I
ragazzi sono conformisti due volte
Cominciamo oggi il secondo capitolo del
nostro trattato. Dopo il linguagio pedagogico delle cose, che tanta e così
definitiva influenza ha avuto nel farti come sei, passiamo al linguaggio
pedagogico dei tuoi coetanei: i quali, in questo momento della tua vita
(quindici anni) sono i tuoi più importanti educatori. Essi esautorano ai tuoi
occhi sia la famiglia che la scuola. Riducono a ombre boccheggianti padri e
maestri. E non hanno bisogno di un grande sforzo per ottenere questo risultato.
Anzi, non ne sono nemmeno coscienti. E’ sufficiente per loro – per distruggere
il valore di ogni altra fonte educativa – semplicemente esserci: esserci così
come sono.
Essi hanno in mano un’arma potentissima:
l’intimidazione e il ricatto. Cosa, questa, antica come il mondo. Il
conformismo degli adulti è tra i ragazzi già maturo, feroce, completo. Essi
sanno raffinatamente come far soffrire i loro coetanei: e lo fanno molto meglio
degli adulti perché la loro volontà di far soffrire è gratuita: è una violenza
allo stato puro. Scoprono tale volontà come un diritto. Vi investono tutta la
loro vitalità intatta, e anche, naturalmente, la
loro innocenza. La loro pressione pedagogica su te non conosce né persuasione, né comprensione, né alcuna forma di pietà, o di umanità. Solo nel momento in cui i tuoi compagni divengono amici scoprono forse persuasione, comprensione, pietà, umanità: ma gli amici sono quattro o cinque, al massimo. Gli altri sono lupi: e adoperano te come cavia sui cui sperimentare la loro violenza e nei cui confronti verificare la bontà del loro conformismo.
loro innocenza. La loro pressione pedagogica su te non conosce né persuasione, né comprensione, né alcuna forma di pietà, o di umanità. Solo nel momento in cui i tuoi compagni divengono amici scoprono forse persuasione, comprensione, pietà, umanità: ma gli amici sono quattro o cinque, al massimo. Gli altri sono lupi: e adoperano te come cavia sui cui sperimentare la loro violenza e nei cui confronti verificare la bontà del loro conformismo.
Il loro conformismo è acquisito di peso dal
mondo degli adulti. Lo schema è identico. Ma tuttavia essi hanno sempre
qualcosa di nuovo, rispetto agli adulti. Essi, cioè, vivono esistenzialmente
valori nuovi rispetto a quelli vissuti, e codificati, dagli adulti. E’ in ciò
che consiste la loro forza. E’ attraverso quel qualcosa di nuovo che essi, col
loro modo di essere e di comportarsi (poiché si tratta di puro «vissuto»),
vanificano il conformismo pedagogico degli adulti e si impongono come i veri
reciproci maestri. La loro «novità» non detta, e neanche pensata, ma solo
vissuta, andando oltre il mondo degli adulti, lo contesta anche quando lo
accetta totalmente (come accade nelle società repressive o addirittura fasciste).
Tu sei schiacciato da tale «novità»: ed è questa «novità» - che tu temi di
vivere imperfettamente, mentre la vedi vissuta perfettamente dai tuoi compagni
– che costituisce il nucleo della tua ansia di apprendere. Essa non può esserti
insegnata dagli adulti (me compreso), e quindi tu, pur ascoltando gli adulti,
pur mettendoci tutta la buona volontà ad assimilare il sapere dei padri – in
realtà hai in cuore una sola assillante avidità: quella di condividere con i
tuoi compagni, apprendendola da loro ossessivamente ogni giorno, questa novità.
Insomma i tuoi compagni sono i depositari e i portatori di quei valori che sono
gli unici che ti interessano. Anche se essi non sono che leggerissime, quasi
impercettivili varianti dei valori dei padri.
Ci sono dei momenti storici – come quello
che stiamo vivendo – in cui i ragazzi credono anche di sapere quali sono i
nuovi valori che essi vivono, oppure credono di sapere qual è il nuovo mondo
con cui essi vivono valori già istituiti. In questi momenti la forza di intimidazione
e di ricatto dei giovani coetanei è ancora più violenta.
Essi aggiungono, dentro lo schema del
conformismo assimilato – come ai tempi delle orde – dall’ordine sociale
paterno, una nuova dose di conformismo: quello della rivolta e dell’opposizione.
Il caso di una società esplicitamente repressiva o fascista non è dunque il
nostro. Noi viviamo almeno nominalmente un periodo di democrazia parlamentare,
di benessere e di tolleranza. Il «più» che vivono i ragazzi non è dunque un «più»
fascista, un «più» di dedizione all’autorità: o almeno non è solo questo: c’è
anche un «più» di disobbedienza, di anarchia o di dedizione alla rivoluzione
operaia. Al tempo del fascismo, quando ero adolescente io, i miei compagni mi
davano quotidianamente lezione non solo di come essere virili e volgari, ma
anche di come essere teppisticamente lealisti all’autorità fascista. Oggi a te,
i tuoi compagni impartiscono «repressive» lezioni non solo di attaccamento alle
autorità nel suo aspetto eversivo (fascista), ma anche – e certo soprattutto –
di spirito rivoluzionario, comunista o extraparlamentare.
Contemporaneamente, tutti quanti, ti danno
ogni giorno una tremenda lezione di come comportarsi e pensare in una società
consumistica.
Come vedi siamo nella fossa dei serpenti. I
casi sono infiniti e sempre ambigui.
Nessun commento:
Posta un commento