da: La Stampa
La parata più bella
Che senso ha la
parata del 2 giugno con l’Emilia a pezzi che piange i suoi morti? Il quesito,
che sarebbe considerato blasfemo in Francia, qui può sembrare velleitario, dal
momento che il Capo dello Stato ha deciso di confermare la cerimonia dei Fori
Imperiali, sia pure improntandola alla sobrietà. Però vale egualmente la pena
di porselo. Sgombriamo il campo dalle pregiudiziali ideologiche, che condannano
la sfilata delle Forze Armate in quanto manifestazione muscolare. E sforziamoci
di sgombrarlo anche dai condizionamenti emotivi che in queste ore ci inducono a
considerare uno spreco di risorse qualsiasi iniziativa dello Stato che non
consista nel portare sollievo alle popolazioni emiliane in apnea. I soldi per
la parata sono già stati quasi tutti spesi. Con quel poco che resta si
finanzierebbe al massimo la ricostruzione di un comignolo. Andrebbe ricordato a
quella genia di politici in malafede che cercano di agganciare l’umore popolare
con proposte furbastre, ma si guardano bene dal devolvere a chi soffre le cifre
ben più consistenti che si ricaverebbero dalla drastica riduzione del numero
dei parlamentari.
La domanda che la coincidenza fra celebrazione e tragedia riporta alla ribalta
è un’altra: nel 2012 ha
ancora senso festeggiare la Repubblica con un rito così poco sentito dalla
maggioranza dei cittadini? Ogni comunità ha bisogno di riti e di simboli. Ma sono
le religioni che li mantengono inalterati nei secoli. Non gli Stati. Non tutti,
almeno. Penso sommessamente che quest’anno il 2 giugno si onori di più la
Repubblica andando fra i terremotati che fra i carri armati.
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