venerdì 25 maggio 2012

Musica, streaming: Spotify


da: Il Fatto Quotidiano

La musica? Fuori dall’Italia
di Marco Pipitone

Conoscete Spotify? Un programma “multipiattaforma” che consente di ascoltare gratuitamente – in streaming – le canzoni in tempo reale. Tanti saluti all’acquisto dei dischi e alle belle intenzioni: il futuro della musica se non si è ancora capito comincia da qui.
Perché spendere soldi quando è possibile ascoltare “la qualunque” in ogni momento, senza spendere nulla? La rivoluzione è in atto e questa volta include le case discografiche, le quali da un paio d’anni flirtano amabilmente con il software svedese.
Il programma è realmente rivoluzionario poiché oltre a sovvertire le tradizioni s’impone come alternativa reale alla pirateria. Spotify è attivo in gran parte dell’Europa e del pianeta, tanto che Mark Zuckerberg ne ha annunciato – da tempo – l’ integrazione con Facebook.
Non tutto è oro però quello che luccica. Le speculazioni sul ruolo e il futuro della piattaforma si sprecano; i detrattori sostengono che l’industria musicale verrà in tal modo depauperata della propria condizione vitale, ovvero la vendita di cd/download digitali. Esiste inoltre la questione legata alle royalties: le case discografiche e ancor più gli artisti, lamentano introiti troppo bassi. Tutto ciò sarà pur vero ma le band che non vogliono aderire al servizio si contano sulle dita di una mano; forse perché “appartenere” in questo preciso momento storico è più importante che “ottenere”? Cari musicisti, siete davvero così convinti che nel 2012 si possano ancora fare soldi facendo le rock star? L’epoca in cui ci si arricchiva con i dischi è definitivamente sorpassata! Per sopravvivere – al giorno d’oggi – occorre regolarsi tramite i concerti, unica fonte sicura alla quale attingere.
Spotify esiste in più versioni: la free è vincolata all’inserimento di spot pubblicitari tra un brano e l’altro e ad un numero preciso di mega byte scaricabili mensilmente (come il 3G per le compagnie telefoniche); la versione a pagamento – oltre ad evitare la pubblicità –  permette di usufruire dell’intero catalogo in modalità off line, quindi senza rete, con scarico di mega byte illimitato.
La domanda – a questo punto –  sorge spontanea: “Ma in Italia il servizio funziona”? Ovviamente no! Spotify – perlomeno ufficialmente – non è attivo. Avevate dubbi? Restare ancorati a principi desueti è la realtà alla quale siamo sempre più sottomessi; negli Stati Uniti e nel resto d’Europa è l’argomento del giorno mentre nel nostro paese, si organizzano ancora sit-in virtuali ad opera di artisti (ma anche di blogger come il sottoscritto) contro la pirateria musicale. L’ammirevole intento suscita tenerezza, se rapportato a ciò che accade nel mondo e riflette soprattutto una situazione non al passo con i tempi. Inutile e forviante parlare del downloading illegale se il progresso e la tecnologia spingono in altre direzioni e tutte verso possibili soluzioni.
Il definitivo shock culturale dovuto a Spotify sta nella reale possibilità di sconfiggere – come già detto – la pirateria. Conti alla mano, dal 2009 (la data del lancio di programma in Svezia), il file sharing illegale è diminuito del 25 per cento, una percentuale significativa.
Sono tante le cose da dire e spotify non è l’unico servizio di questo tipo, ne esistono altri, ognuno con caratteristiche simili, anche se il sito svedese è certamente quello di riferimento.
Raccontare con precisione l’eventuale “rivoluzione” non è ad oggi possibile, in quanto mancano i riscontri che, per queste pagine, sarebbero più chiari se anche l’Italia si adeguasse a ciò che musicalmente/tecnologicamente succede nel resto del globo.
Resta in sospeso un altro interrogativo: ”Esistono le condizioni affinchè il futuro della musica possa prima o dopo investire la nostra penisola”?
Secondo me no.

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