da:
Il Fatto Quotidiano
La Banda degli Stolti:
inciucio sulla giustizia e denari ai partiti
di
Peter Gomez
Come volevasi dimostrare: i 10 supposti
saggi di Giorgio Napolitano si sono smascherati da soli. E quello che c’è sotto
non è bello da vedere.
Dovevano partorire un elenco di 4 o 5 cose
da fare subito per fronteggiare la crisi economica e politica. Un breve
documento attorno al quale mettere in piedi un governo di scopo che, una volta
approvata la nuova legge elettorale, riportasse il paese alle elezioni. Invece,
dai loro 10 giorni di lavoro, sono saltate fuori 130 pagine in cui di chiaro ci
sono solo due passaggi. Quelli in cui i prescelti dal futuro ex Presidente
della seconda nazione più corrotta d’Europa indicano, con dovizia di
particolari, i provvedimenti con cui depotenziare le intercettazioni telefoniche,
abbreviare i tempi d’indagine, mettere una mordacchia alla stampa, intimorire i
magistrati (c’è la creazione di una sorta di Csm di secondo grado i cui membri
sono nominati un terzo dal parlamento e un terzo dal Capo dello Stato), abolire
in caso di assoluzione l’appello e salvare i soldi della partitocrazia.
I rappresentanti (solo maschi) della
partitocrazia che ha portato il Paese allo sfascio hanno infatti stabilito –
ovviamente con saggezza- che il risultato del referendum del ’93
sull’abolizione finanziamento pubblico ai partiti non conta. E che non conta
nemmeno l’opinione degli attuali elettori schierati (secondo tutti i sondaggi)
per la cancellazione dei (finti) rimborsi elettorali. O quella del Movimento 5
stelle, dei parlamentari renziani, di quelli di Scelta Civica e persino del Pdl
, chiamati al momento della candidatura a impegnarsi in questo senso per
iscritto.
La cosa però non turba il saggio senatore
Pdl, Gaetano Quagliariello, che preferisce giustamente ricordare come “il
capitolo nel quale più significativa è risultata la piena legittimazione di
importanti posizioni fin qui oggetto di pregiudizio è quello della giustizia”.
E poi elenca felice tutti i punti dell’accordo, compresi il “più stretto
controllo dei provvedimenti cautelari, i rapporti tra magistratura e mezzi di
comunicazione, i limiti alla giurisprudenza creativa”. Come dire: ladri di
partito, colletti bianchi, tirate un sospiro di sollievo, ci saranno meno
indagini, meno galera e meno cattiva stampa per tutti.
Ovviamente per fare una riforma simile ci
vogliono mesi. Ma è stata trovata una soluzione. Sulla fondamentale legge
elettorale, indicata fino a ieri come un’urgenza, salta fuori l’ennesima
ipotesi pastrocchio un po’ proporzionale e un po’ maggioritaria. L’idea che,
per fare in fretta, si potesse copiare in toto le norme di un altro paese
(magari la Francia) non ha sfiorato i rispettati esponenti della Casta che
hanno redatto questo eccellente programma dell’inciucio. E anzi, giusto per far
capire che se la cosa si fa durerà cinque anni, sono state previste in
parallelo una serie di riforme costituzionali, ovviamente lunghissime da
approvare.
Così almeno ci sarà il tempo di capire
quali provvedimenti prendere davvero sull’economia. Nell’agenda dell’inciucio di
indicazioni concrete, tra mille principi spesso condivisibili, non ve ne sono.
Tutto è fumoso, come nella migliore tradizione dei partiti di italica
concezione, e giusto per dimostrare al mondo che non si è capito nemmeno in
quale anno si vive la parola internet, in 89 pagine, non compare mai. C’è però
un accenno molto vintage alla trasparenza degli atti della pubblica
amministrazione da ottenere “anche grazie all’uso del web”.
Povera italia, verrebbe da dire. L’hanno umiliata
e offesa. E adesso la vogliono uccidere.
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