da: Il Fatto Quotidiano
Se uno studente universitario si
presentasse per 18 volte al suo primo esame e per 18 volte venisse bocciato e
invitato a ritentare nella sessione successiva, gli sorgerebbe il dubbio di
avere sbagliato facoltà, o magari di non essere proprio portato per gli studi.
In ogni caso diventerebbe lo zimbello dell’ateneo e cambierebbe ramo,
scegliendo magari una facoltà meno improba. Se poi le cose dovessero continuare
ad andare male, si dedicherebbe ad attività a lui più consone: l’agricoltura,
la pastorizia, l’accattonaggio, il lavaggio dei parabrezza ai semafori, la
carriera circense, cose così.
Non è questo il caso di Luciano Violante,
che ieri ha stracciato il record – da lui stesso detenuto – di trombature come
candidato a giudice della Consulta, passando dalla diciassettesima alla
diciottesima senza fare un plissè. Non lo sfiora il dubbio di non essere adatto
a quel ruolo, o di non essere gradito ai due terzi dei parlamentari richiesti
dalla Costituzione. Dunque non ci pensa proprio a ritirarsi per godersi la
meritata pensione (a 74 anni suonati, sarebbe anche ora). Anzi insiste, imperterrito
e imperturbabile. E insistono pure i suoi sponsor: i vertici del Pd e di Forza
Italia, ma soprattutto Giorgio Napolitano. O Violante o niente. Infatti,
niente.
Viene in mente il film I complessi con Alberto Sordi alias Guglielmo Bertone detto Dentone
che concorre per il posto di speaker del telegiornale e nessuno degli
esaminatori osa spiegargli che, con quelle zanne, sarebbe meglio la radio. Con
la differenza che il Dentone è un fuoriclasse assoluto, mentre il noto
participio presente è piuttosto scarsino.
Pare non abbia neppure i requisiti. Art. 135 della Costituzione: “I giudici
della Corte costituzionale sono scelti tra i magistrati anche a riposo delle
giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori ordinari di
università in materie giuridiche e gli avvocati dopo 20 anni d’esercizio”. Ora,
Violante non è un magistrato delle
giurisdizioni superiori. Non ha
esercitato la professione di avvocato per vent’anni. E non figura tra i professori ordinari di università in materie
giuridiche: è stato, secondo il sito del ministero dell’Università, ordinario
di Diritto penale presso l’Università di Camerino, ma solo fino al 2008, e ha
pure tenuto dei corsi nel prestigioso ateneo di Aosta. Ma la Costituzione
specifica, per i magistrati delle giurisdizioni superiori, che quelli
eleggibili possono essere scelti tra quelli “anche a riposo”, mentre nulla dice
degli ordinari in materie giuridiche. Diciamola tutta: la produzione giuridica di Violante è scarsina, per usare un
eufemismo. Si tratta di un politico di professione, che agli occhi della Casta
è un merito strepitoso, ma purtroppo non per la Costituzione, che fa di tutto
per tenere lontani dalla Consulta i partitocrati.
Perché il Pd, che già è riuscito a eleggere al Csm l’ineleggibile Teresa Bene, accompagnata all’uscita appena entrata,
tiene occupati da quattro mesi Camera e Senato per far passare un pluritrombato
che non passerà mai e, anche se passasse, potrebbe essere rispedito al
mittente? Perché il Patto del Nazareno
Renzi-B. prevede la spartizione di tutte le poltrone del Paese fra Pd e
Forza Italia, dalle assemblee condominiali al Quirinale. E Violante s’è battuto
come un leone contro la decadenza di B. (ricordate il Lodo Violante per tirarla
in lungo col ricorso a Strasburgo?) e contro la Procura di Palermo che osa
indagare sulla trattativa Stato-mafia e s’è addirittura azzardata ad ascoltare
la voce di Napolitano sul telefono di Mancino e ora vuole risentirla dal vivo.
Ergo il Caimano e Re Giorgio devono
sdebitarsi. Infatti FI ha già
cambiato tre candidati – Catricalà, Indagato Bruno e Caramazza – ma
Violante è sempre lì, fisso come il palo della banda dell’Ortica. Ottenere i
2/3 e finirla con l’immonda pantomima è facilissimo: basta lanciare due
giuristi indipendenti, che sarebbero votati anche dal M5S. Ma non si può: al
politico Violante deve appaiarsi un politico forzista. E così lo sconcio delle
fumate nere proseguirà sine die, corredato dai continui moniti del Colle contro le Camere che non si spicciano a eleggere chi dice lui. Il bue che dà del cornuto all’asino.
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