Paragrafo
quarto: come parleremo
Dunque dicevamo l’altra volta che mentre
sulla questione dell’aborto si è fatta una grande confusione, sulla questione
dell’inettitudine – al limite del criminale – dei potenti democristiani,
silenzio sepolcrale. Oppure trasformazione del discorso in un discorso corrente
e noioso sul malgoverno e sul sottogoverno, magari con una oscura invocazione
all’intervento dei comunisti, cioè a quel «compromesso storico» che altro non
farebbe che codificare una situazione di fatto.
Vedi, Gennariello, la maggioranza degli
intellettuali laici e democratici italiani si danno grandi arie perché si
sentono virilmente «dentro» la storia: accettano realisticamente il suo
trasformare la realtà e gli uomini, del tutto convinti che questa «accettazione
realistica» è in realtà una colpevole manovra per tranquillizzare la propria
coscienza e tirare avanti. E’ cioè il contrario di un ragionamento, anche se
spesso, linguisticamente, ha l’aria di un ragionamento.
La regressione e il peggioramento non vanno
accettati: magari con indignazione o con rabbia, che, contrariamente
all’apparenza, sono, nel caso specifico, atti
profondamente razionali. Bisogna
avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata e
inutile.
Chi accetta realisticamente una
trasformazione che è regresso e degradazione, vuol dire che non ama chi subisce
tale regresso e tale degradazione, cioè gli uomini in carne e ossa che lo
circondano. Chi invece protesta con tutta la sua forza, anche sentimentale,
contro il regresso e la degradazione, vuol dire che ama quegli uomini in carne
e ossa. Amore che io ho la disgrazia di sentire, e che spero di comunicare
anche a te.
I più colpevoli nel non amare questi uomini
degradati dal falso progredire della storia, sono, appunto, i potenti
democristiani. Lasciamo stare la prima fase del loro regime che è stata decisamente
la continuazione del regime fascista; e veniamo alla seconda fase, quella in
cui hanno continuato a esistere e ad agire allo stesso modo di prima, benché il
potere che essi servivano non fosse più il potere paleocapitalistico
(clerico-fascista), ma un nuovo potere: il potere consumistico (con la sua
pretesa tolleranza). In questa seconda fase si è avuto un atroce seguito di
stragi e di criminalità politiche. Ed è di questo che i potenti democristiani
sono, nella fattispecie, anche formalmente colpevoli, perché i casi possono
essere solo tre. Primo: i potenti democristiani (o un gruppo di loro) sono i
diretti responsabili o mandanti della «strategia della tensione» e delle bombe:
lo scandalo del Sid starebbe a dimostrare inequivocabilmente la validità di
tale ipotesi. E del resto essa è da leggersi anche tra le righe delle recenti –
sia pure in altro senso esplicite – accuse di De Martino.
Secondo: se i potenti democristiani non
sapessero tuttavia tutto, o quasi tutto, o molto, o almeno un poco, su di esse,
sarebbero degli incapaci che non si accorgono di ciò che accade sotto il loro
naso. Terzo: i potenti democristiani sanno tutto delle stragi, o quasi tutto, o
molto, o almeno un poco, ma fingono di non saperlo o tacciono.
In tutti e tre i casi i potenti
democristiani che in questi anni hanno detenuto il potere, dovrebbero
andarsene, sparire, per non dire di peggio.
Invece non solo restano al potere, ma
parlano. Ora è la loro lingua che è la pietra dello scandalo. Infatti ogni
volta che aprono bocca, essi, per insincerità, per colpevolezza, per paura, per
furberia, non fanno altro che mentire. La loro lingua è la lingua della
menzogna. E poiché la loro cultura è una putrefatta cultura forense e
accademica, mostruosamente mescolata con la cultura tecnologica, in concreto la
loro lingua è pura teratologia. Non la si può ascoltare. Bisogna tapparsi le
orecchie.
Il primo dovere degli intellettuali, oggi,
sarebbe quello di insegnare alla gente a non ascoltare le mostruosità
lingusitiche dei potenti democristiani, a urlare, a ogni loro parola, di
ribrezzo e di condanna. In altre parole, il dovere degli intellettuali sarebbe
quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto
la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto inerte che è l’Italia.
Invece, quasi tutti gli intellettuali all’opposizione accettano sostanzialmente
quello che accettano i potenti democristiani. Essi non sono affatto
scandalizzati dalla mostruosità della lingua dei potenti democristiani.
Il mio sogno, nel nostro rapporto
pedagogico, caro Gennariello, sarebbe di parlare napoletano. Purtroppo non lo
conosco. Mi accontenterò dunque di un italiano che non abbia nulla a che fare
con quello dei potenti e degli oppositori ugualmente potenti. L’italiano di una
tradizione colta e umanistica: senza temere una certa «maniera», che in un
rapporto come questo nostro, è inevitabile. I preamboli così sono finiti. La
prossima volta ti delineerò sommariamente un abbozzo del piano dei nostri
lavori – una specie di indice – e poi finalmente cominceremo le lezioni.
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