Intervista a Gianluigi Nuzzi
autore del libro “Sua Santità”, un saggio che svela le carte segrete di
Benedetto XVI
da:
Cadoinpiedi
Le carte segrete di Papa
Ratzinger
Dal caso Boffo alla pedofilia:
storia di un pontefice pragmatico ma in grande sofferenza
Chi è realmente Benedetto XVI?
Cosa emerge dalle carte segrete che hai trovato?
Quello che emerge con certezza
dalle carte passate sulla scrivania di Benedetto XVI è che siamo davanti ad un
papato il cui obiettivo principale è tenere unita la Chiesa, reagire di fronte
alla crisi delle vocazioni, alla crisi dei fedeli e alla crisi economica delle
offerte. Tenere unita la chiesa vuole dire affidarsi anche a quei movimenti
come Comunione e Liberazione, Opus Dei, Legionari di Cristo. Questo Santo Padre
cerca di tenere tutto unito.
Quando poi c'è uno scandalo, o
meglio, quando uno scandalo noto in Vaticano diventa pubblico allora si cerca
di correre ai ripari. Come nel papato di Giovanni Paolo II, anche nel papato di
Ratzinger si cerca sempre di nascondere la polvere sotto il tappeto, gli
scandali sotto la sabbia. È avvenuto con il caso Boffo, è avvenuto con il caso
di Carlo Maria Viganò (il monsignore spedito negli Stati Uniti
dopo avere denunciato casi di corruzione al Santo Padre in Vaticano).
Giovanni Paolo II aveva come
obiettivo principale quello di far cadere (e poi c'è riuscito) il muro di
Berlino. Ratzinger, invece, rispetto a Wojtyła è più pragmatico, è più
asciutto. Sulla pedofilia ha fatto una grande battaglia, certo, ma ha fatto
capire che i panni sporchi si lavano in famiglia e lui mai, neanche di fronte
alle denunce
più incredibili, ha messo un punto di domanda sul suo segretario
di stato, perché il suo primo collaboratore è indiscusso e indiscutibile,
perché è lui ad averlo scelto e dovesse prendere una decisione contraria
smentirebbe se stesso.
Ne scrivi in Sua Santità: cosa c'è dietro lo scandalo Boffo?
Beh, qui forse abbiamo fatto
degli errori di valutazione, abbiamo attribuito a Vittorio Feltri la regia di
un tentativo di delegittimare l'allora direttore de L'avvenire. Le carte nuove
sul caso Boffo testimoniano come - stando a quanto scrive l'allora direttore
del quotidiano della Cei al Santo Padre in tre lettere esclusive che trovate in
Sua Santità - più che un
affare di Feltri, dei berluscones contro Boffo, c'è stato un primo livello di
congiura che si è consumata nei sacri palazzi.
Boffo punta l'indice contro il
direttore dell'Osservatore Romano Vian, punta l'indice contro Bertone. Le sue
sono lettere molto dure dove dice che sono stati loro praticamente a passare le
carte inquinate e velenose al giornale di Feltri, che certo poi ne ha fatto una
campagna mediatica. La prospettiva è questa, e allora la domanda che mi faccio
è molto semplice: quante volte ci sono dietro affari vaticani alle storie
italiane? E quante volte di queste vicende noi ne veniamo veramente a
conoscenza?
Che differenze ci sono fra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?
La
differenza tra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI secondo me si coglie in una
frase di Ratzinger che dice che in un mondo in cui la menzogna è potente, la
verità si paga con la sofferenza. Ecco, credo che noi abbiamo un pontefice in
grande sofferenza rispetto agli scandali che colpiscono i sacri palazzi, e sono
scandali di interessi privati, sono scandali di potere, scandali di congiure,
scandali dove i dettami del Vangelo vengono traditi e si ripone fiducia in
persone che non dovrebbero averne. I mercanti sono nel tempio, insomma.
Rispetto a Giovanni Paolo II, Ratzinger credo che abbia il coraggio di cercare
di allontanare questi mercanti, ma di fronte a situazioni compromesse nella
radice si cerca una soluzione di equilibrio perché la Chiesa, l’unità della
Chiesa, è e rimane una priorità assoluta di questo Santo Padre che non può
mettere in discussione i suoi collaboratori più stretti. Dunque, abbiamo un
Papa pragmatico, come in parte era anche Giovanni Paolo II perché ha accettato
compromessi, silenzi e accordi con chiunque pur di abbattere il muro di Berlino
e, soprattutto, di liberare la sua Polonia dal comunismo che era quasi un’ossessione,
un punto fermo di Wojtyla fin dalla sua giovinezza.
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