da: la Repubblica
Quei
patti segreti che proteggono il regime televisivo
di Giovanni
Valentini
Alla persistenza della centralità della televisione e della telepolitica nella dieta elettorale degli italiani fa da contraltare un progressivo disinvestimento in termini quantitativi e qualitativi, che riguarda in prima battuta la tv commerciale, e infine la tv pubblica.
(da
“Le sorti della videocrazia” di Christian Ruggiero — Mondadori, 2014 — pag. XV)
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Non c’è bisogno di ipotizzare “effetti collaterali” del cosiddetto patto del Nazareno per dire che il maxisconto sul canone d’affitto delle frequenze, deliberato dall’Autorità sulle Comunicazioni a favore di Rai e Mediaset, è l’ennesimo scandalo di una telenovela infinita sul regime televisivo. Un munifico “cadeau” destinato ai detentori del duopolio tv che così risparmierebbero rispettivamente circa 15 e 10 milioni di euro all’anno, mentre
ai cittadini
italiani vengono imposti nuovi aumenti delle tasse e delle bollette in nome
dell’austerità.
Allo stato degli atti, non sappiamo se Matteo
Renzi abbia assunto o meno un impegno
con Silvio Berlusconi per perpetuare quel regime televisivo che i suoi
predecessori, alla guida del Pd-Ds-Pds-Pci, hanno contributo a difendere da
lungo tempo. Ma ora il presidente del Consiglio ha la possibilità, se vuole,
d’intervenire con la rapidità e la determinazione che gli sono abituali, in
modo da impedire un tale misfatto.
Su pressione del componente dell’Agcom
indicato dal Partito democratico, Antonio Nicita, l’Authority ha rimesso
infatti una decisione finale al ministero dello Sviluppo economico. A questo
punto il sottosegretario Antonello Giacomelli, responsabile del settore
Comunicazioni, ha la facoltà — anche qui, se vuole — di presentare un decreto
per correggere gli effetti della delibera. E se non vuole, dovrà assumersene la
responsabilità.
La soluzione più ragionevole, come lo
stesso Nicita suggerisce, sarebbe quella di fissare una sorta di “equo canone”
per l’affitto delle frequenze e poi aggiungere un’aliquota progressiva in
rapporto al volume d’affari di ciascun broadcaster. Ma evidentemente non si può
dimezzare l’importo complessivo rispetto a quello attuale, pari a un misero 1%
del fatturato. L’etere è un bene pubblico che appartiene allo Stato,
e quindi a tutti gli italiani, sul cui sfruttamento le aziende televisive
realizzano ogni anno ingenti incassi: circa 2,5 miliardi di euro la Rai e circa
2 miliardi Mediaset. Qui non si tratta di punire nessuno, ma piuttosto di
tutelare l’interesse generale dei cittadini e dei contribuenti.
A questa situazione siamo arrivati a causa
di una lunga serie di compromessi e accomodamenti che hanno segnato purtroppo
la storia della televisione in Italia dalla metà degli anni Ottanta. L’esempio
più recente è stato l’incauto accordo
raggiunto da Pierluigi Bersani con Pierferdinando Casini, proprio sulla composizione di questa Authority, per cedere all’Udc uno dei cinque membri
dell’Agcom in cambio di un’alleanza politica contro l’ultimo governo
Berlusconi. È stato infatti Francesco Posteraro a far prevalere una maggioranza
di centrodestra all’interno dell’Autorità, mettendo in minoranza il presidente
Angelo Marcello Cardani e il commissario Nicita, in modo da predisporre il
generoso sconto ai “signori dell’etere”.
Già in precedenza, come si ricorderà, era
toccato a Massimo D’Alema sottoscrivere
nel ‘97 il “patto della crostata” in
una cena a casa di Gianni Letta, con l’impegno a non spingere sulla legge
sul conflitto d’interessi per ottenere un appoggio
sulla Bicamerale che avrebbe dovuto varare le riforme istituzionali. Fu lo
stesso D’Alema, appena uscito da palazzo Chigi, a dichiarare “coram populo” nel
2000 alla Festa dell’Unità di Roma a Caracalla che un provvedimento del genere
sarebbe stato “liberticida”. E allora aveva al suo fianco, come braccio destro
o sinistro, Gianni Cuperlo.
Non
è cominciata dunque in via del Nazareno, dov’è oggi la sede del Pd, la pratica dei patti
più o meno segreti per proteggere il regime televisivo. Da vent’anni a
questa parte, come qui abbiamo scritto tante volte, il duopolio Rai-Mediaset ha
condizionato la vita pubblica italiana, influendo sull’orientamento e sulle
scelte del corpo elettorale. È tempo, quindi, che la politica recuperi
interamente la propria autonomia e la propria autorità.
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