da: Il Fatto Quotidiano
Quando ho
scritto “Si fa presto a dire Bonino”,
la sapevo apprezzata da molti italiani per le caratteristiche che illustravo
nelle prime righe: donna, competente, onesta, impegnata per i diritti civili,
umani e politici in tutto il mondo. Non la sospettavo, però, circondata di
persone adoranti che la guardano con gli occhi che dovevano avere i pastorelli
di Fatima davanti alla Madonna. A questi innamorati che non sentono ragioni,
anzi preferiscono non conoscere o non ricordare le zone d’ombra (solo
politiche, lo ripeto) della sua lunghissima carriera politica, non so che dire:
al cuore non si comanda. Rispondo invece alle cortesi obiezioni del segretario
radicale Mario Staderini, il quale – diversamente da me – la ritiene
il presidente della Repubblica ideale. E, per nobilitarla e dipingerla come
antropologicamente estranea al berlusconismo, cita alcuni suoi imbarazzanti
avversari (Ferrara, Gasparri, Libero). Potrei rispondere che invece Mara
Carfagna la vuole al Quirinale, ma preferisco concentrarmi sulla biografia
della Bonino.
Chi auspica un
Presidente estraneo alla casta, tipo Zagrebelsky, Settis, Gabanelli, Caselli,
Guariniello, Strada e altri, non può certo sostenere la Bonino, 8 volte
parlamentare italiana e 3 volte europea. I suoi amici la raffigurano come
un’outsider estranea all’establishment. Che però non è d’accordo: altrimenti la
Bonino non sarebbe stata invitata a una riunione del gruppo Bilderberg, o
almeno non ci sarebbe andata. Sulla sua vicinanza, “fra alti e bassi”, al Polo
berlusconiano dal 1994 (quando fu eletta con Forza Italia fino al ’96, senza
dire una parola contro le prime violenze alla Giustizia e alla Costituzione) al
2006, ci sono tonnellate di articoli di giornale, lanci di agenzia,
esternazioni, vertici, incontri, tavoli, inseguimenti, corteggiamenti, ammuine.
Il tutto mentre il Caimano ne combinava di tutti i colori, nel silenzio-assenso
della Bonino (che ancora nel 2004 veniva proposta da Pannella per un posto di
ministro; e nel 2005 dichiarava: “Con Berlusconi abbiamo iniziato un lavoro
molto serio… apprezziamo ciò che sta facendo come premier, ma la posizione
degli alleati è nota”: insomma cercava disperatamente l’alleanza con lui, che
alla fine la scaricò per non inimicarsi “gli alleati” e il Vaticano). Poi la
Emma passò armi e bagagli col centrosinistra e cambiò musica. Un po’ tardi,
a mio modesto avviso. Ma neppure in seguito, sulle questioni cruciali
del berlusconismo (leggi vergogna, rapporti con la mafia, corruzioni, attacchi
ai magistrati e alla Costituzione, conflitti d’interessi, editti bulgari e
postbulgari), risulta un solo monosillabo della Bonino. Forse perché, pur con
motivi molto diversi, sulla giustizia B&B hanno sempre convenuto:
separazione delle carriere, abolizione dell’azione penale obbligatoria (altro
che difesa della “Costituzione più bella del mondo”, caro Staderini), per non
parlare dell’idea intimidatoria e pericolosa della responsabilità civile dei
magistrati che non esiste in nessun’altra democrazia.
La
corrispondenza di amorosi sensi con B. si estende al No radicale all’arresto di
Cosentino perché “siamo contro l’immunità parlamentare, però esiste”. Al
fastidio per i sindacati, definiti in blocco “barbari, oscurantisti e
retrogradi” (Ansa, 22-1-2000). E alla lettura dell’inchiesta Mani Pulite come
operazione politica filocomunista: per la Bonino le tangenti di Craxi furono
solo “errori” e occorre “una rivisitazione seria di cosa è successo dal ’90 in
poi: la mia analisi è che indubbiamente, soprattutto nel ’92, si è cercato
di risolvere alcuni problemi politici per vie giudiziarie, un po’ orientate
perchè poi se n’è salvato uno solo di partito” (Ansa, 19.11.99). Per non
parlare dello scandalo delle frequenze negate per dieci anni a Europa7 per non
disturbare Rete4 che le occupava abusivamente.
Il 1° aprile
2007, ministro delle Politiche europee del governo Prodi-2, la Bonino porta in
Consiglio dei ministri tutte le sentenze della Corte di giustizia europea per
darne finalmente attuazione. Tutte, tranne una: quella che dà ragione a Europa7
e torto al gruppo B. Una cronista le chiede il perché, e lei risponde che non
c’è alcuna urgenza (in effetti Europa7 attende le frequenze negate solo dal
1999, quando vinse la concessione e Rete4 la perse).
C’è poi il
bilancio di Commissario europeo dal 1994 al ’99 su nomina di B., quando, insieme a battaglie sacrosante, la Bonino
sponsorizza i cibi Ogm senza etichettatura.E soprattutto sostiene l’insensata
sospensione degli aiuti all’Afghanistan, dopo una sfortunata missione a Kabul
in cui è stata fermata dalla polizia religiosa perché i suoi collaboratori
fotografano e filmano il volto delle donne, in barba alla legge islamica.
Durante la guerra in Afghanistan – da lei appoggiata come quelle nell’ex
Jugoslavia e in Iraq (“Io credo che non ci fosse alternativa per sconvolgere la
rete terroristica: se mandiamo il messaggio che dopo le torri di New York
possono bombardare, senza colpo ferire, anche il Colosseo e la Torre Eiffel,
non ci dà sicurezza”) – la Bonino si oppone alla sospensione dei bombardamenti
proposta dall’Ulivo per aprire un corridoio umanitario agli aiuti ai profughi
(“servirebbe solo ai talebani per riorganizzarsi”, Ansa 2-11-2001).
Nel 2007, poi,
durante il sequestro Mastrogiacomo, non trova di meglio che prendersela con Gino
Strada, accusandolo di trescare con i talebani col suo “atteggiamento
ambiguo, tra l’umanitario e il politico, che si può prestare a qualunque
illazione”, perché “scientemente o incoscientemente – che sarebbe ancora peggio
– finisce per giocare un ruolo che è sempre un ruolo ambiguo, tra torturati e
torturatori. Quando uno si mette a praticare una linea così ambigua, così poco
limpida, si presta a qualunque gioco altrui. Nell’illusione di tirare lui le
fila, finisce che il burattinaio non è lui” (Ansa, 9.4.2007). A proposito di
ambiguità fra torturati e torturatori, ho cercato disperatamente nell’archivio
Ansa una parola della Bonino su Abu Ghraib e su Guantanamo. Risultato:
non pervenuta.
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