lunedì 15 aprile 2013

Stefano Feltri: “Lavoro e crescita, intesa poco grillina”


da: Il Fatto Quotidiano

Lavoro e crescita, intesa poco grillina (Stefano Feltri)
Niente reddito minimo, resta l’Imu ma 30 miliardi alle Pmi e aiuti ai salari bassi

Si parla molto di lavoro, di famiglia, di imprese e pochissimo di austerità, di tagli delle tasse e di sussidi. Il rapporto che i cinque saggi del gruppo “economico, sociale ed europeo” consegnato ieri al Quirinale contiene l’inevitabile lista di buoni propositi, ma anche una serie di proposte concrete non scontate che potrebbero davvero essere “l’agenda possibile”, questo il titolo del documento, di un governo di larghe intese. Una versione meditata degli slogan presenti nei programmi di Pd e Pdl, molto distante, anzi incompatibile, con i venti punti del Movimento 5 stelle. “Abbiamo scritto un’agenda possibile, cose che si possono fare davvero senza stanziare risorse particolari, ma in grado di ottenere risorse nell’immediato e compatibili con le istanze dei principali partiti”, spiega il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero, uno dei saggi economici assieme a Enrico Giovannini (Istat), Salvatore Rossi (Banca d’Italia ), Giovanni Pitruzzella (Antitrust) e i due politici Filippo Bubbico (Pd) e Giancarlo Giorgetti (Lega). 
Non c’è quello che gli economisti chiamano il “silver bullet”, la grande trovata che da sola risolve tutto, ma una lista di ricette che possono dare qualche
contributo alla crescita. Il principio è che qualunque risorsa si decida di impegnare va usata per il lavoro: non per ridurre l’Imu o l’Irap, quindi, ma per dare crediti d’imposta ai lavoratori con i salari più bassi. Lo Stato, in pratica, restituirebbe parte delle tasse versate al lavoratore che ha un salario modesto, un modo per indirizzare la spesa pubblica verso chi ne ha più bisogno (nella speranza che il beneficiario poi traduca subito il rimborso in consumi, facendo girare l’economia e quindi generando gettito). Questo sarebbe anche un aiuto ai giovani che, a inizio carriera, hanno spesso retribuzioni basse. Meglio questo sistema, dicono i saggi, che il reddito minimo di cittadinanza suggerito da Beppe Grillo i cui costi ed effetti sono difficili da calcolare (la classificano come ipotesi da studiare). Non c’è una stima di quanto costerebbe questo credito d’imposta, è soprattutto un principio. Di soldi si parla invece al capitolo sulle imprese: secondo i conti dei saggi, con una piccola modifica procedurale, 2 miliardi di euro pubblici nel Fondo di garanzia che aiuta le piccole imprese nei rapporti con le banche, metterebbero in moto ben 30 miliardi di finanziamenti, tutti a beneficio dei piccoli imprenditori.
Nell’“agenda possibile” del prossimo governo ci deve essere anche il pagamento di tutto l’arretrato della Pubblica amministrazione: oltre ai 40 miliardi già previsti dal governo Monti, nel giro di un anno e mezzo vanno rimborsati anche gli altri 60. Se i mercati non reagiranno male alla prima tranche. Più discutibile una norma appena accennata, cioè l’ipotesi di alzare il tetto a 500 milioni di euro al credito d’imposta per le grandi opere: finora le infrastrutture più ambiziose hanno avuto costi molto superiori ai ritorni in termini di occupazione. E il project financing (il privato costruisce a spese sue e poi gestisce per decenni l’opera, trattenendo gli incassi) può generare debito pubblico occulto . Uno degli esempi concreti di compromesso è sui servizi pubblici locali: il Pdl li vorrebbe tutti a gara e affidati ai privati, il Pd ha sostenuto il referendum sull’acqua pubblica che invece elimina le gare. I saggi suggeriscono che il Comune può anche trattenere la gestione del servizio senza fare gare, ma deve avere un via libera dell’Antitrust (così da verificare che il controllo pubblico non sia a spese dei clienti-utenti).
C’È ANCHE MOLTA EUROPA: i vincoli di bilancio non si discutono, si può cercare di modificare i principi di fondo ma intanto bisogna muoversi tra le pieghe delle norme vigenti. L’“agenda possibile” sottolinea la necessità di sostenere le imprese nei bandi europei per la ricerca (una delle poche voci in cui i soldi stanziati sono in aumento) e per il fondo giovani. Anche qui un punto di frizione con i grillini: l’integrazione europea si rende democratica coinvolgendo i partiti e il Parlamento, non con i referendum. Chissà se queste indicazioni verranno recepite, di certo alcune rispunteranno nei programmi dei partiti alle prossime elezioni. Tipo l’idea del “prestito oneroso” ai privati delle opere d’arte dimenticate nei magazzini dei musei.

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