da: Il
Fatto Quotidiano
Brindisi, non è il momento di tacere
di Nando Dalla Chiesa
Brindisi
una settimana dopo. Con il suo dolore e i suoi tormenti. E con le sue inchieste,
che è sempre giusto rispettare. Solo che chi ha esperienza di storia italiana e
di storie di mafia, sente il dovere di non attendere muto. Troppo alti i valori
in ballo per non porre pubblicamente tutti gli interrogativi e le ipotesi che
vanno posti. Per non provare a ragionare. Davvero ci si trova davanti a un pazzo
solitario, dotato di nome e indirizzo? Hanno già fatto capire di non
crederci sia il capo dello Stato sia il ministro dell’interno. E in effetti
l’idea di un pazzo o di un “asociale” con una mano offesa che trasporta da solo
gruppi di bombole e cassonetti sembra più tagliata per una piéce di Dario Fo.
Escludiamo
poi (tendenzialmente) la matrice anarco-insurrezionalista. Gli
anarchici mirano alle scuole? A uccidere gli studenti? Anarchici da piazza
Fontana, forse. E nemmeno. Lì era una banca, non una scuola. Escludiamo anche
la Sacra corona unita. Troppo impegnata in un’azione di
inabissamento e anche troppo debole per tirarsi addosso una reazione dello
Stato che per molti mesi le toglierà il fiato. Ed escludiamo infine (poiché
anche questo è stato ventilato) il gruppo criminale allo stato nascente che
abbia voluto accreditarsi con un delitto dal fortissimo impatto mediatico. Per
le ragioni dette sopra, la Sacra corona unita ci avrebbe fatto trovare i resti
dei responsabili in tre giorni. E allora?
E allora,
anche se non si può escludere mai nulla in assoluto, conviene ragionare sui
possibili scenari e interessi in campo.
Lo scenario è quello della crisi
politica e istituzionale. Metti un governo tecnico che non
deve i voti a nessuno. Che non ha fatto accordi con alcuna
organizzazione di stampo mafioso. Con cui dunque non si può interloquire, dopo
avere avuto un governo in cui potevano diventare ministri personaggi rinviati a
giudizio per concorso esterno o che aveva tra i suoi più potenti consiglieri
frequentatori di lungo corso di ambienti mafiosi o camorristi. E metti un po’
di promesse in sospeso, che nessuno può più soddisfare, a
partire dall’annosa questione del carcere duro, che costò verosimilmente
la vita – in un attentato camuffato da aggressione di un pazzo – all’avvocato
ed ex parlamentare palermitano Enzo Fragalà, colpevole per
Cosa nostra di essere tra i legali che non avevano mantenuto i patti.
Proviamo
a pensarci. Come interloquire, non avendo più relazioni ravvicinate a
disposizione? Forse con il linguaggio delle bombe, come già
nella stagione delle stragi? Non è certo da escludere. Con l’avvertenza però,
per i criminali, di tenere in equilibrio due esigenze: evitare il delitto
plateale in Sicilia, proprio per non pagare il prezzo (insopportabile) pagato a
suo tempo dopo Capaci e via D’Amelio; rendere chiaro al tempo stesso, a chi
deve capire, chi è l’interlocutore. Dunque la scuola intitolata a Francesca
Morvillo Falcone, premiata per il suo lavoro sulla legalità, nel giorno del
passaggio della carovana antimafia, in una città che dagli anni Novanta è nota
per avere insegnanti tra i più impegnati su questo fronte in tutta
Italia.
In fondo su
che cosa può essere ricattato un Paese ancor più che sul suo patrimonio
artistico, scelto come posta pazzesca nel 1993? Sui suoi figli.
Sui ragazzi innocenti che vanno a scuola. Colpendo i quali si intimidisce anche
il luogo che, con i tribunali, ha rappresentato per eccellenza la spina dorsale
del movimento antimafia. Imparino anche loro, anche gli studenti, che in questo
Paese la lotta alla mafia non è gratis. Imparino i genitori a mandare i figli
dove li educano a stare contro di noi. Il delitto commesso a Brindisi, e questa
non è un’ipotesi, riguarda tutta Italia, altro che la pista interna alla
scuola. Poteva non accadere a Brindisi, certo, ma la città si prestava a
generare la giusta confusione.
Criminalità
locale, città esposta a incursioni dall’estero, inesperienza della storia
e assenza di memoria in chi doveva raccapezzarsi subito. E in più, ma questo
certo è stato un regalo imprevisto, un sindaco solo preoccupato del turismo
locale. Sullo sfondo i poteri sporchi, quelli che in tutti i
delitti di mafia sono emersi, a giudizio dei magistrati, con le loro
“convergenze di interessi”. Fantasie? È possibile. Ma una cosa è chiara: ben
strano sarebbe il Paese che manda plotoni di commentatori in tivù a fare ipotesi
sui delitti passionali o familiari e poi tace improvvisamente per rispettare le
inchieste quando sono in ballo (o possono essere in ballo) gli interessi dello
Stato e della democrazia.
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