da: La Stampa
Non
chiamiamoli grillini
Grillo, grillismo,
grillini. Noto in me, e immagino in molti miei colleghi, la difficoltà ad
abbandonare le logiche della politica personalistica che ha furoreggiato negli
ultimi decenni, quando tutto sembrava ridursi allo scontro fra alcune
personalità salvifiche: Berlusconi, Bossi, Di Pietro, il segretario di turno
del centrosinistra. Il leader riempiva con il suo ego le pagine dei giornali e
le poltroncine dei talk show. Gli altri membri del partito scadevano al rango
di cortigiani, caratterizzandosi solo per la capacità di imitare in peggio i
difetti del capo. Costui era anche il detentore della cassa e il compilatore
delle liste, quindi il padrone delle loro carriere. Gli elettori gli si
affidavano passivamente e il nome del leader sulla scheda rappresentava
plasticamente la resa della Democrazia alla Signoria: la scelta non era più
sulle idee ma sulle facce, forse perché alle idee era più difficile mettere il
fondotinta.
L’epoca delle rockstar politiche, per fortuna, è finita. Lo si era già visto nelle rivolte delle piazze arabe e degli indignados, quando con grande dispetto di noi cronisti non saltò mai fuori il nome di un capopopolo a cui appendere il titolo del giornale. Cinque Stelle non è il partito di Grillo, ma un movimento in franchising, senza rapporti di dipendenza gerarchica (ed economica) fra il guru e la base. Il neosindaco di Parma ha potuto smarcarsi da Grillo fin dalla prima intervista. Lo avessero fatto un leghista o un berlusconiano, sarebbero stati scomunicati. Adesso tutti dovranno imitare quel modello: l’Italia chiede facce nuove, ma stavolta le preferirebbe anonime.
L’epoca delle rockstar politiche, per fortuna, è finita. Lo si era già visto nelle rivolte delle piazze arabe e degli indignados, quando con grande dispetto di noi cronisti non saltò mai fuori il nome di un capopopolo a cui appendere il titolo del giornale. Cinque Stelle non è il partito di Grillo, ma un movimento in franchising, senza rapporti di dipendenza gerarchica (ed economica) fra il guru e la base. Il neosindaco di Parma ha potuto smarcarsi da Grillo fin dalla prima intervista. Lo avessero fatto un leghista o un berlusconiano, sarebbero stati scomunicati. Adesso tutti dovranno imitare quel modello: l’Italia chiede facce nuove, ma stavolta le preferirebbe anonime.
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