da: la Repubblica – di
Roberto Mania
Camusso:
ecco perché non parla con noi, ma solo con le corporazioni Manovra e Jobs act
si possono cambiare. Faremo lo sciopero generale.
A un certo punto Susanna Camusso interrompe
questa intervista, si alza, sigaretta in mano, e va verso la bacheca del suo
ufficio con affaccio su Villa Borghese. Tra foto, messaggi, ricordi e volantini
della Cgil, c’è un lancio di agenzia con una dichiarazione di Sergio Marchionne
del 2 ottobre scorso. Parla del mercato del lavoro, l’ad di Fca, della
necessità di togliere «i rottami dai binari». Ed è questo, spiega, il compito
affidato a Renzi. Precisa: «L’abbiamo messo là per quella ragione lì».
Il segretario generale della Cgil si
risiede: «Vede, quella dichiarazione non è mai stata smentita. A me colpisce
molto che un cittadino svizzero che ha
spostato le sedi legale e fiscale della Fiat all’estero possa dire del nostro
presidente del Consiglio “L’abbiamo messo là” e che lo possa fare senza suscitare alcuna reazione».
Cosa
vuol dire, segretario?
«Questo spiega l’attenzione del governo nei
confronti dei grandi soggetti portatori di interessi particolari ».
Il
governo dei “poteri forti”?
«Quelle parole di Marchionne illustrano
meglio di qualsiasi altro ragionamento perché questo governo non ha alcuna
disponibilità a confrontarsi con chi, come i sindacati, rappresenta interessi
generali, non corporativi».
Ma
il governo non copiava, secondo la Cgil, i documenti preparati dalla
Confindustria? E Confindustria non rappresenta tutte le imprese?
«Il governo copia le proposte delle grandi
imprese di Confindustria ».
Dove
sono in Italia le grandi imprese?
«La Fiat, le partecipate dal Tesoro… Ce ne
sono e sanno fare lobby».
Eppure
Squinzi ha detto che il taglio dell’Irap è “un sogno” che vale per tutte le
aziende.
«Constato che per come è la norma dell’Irap
favorirà prevalentemente le grandi imprese riducendo i loro costi. Ma non avrà
alcun effetto sull’occupazione».
La
Cgil, dunque, non rinuncia all’idea di cambiare la legge di Stabilità
«Non rinunciamo affatto all’idea di poter
cambiare la Stabilità come le riforme che sono state presentate. Non si può
pensare di cambiare la pubblica amministrazione tagliando i posti di lavoro e
non tagliando le 30 mila stazioni appaltanti dove si annidano gli interessi dei
poteri forti, quelli che paralizzano l’attività della pubblica amministrazione.
Faccio un altro esempio: il Tfr è salario differito, i fondi integrativi sono frutto
della contrattazione. Questo governo vuole aumentare le tasse sul Tfr e
penalizzare la previdenza integrativa. E i sindacati non avrebbero titolo a
discuterne? Aggiungo, in generale, che una politica economica espansiva non può
ridursi al taglio delle tasse e della spesa. Come dimostra la ripresa americana
sono necessari gli investimenti anche pubblici».
Con
quali risorse?
« L’abbiamo già detto: serve una
patrimoniale. Ce l’ha anche la Germania »
Ma
il governo ha detto che con voi non contratta.
«Mi pare che la parola contrattare sia
diventata un’ossessione di questo governo. Noi non abbiamo dubbi che le leggi
vadano discusse e approvate in Parlamento. Siamo talmente convinti che ci
preoccupa l’ampio uso che si fa del voto di fiducia. E poi questo governo non
può certo dire che non ci siano state trattative extraparlamentari come per
esempio sulla legge elettorale, sulle riforme istituzionali o sulla riforma
delle giustizia con l’ordine degli avvocati. Non ci si confronta solo con chi
ha una rappresentanza generale. Anche se il ministro Poletti quando ha aperto
l’incontro di lunedì non ha escluso la possibilità di un intervento del governo
per emendare, eventualmente, la legge di Stabilità. Poi l’incontro è finito in
un altro modo. Non so perché. E non so nemmeno perché su alcuni giornali sia
stato raccontato un incontro diverso da quello al quale ho preso parte io.
Continuo a pensare che sia stato surreale il fatto che i ministri non si siano
espressi sulle nostre osservazioni. Si ascoltano le corporazioni, ma non chi
rappresenta il lavoro. E il lavoro è stata la grande domanda della
manifestazione di sabato».
A
cosa è servita quella manifestazione?
«Ha cambiato tante cose. Intanto, con lo
stupore di molti, si è visto che il sindacato non è fatto solo di pensionati,
ma anche di giovani, di precari, di disoccupati. Si è visto che includiamo e
che non dividiamo come fa il governo».
Dopo
le critiche di Renzi, segretario del Pd, alla Cgil, lei rinnoverà la tessera al
partito?
«Non rispondo a questa domanda perché
dietro di essa c’è la stessa logica che ha portato a guardare la manifestazione
di sabato come un’iniziativa all’interno del dibattito del Pd. Invece quella
era una piazza del lavoro».
Lei
comunque è un’iscritta al Pd: c’è il rischio di una scissione? Cosa pensa di
Landini leader di un nuovo partito di sinistra?
«Sono il segretario generale della Cgil. Ho
la responsabilità di difendere l’autonomia del più grande sindacato italiano e
non intervengo nelle vicende interne di un partito. Per quanto riguarda Maurizio
mi immagino che abbia la stessa opinione sull’autonomia del sindacato».
Perché
quando Renzi ha detto che è finita l’epoca del posto fisso lei ha risposto che
non sa di cosa parla?
«Perché non c’è alcuna relazione tra il
cosiddetto posto fisso e l’articolo 18. Ed è lo stesso governo a riconoscerlo
nel Jobs Act. Renzi rispolvera un argomento di Monti di tre anni fa. La
differenza è che allora la Confindustria diceva che non era quello il problema,
mentre oggi ha un’altra linea».
Torniamo
ai poteri forti. Mi dica: quando proclamerete lo sciopero generale?
«Calibreremo le nostre iniziative
mantenendo i nervi saldi. Ci saranno gli scioperi articolati, manifestazioni
iniziative e poi faremo lo sciopero generale. Lo deciderà come sempre il nostro
Comitato direttivo convocato per metà novembre ».
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