da: Il Fatto Quotidiano - di Ezio Pelino
I Presidenti delle Camere, sotto la spinta dell’indignazione collettiva in tempo di crisi, si sono dati da fare. Il loro impegno ha prodotto una sforbiciata alle faraoniche retribuzioni dei dipendenti del Parlamento. Ma si è trattato solo di una sforbiciata, che non ha spazzato via i privilegi. Si sarebbe dovuto tagliare, per cominciare, il numero del personale. Sono 2.100, più di due per parlamentare. Una piccola città. Le nuove retribuzioni, poi, continuano a essere un privilegio di casta. Qualche esempio. Al vertice, il segretario generale, dagli attuali 480.000 euro passerà a 360.000, continuando a surclassare la più alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica, che con i suoi 240.000 euro annui dovrebbe rappresentare, per tutti, il tetto retributivo. Alla base, i tecnici, fra cui, inopinatamente, i barbieri. Ma perché i barbieri nel Parlamento, scarseggiano, forse, a Roma, le barberie? A loro la bella cifra di 99.000 euro annui. Non parliamo dei commessi che guadagnano molto più di un chirurgo di fama.
Stupefacente, poi, il comportamento dei sindacati confederali che, fieri “operaisti”
nelle piazze, in Parlamento, sinceri alleati di una ventina di sindacatini
corporativi, hanno difeso e continuano a difendere i privilegi con una lotta,
come sempre, dura senza paura. Occorrerebbe una seria inchiesta che svelasse l’
“impazzire” delle retribuzioni e individuasse i partiti e i politici
responsabili dello scandaloso fenomeno, per il quale, però, l’indignazione
della gente non è quella che dovrebbe esserci. Il Parlamento, presidio della
democrazia, è diventato luogo di privilegi, una bengodi per pochi, negazione
della democrazia!
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