Stato-mafia,
mistero Quirinale
Napolitano:
mai saputo di accordi. Le stragi? Sussulto di Cosa Nostra. Ma secondo i legali
non avrebbe risposto a tutte le domande
Tre ore di interrogatorio per Giorgio
Napolitano al Quirinale da parte dei giudici della Corte d’Assise di Palermo.
Mistero sulle risposte fornite dal presidente della Repubblica. In un primo
momento, secondo quanto riportato da alcune agenzie di stampa, il Capo dello
Stato avrebbe preferito non rispondere ad alcune domande. Versione
successivamente smentita. Nella nota ufficiale del Quirinale si legge: “Si è
svolta stamattina nel Palazzo del Quirinale l’udienza del processo in corso
davanti alla II Sezione della Corte d’Assise di Palermo nella quale il
Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che aveva dato la sua
disponibilità a testimoniare, ha risposto alle domande senza opporre limiti di
riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo
alla stretta pertinenza ai capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa.
L’udienza è durata circa tre ore. La Presidenza della Repubblica auspica che la
Cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della
registrazione per l’acquisizione agli atti del processo, affinché sia possibile
dare tempestivamente
notizia agli organi di informazione e all’opinione
pubblica delle domande rivolte al teste e delle risposte rese dal Capo dello
Stato con la massima trasparenza e serenità”.
Da quanto riferito dai legali che hanno
presenziato l’audzione “il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha
detto di non aver mai saputo della lettera inviata nel 1993 al suo predecessore
Oscar Luigi Scalfaro dai familiari di alcuni detenuti, in forma anonima”. Di
quella lettera, in cui si chiedeva la revoca del 41 bis per i mafiosi,
Napolitano ha affermato di non aver avuto ne’ informazione ne’ tantomeno copia.
Secondo quanto riferito dall’avvocato del
comune di Palermo, Giovanni Airò Farulla, il presidente della Repubblica
all’epoca non aveva mai saputo di accordi tra apparati dello Stato e Cosa
Nostra per fermare le stragi. Secondo l’avvocato di Totò Riina, Luca
Cianferoni, “il presidente della Repubblica ha tenuto sostanzialmente a dire
che lui era uno spettatore di questa vicenda”.
Un evento mediatico perché non era lecito
attendersi una svolta dal processo sembra davvero difficile. L’udienza è
iniziata alle 10 in punto. Le domande psote a Re Giorgio sono state definite
ieri mattina dal Procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dai pm Nino Di Matteo,
Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. Quaranta le persone ammesse all’udienza
nella sala del Bronzino: i giudici, due togati e i popolari, la cancelliera,
cinque pm – presente anche il Procuratore capo Leonardo Agueci, che non ha
posto – e gli avvocati delle sette parti civili e dei 10 imputati. Ingresso
vietato alla stampa e anche di cellulari, tablet, pc e strumenti di
registrazione per magistrati e e avvocati. Napolitano è stato ascoltato sui
dubbi espressi da Loris D’Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale, al
Capo dello Stato in una lettera, nel giugno del 2012, un mese prima di morire.
In quel documento D’Ambrosio avanzava il timore di “essere stato considerato
solo un ingenuo e inutile scriba di cose utili a fungere da scudo per
indicibili accordi” tra il 1989 e il 1993, anni in cui l’ex consigliere era
all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della
Giustizia. Poi la Procura ha chiesto a Napolitano se era a conoscenza
dell’allarme attentati allo stesso Napolitano e a Giovanni Spadolini lanciato
dal Sismi il 29 luglio del 1993 subito dopo le stragi mafiose di Firenze e
Milano.
Nessun commento:
Posta un commento