martedì 22 maggio 2012

Parma: il grillino Pizzarotti e i poteri forti



“Forse davvero a Parma è iniziata la Terza Repubblica”

Non credo che a Parma sia iniziata la terza repubblica ma, più probabilmente, non è più in onda la….fiction della seconda repubblica.
Parma è una citta di provincia che per storia e carattere si merita un governo locale fatto di persone serie. E queste, non sono esclusivamente i grillini. E queste, non sono necessariamente i fautori del “lasciamo decidere ai cittadini”. Non si possono fare referendum ogni volta che spunta un foruncolo su una chiappa per decidere che pomata usare.
I politici hanno una delega. Il che significa che chi governa deve prendere decisioni sostituendosi ai cittadini. Che non vuol dire: ignorare la volontà popolare ma tradurre e raccogliere le diverse esigenze in azioni di governo anche impopolari. Diventeranno popolari quando i cittadini ne riconosceranno la validità.  
Non è un compito facile quello che spetta a Pizzarotti. E più facile star lì ad aspettare che sbagli.
Ma è meglio sbagliare per inesperienza al potere che essere esperti di potere e continuare a sbagliare, anno dopo anno.
Capito Bindi?

da: Lettera 43

Parma, la lobby trema
Pizzarotti sfida i poteri forti della città.

Qualcuno a Parma teme già Federico Pizzarotti, il neo sindaco grillino «non conforme» che, con la sua vittoria, ha scombinato gli equilibri lnella città più gattopardesca d’Emilia. C’è da giurarlo.
I CONSIGLI DI BARILLA. Forse non è un caso che Guido Barilla in persona, il più defilato e taciturno rampollo della potente Confidustria locale, abbia rilasciato un’intervista a La Repubblica per dire e non dire. Insomma per mandare un messaggio e snocciolare qualche consiglio: «Non diamo giudizi politici», ha dichiarato il presidente del marchio alimentare, «giudicheremo il nuovo sindaco dai fatti. Ma certo Parma è una città che ha un grande bisogno di essere rilanciata».
LA SQUADRA DI TECNICI. «Per il sindaco neo-eletto si apre una fase nuova», ha continuato Barilla, «perché un conto è avere idee ed esprimerle, un conto è amministrare. La nuova giunta dovrà essere responsabile del bene della città e operare in modo ferreo soprattutto sul piano economico e sul bilancio». Su questo ultimo punto, poi, Barilla non ha dubbi: «Se avessi un debito di questo tipo (600 milioni, ndr) chiamerei subito gente dalla professionalità sicura e non improvvisata che possa trovare una via d'uscita. Insomma, mi affiderei a una squadra di tecnici e soprattutto tirerei la cinghia».

Confindustria per la «continuità» sosteneva Bernazzoli

E non è un caso che il quotidiano cittadino Gazzetta di Parma, edito dagli aquilotti locali, avesse sponsorizzato esplicitamente Vincenzo Bernazzoli, il candidato del Pd scaricato dall’intera città con il voto del ballottaggio perché percepito, citando Beppe Grillo, come esponente del «Pdmenoelle».
SCONFITTO IL CANDIDATO DELLA «CASTA». Uomo, Bernazzoli, della Casta parmigiana. Un pezzo di ricambio del consolidato sistema di poteri che da sempre decide le sorti politiche ed economiche di una città così diversa dalle «cugine» Reggio Emilia, Modena, Bologna con le loro cooperative e l’ampia rete di interessi rappresentati.
L'INFLUENZA DEI GRANDI GRUPPI. Qui, a fare il buono e il cattivo tempo, sono pochi grandi gruppi industriali: i farmacisti Chiesi (legati ai Tanzi tramite Anita, moglie di Calisto), i padroni del mattone Bonatti e Pizzarotti (Paolo, estraneo a Federico), gli stessi Barilla, il re del suino Marco Rosi patron della Parmacotto.
LA DEROGA AL PIANO REGOLATORE. Lo dimostra il fatto che nel 2005 Vincenzo Bernazzoli, in qualità di presidente della Provincia, d’accordo con l’allora sindaco di centrodestra e «duca di Parma» Elvio Ubaldi, concesse a Rosi attraverso un accordo di programma - in deroga al piano regolatore - il permesso di cementificare migliaia di metri quadrati destinati a uso agricolo alle porte della città. Rosi voleva ingrandire il suo stabilimento per la confezione del prosciutto in vaschetta.
E quando l’Unione industriali chiede, a Parma, sindaci e politici solitamente chinano il capo.
VIGNALI E L'INVESTITURA PUBBLICA. Le investiture, come nel Medio Evo, avvengono pubblicamente: così fu per Pietro Vignali, acclamato dagli aquilotti nel 2007 e da essi candidato sindaco: «Vai e torna vincitore», fu l'ordine.
Nel 2011, nell’estate degli scandali corruzione che hanno segnato l’inizio della fine per il centrodestra parmigiano dopo 14 anni di governo e affari neppure troppo sottobanco, il vassallo Vignali osò infine alzare il dito contro l’Upi (l’Unione industriali): «Questa è una città che non tollera certi sgarri».
IL GRAN RIFIUTO DEL SINDACO. «Sgarri». Disse proprio così Vignali in riferimento al suo rifiuto alla costruzione di una metropolitana, affare da oltre 300 milioni di euro già concluso con l’appalto affidato alla Pizzarotti. E mai portato a termine.
La metro a Parma non si farà. La tesi, sdoganata dallo stesso Vignali, fu che i poteri forti per ripicca gli avessero scatenato contro la magistratura.
Pizzarotti: «Faremo vedere all'Italia e all'Europa come amministriamo»

Sembrano passati secoli. Con Federico Pizzarotti pare essersi aperta una nuova era geologica per la politica parmigiana e italiana. Per la prima volta la città ha reciso i fili che ingabbiavano la politica.
L'ARIA È CAMBIATA. I «padroni del vapore» sono rimasti a piedi, il cavallo Bernazzoli stavolta s’è rivelato clamorosamente quello sbagliato. Mentre i soliti riti della politica locale riconquistavano i propri spazi, con una cena fra Bernazzoli e l’Upi a Felino (in provincia di Parma), il mondo tutto attorno stava cambiando.
LA PRESA DI DISTANZA DEL NEO-SINDACO. Con il voto del 20 e 21 maggio i cittadini hanno cambiato pagina. Pizzarotti giura di non aver avuto alcun contatto con i «potenti» della città. Sta scegliendo gli assessori addirittura tramite selezione di curricula.
Una donna, davanti al municipio, durante i festeggiamenti per l’elezione a sindaco, ha urlato: «Mi raccomando non cambiate». E lui: «Signora glielo prometto, resteremo quello che siamo». Applauso, boato.
STOP ALL'INCENERITORE. Trasparenza, democrazia diretta, partecipazione, zero compromessi, poche chiacchiere, la politica che vuole tornare a essere «buon senso», pragmatismo, amministrazione di un condominio sì, perché no. E poi, soprattutto, stop all’inceneritore, impianto da 315 milioni quasi ultimato e considerato da una parte della città simbolo dell’affarismo perpetrato a scapito della collettività, a prescindere dalla volontà della società civile.
Queste le promesse e le premesse messe sul tavolo da Pizzarotti, che per ora dà prova di inflessibilità, lucidità sorprendente nel marasma della festa, dell’eccitazione dei media.
«LAVOREREMO TUTTI INSIEME». «Lavoreremo tutti insieme, con la città, voi siete noi, vi faremo vedere i bilanci, stateci vicino», ha detto nel suo breve e sobrio discorso di ringraziamento. «Faremo vedere all’Italia e all’Europa chi siamo e come amministriamo».
Improvvisamente i giochi di potere, le poltrone da distribuire, i consigli di amministrazione da riempire di nomi amici, le fondazioni da ringraziare e ingraziarsi, i giochi noti, gli accordi appaiono imbarazzanti e sanno di stantio.
Forse davvero a Parma è iniziata la Terza Repubblica.
 

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