidarietà da chi è vicino. Ma diciamo la verità: siamo terremotati di serie B. È venuto il signor Monti con otto auto blu e qui non si è fermato».
IL CAMPO - Suo marito, Donato Testoni, «il Don» del gruppo partito con ventidue persone che ora sono cinquantasette, è a casa. Cerca di trasferire quante più cose nel garage, prima che sia firmata l'ordinanza di evacuazione. Da fuori la villetta sembra non aver subito danni, saltano all'occhio soltanto i mucchi di sabbia e melma usciti dal suolo dopo il terremoto. Dentro, però, sembra sia esplosa una bomba. In cucina il pendolo è per terra, di traverso, la cameretta si è «staccata» dal resto dei locali, i solai sono spaccati, il bagno è pieno di crepe, in salotto le ante della credenza sono spalancate e per terra ci sono cocci di bicchieri e piatti. «Passiamo la notte in tende da campeggio, ma abbiamo bisogno di dormire in sicurezza.
Non vogliamo andare via da San Carlo, i nostri vecchi non prendono medicinali perché la comunità è solida, siamo uniti e questo va salvaguardato. Però chiediamo di essere aiutati. Il nostro campo è nato spontaneamente, tutti sapevano che eravamo lì, eppure siamo stati censiti solo ieri. Non chiediamo soldi adesso. Ma ci sono bambini che ancora dormono in macchina».
«TRATTATI MALE» - I numeri sono freddi: cinquemila senza lavoro, quasi settemila sfollati in 12 campi di accoglienza, 46 palestre e affini, quattordici hotel. Ma basta andare in uno qualunque dei comuni colpiti dal sisma domenica scorsa per rendersi conto di cosa è successo in Pianura padana. Cristina Silvagni è dovuta andare in albergo con il marito e i due figli. In piedi nella piazza di Stellata non è diplomatica: «Il governo vuole darci un contributo di cento euro a persona. Bene, lo scriva: è una schifezza. Io ne pago seicento di mutuo. Siamo stati trattati un po' male, mi pare. Pure i telegiornali hanno quasi smesso di parlare di noi. Con l'Abruzzo fu diverso: forse ci volevano più morti». Vicino a lei c'è Paolo Menghini, è agricoltore. Lui dorme nella Golf con la moglie e il figlio, in un'altra auto la figlia ventiquattrenne. «La sera ci spostiamo in campagna, di giorno resto in piazza, temo gli sciacalli». La sua casa è vicinissima all'Oratorio di San Domenico, dove il campanile è pericolante. «Il mio appartamento non aveva subito danni, ma siccome la chiesa è transennata io non posso tornarci. Il bello, anzi il brutto di questa storia, è che non sono ancora venuti a mettere in sicurezza il campanile». Ed è qui che interviene Marino Poggioli, 80 anni, gli occhi azzurri che si infiammano quando dice: «Gli do tre giorni di tempo: al quarto ci salgo io lassù e butto giù le pietre una per una».
«SIAMO IMPOTENTI» - Dieci chilometri più in là, a Scortichino. Paolo e Michele Anderlini ci aspettano fuori dal capannone bianco dove finora hanno prodotto serramenti in alluminio. Seicento metri quadrati distrutti dal tetto che ha ceduto. Se ci si affaccia dentro per un secondo non è possibile individuare i due furgoni schiacciati, figuriamoci i macchinari da lavoro e gli attrezzi. È Paolo a parlare: «I vigili del fuoco ci hanno detto che la struttura è inagibile: grazie, ce ne eravamo accorti. Nessuno ti dice cosa devi fare, qual è la procedura. Ogni giorno facciamo avanti e indietro in Comune. E siamo fermi, impotenti». Altri dieci chilometri, Casumaro, frazione di Cento. Il sindaco Piero Lodi aggiorna i dati. «Stanno per arrivare altre 100 persone da San Carlo, adesso il campo raggiungerà il limite di 280 ospiti. Ce ne sono altri due da cinquanta posti, più i piazzali assistiti dove dorme chi ha paura di nuove scosse. Il nostro rischia di essere il terremoto dimenticato. L'attenzione mediatica sta svanendo. Non siamo gente che ama fare notizia. I centesi sono abituati a rimboccarsi le maniche. Io stesso ho avuto difficoltà a censire quelli che avevano bisogno di aiuto perché molti hanno fatto da soli, senza aspettare. Ho sgridato un gruppo ad Alberone perché si è costruito il campo autonomamente. Ma da soli non ce la possiamo fare, questo è un distretto produttivo vero, non si può aspettare troppo per farlo ripartire».
VENTI INDAGATI - Nel Campo 3 di Finale Emilia, Lucio Vincenzi, artigiano di 54 anni, prende il fresco seduto fuori dalla tenda. Ha lavorato tutto il giorno a Ferrara per rimettere in sesto l'appartamento di un amico. La sua famiglia è composta da sette persone. «Casa nostra è intatta, ma non metto in pericolo la vita dei miei. Ci sono ancora troppe scosse, meglio dormire qui». Daniele Monari, il vicesindaco, scongiura: «Siamo preoccupati per i troppi drammi familiari e per lo stop alla produttività. Non potete smettere di aiutarci». In serata arriva la notizia che sono venti gli indagati per il crollo dei capannoni di Tecopress, Sant'Agostino Ceramiche e Ursa di Bondeno, che ha causato quattro delle sei vittime del sisma (non più sette: la donna tedesca che si pensava avesse avuto un infarto è stata stroncata da un edema polmonare). Il sindaco di Sant'Agostino Fabrizio Toselli non ha molto da aggiungere: «La nostra zona ha sempre dato allo Stato una parte importante del Prodotto interno lordo. Ora è giusto che il governo dia a noi. Non possiamo essere dimenticati». Dimenticati no, infatti. Ieri mattina nel bar del Palareno, dove dormono gli sfollati, è arrivata la Guardia di Finanza a controllare gli scontrini.

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