Pasolini scelse Maria Callas per
interpretare Medea. Tra loro, nacque un’intesa mentale (le “antenne”) e una confidenza che li portò a raccontarsi e a
sostenersi nei momenti dolorosi delle loro vicende amorose.
Questa una delle lettere che Pasolini le scrisse…
Cara Maria, stasera, appena finito di lavorare, su quel sentiero di
polvere rosa, ho sentito con le mie antenne in te la stessa angoscia che ieri
tu con le tue antenne hai sentito in me. Un’angoscia leggera leggera, non più
che un’ombra eppure invincibile. Ieri in me si trattava di un po’ di nevrosi:
ma oggi in te c’era una ragione precisa (precisa fino a un certo punto,
naturalmente) ad opprimerti, col sole che se ne andava. Era il sentimento di
non essere stata del tutto padrona di te, del tuo corpo, della tua realtà: di
essere stata “adoperata” (e per di più con la fatale brutalità tecnica che il
cinema implica) e quindi di aver perduto in parte la tua totale libertà. Questo
stringimento al cuore lo proverai spesso, durante la nostra opera: e lo sentirò
anch’io con te. E’ terribile essere adoperati, ma anche adoperare.
Ma il cinema è fatto così: bisogna spezzare e frantumare una realtà
“intera” per ricostruirla nella sua verità sintetica e assoluta, che la rende
poi più “intera” ancora.
Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in
mille schegge per essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello
della vita, cioè il materiale della poesia. E’ appunto terribile sentirsi
spezzati, sentire che in un certo momento, in una certa ora, in un certo
giorno, non si è più tutti se stessi, ma una piccola scheggia di se stessi: e
questo umilia, lo so.
Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore, e tu avresti voluto
darmelo tutto. Ma non è possibile. Ogni giorno un barbaglio, e alla fine si
avrà l’intera, intatta luminosità. C’è poi anche il fatto che io parlo poco,
oppure mi esprimo in termini incomprensibili. Ma a questo ci vuol poco a
mettere rimedio: sono un po’ in trance, ho una visione o meglio delle visioni,
le “Visioni della Medea”: in queste condizioni di emergenza, devi avere un po’
di pazienza con me, e cavarmi un po’ le parole con forza. Ti abbraccio.
tratto da la Repubblica del 27
maggio 2012
"Tu sei come una pietra preziosa che viene violentemente frantumata in mille schegge per essere ricostruita di un materiale più duraturo di quello della vita, cioè il materiale della poesia."
RispondiEliminacerte affinità non hanno la veste ufficiale dell'amore, e di amore non si oserebbe parlare, ma io non saprei davvero descrivere questa lettera se non dicendo che s'amaro molto probabilmente, di un amore diverso.
E' davvero molto bella, mi sono commossa. per la bellezza delle parole giuste, che sanno essere utilizzate con eleganza per conferire ad ogni significato il giusto peso, e per la capacità che questa lettera ha di rivelare la spiccata sensibilità di un cuore da poeta.
buona notte, un abbraccio :-)
Ciao Isotta....a questo punto...buona giornata...sposto questa meraviglia in alto perchè merita attenzione...
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