da: Lettera 43
«Per
il Quirinale l'intesa col M5s è possibile»
Il
dialogo è aperto. Anche per il governo. Ma Bersani deve farsi da parte. Civati
sul futuro del Pd. Renzi? «Sbaglia toni».
di Gabriella
Colarusso
Doveva essere l'occasione per ritrovare
l'unità, dopo le frizioni che avevano diviso il gruppo dirigente sulla linea da
seguire per la formazione del governo, nei giorni delle prime consultazioni
tenute da Giorgio Napolitano. E invece l'elezione ormai vicinissima del
prossimo presidente della Repubblica si è trasformata nell'ennesima resa dei
conti all'interno del Partito democratico.
TUTTI CONTRO RENZI. Tutti contro tutti. O meglio, tutti contro Matteo Renzi. Gli attacchi del sindaco di Firenze a due dei papabili al Quirinale - Franco Marini e Anna Finocchiaro - hanno scatenato la reazione furibonda della dirigenza democratica. Che lo hanno definito «Miserabile», «ignobile», affetto da «delirio di onnipotenza». Roba che neppure ai tempi dello scontro velenoso sulle Cayman.
TUTTI CONTRO RENZI. Tutti contro tutti. O meglio, tutti contro Matteo Renzi. Gli attacchi del sindaco di Firenze a due dei papabili al Quirinale - Franco Marini e Anna Finocchiaro - hanno scatenato la reazione furibonda della dirigenza democratica. Che lo hanno definito «Miserabile», «ignobile», affetto da «delirio di onnipotenza». Roba che neppure ai tempi dello scontro velenoso sulle Cayman.
E il déjà-vu di un partito spaccato tra
renziani e anti-renziani, di una dirigenza arroccata contro il pericoloso
rottamatore.
«POLEMICA ASSURDA». Una «polemica assurda e pericolosa», dice a Lettera43.it il
deputato democratico Giuseppe Civati, «che rischia di liquefare il Pd, se non
abbassiamo tutti i toni». Ma una polemica che anche Renzi ha contribuito a
scatenare. «Gli altri sono cattivi, ma non è che lui si stia comportando
meglio. Doveva avere un altro profilo, più sereno, più alto. Io non penso che Marini
debba fare il peresidente della Repubblica per forza, ma non penso neanche che
sia un nome inverecondo».
DOMANDA.
Nel Pd è di nuovo scontro feroce tra renziani e anti-renziani. Possibile che le
divisioni interne al partito si impongano sempre sul dibattito di interesse più
generale?
RISPOSTA.
Una polemica assurda. Nei toni e nei contenuti.
D. Quella
di Renzi dice?
R.
Alcuni nomi papabili per il Quirinale possono non corrispondere alle esigenze
del Pd o del Paese, ma non va neanche banalizzata la figura di persone che
militano nel tuo stesso partito.
D. Si
riferisce a Marini?
R.
Posso anche pensarla in modo simile a Renzi rispetto ai nomi che sono stati
fatti, e inoltre non credo che l'ossessione del Pd debba essere quella di fare
una cortesia a Berlusconi, senza rispettare né il risultato del voto né il
sentimento del Paese. Però ci arrivo con calma e senza sfuriate.
D.
L'attacco ad Anna Finocchiaro non è stata una grande idea.
R. La
battuta sull'Ikea non mi è piaciuta.
Era pesante e fuori luogo. Quanto a Marini, non penso che debba fare il presidente
della Repubblica per forza, ma non penso neanche che sia un nome inverecondo.
D. Il
nodo politico continua a essere il governo: Renzi teme che un accordo con il
Pdl sul Quirinale apra le porte anche a un governo Bersani, duraturo?
R. I maliziosi dicono che Renzi tema
l'accordo di governo col Pdl. Non so se questa sia la sua paura. Molti leggono
così le sue ultime uscite.
D.
Come la lettera a Repubblica...
R. In effetti la lettera, non nella parte generale che potrebbe anche essere
condivisibile, è sembrata un pò
un'azione di sabotaggio.
D. Il
Pd sembra tornato indietro di mesi, ai tempi della polemica su Davide Serra e
le Cayman. Ai bersaniani in guerra contro i renziani.
R. Lo
dico con dispiacere, ma secondo me
Matteo doveva e deve tenere un profilo diverso. È la riserva più apprezzata
del Pd, quella che può entrare in campo e cambiare le regole del gioco. Però
deve stare più tranquillo, sereno, dare l'idea di non voler essere divisivo.
D. Il
rischio di una scissione, paventato anche da Dario Franceschini, è reale?
R.
Ecco mi sembra che più che alla scissione siamo alla rissa da bar, che è molto
peggio se vogliamo.
D. Un altro elemento di divisione
potrebbe essere la candidatura di Romano Prodi per il Quirinale. Lei lo
voterebbe?
R. Divisivo verso chi? Verso il Pdl?
Verso gli elettori? Verso il M5s? Se dobbiamo ragionare su chi ha preso i voti
e sulle larghe intese, sono due le strade che si possono prendere.
D.
Col Pdl o con i grillini. Ma i secondi hanno già detto: «No grazie».
R. Il
M5s ha un atteggiamento distensivo sul Quirinale. Magari non sul primo nome che
si farà, ma non è escluso che scelgano un presidente della Repubblica insieme
con altri.
D. La
capogruppo Roberta Lombardi ha detto che i grillini potrebbero anche votare
all'infinito solo il loro candidato. Non proprio un'apertura al dialogo.
R.
Non mi pare che sia la linea prevalente nel Movimento. E se così fosse,
sbaglierebbero. Il Colle giusto è il Quirinale non l'Aventino. Se vogliono
contribuire a scegliere il prossimo presidente hanno tutti gli strumenti per
farlo.
D. Lei è uno dei pontieri tra Pd e
Movimento. Crede che i grillini potrebbero convergere sul nome di Prodi?
R. In buona parte sì.
D.
Bersani però sembra più intenzionato a trovare un presidente condiviso col Pdl
che apra la strada a un suo governo, piuttosto che a dialogare con i 5 stelle.
R.
Sono partito dalla linea Bersani del governo di cambiamento e cerco di
approfondire la linea uscita dalla direzione. Altre cose mi sembrano un po' in
contraddizione. Il governo del cambiamento non si fa votando insieme con
Berlusconi.
D. Il
segretario prova a giocare le due partite, governo-Quirinale: se passa
l'accordo con il Cavaliere per l'uno, potrebbe sbloccarsi anche l'altro.
R. Se
il tema è eleggere un presidente della Repubblica che piaccia a Berlusconi ma
che dia l'incarico a Bersani, mi fa un po' tristezza. Pare assurdo scegliere un
capo dello Stato in base a queste logiche. Un errore. È necessario tenere
separati i due match. Solo in questo modo è possibile formare un governo. Uno
spirito accordista rischia di far saltare tutto. A partire dal Pd.
D.
Quindi torna lo spettro della scissione...
R.
Sì, ma Franceschini non può evocare una scissione nella stessa intervista in
cui dice: «Facciamo l'accordo con Berlusconi». Se si realizzasse, la divisione
del Pd sarebbe molto più probabile. L'errore grave è sottoporre il Quirinale
alle esigenze della contingenza politica.
D.
Tra i grandi elettori per il Colle non c'è Renzi, ma non c'è neanche un
esponente 5 stelle. Come giudica queste assenze?
R. Un
errore grave, anche questo. Non coinvolgere Renzi nell'elezione per il
Quirinale è stata una grande schiocchezza. Se continuiamo a banalizzare Renzi
in questo modo, continuiamo ad armarne le dichiarazioni più efferate. Se invece
eliminiamo questo clima da bar forse riusciamo ad affrontare le grandi sfide
che abbiamo di fronte.
D. Lei insiste sulla necessità di
dialogare con il M5s. Ma dopo tutti i no grillini, non crede che il tentativo
sia ormai fallito?
R.
Dipende. Certo un governo Bersani non credo possa funzionare, ma con un suo
passo indietro potrebbero ancora esserci delle aperture. A loro non dispiace un
profilo di governo come quello che Bersani ha proposto, ma non si fidano di una
cabina di regia troppo politica del Pd.
D. Se
non riuscisse l'operazione, quali alternative vede?
R.
Scegliamo il presidente della Repubblica migliore possibile. Poi deciderà lui
se dare l'incarico a qualcuno che possa avere la fiducia. In caso contrario, si
va a votare. E gli stessi 5 stelle dovranno scegliere.
D.
Nessun compromesso storico con Berlusconi?
R. A
me piace il riferimento al compromesso storico. Bisogna intendersi però sul
senso di «storico». Dopo 20 anni di una Seconda Repubblica arrivata ormai allo
stremo, storico è fare l'accordo con Berlusconi? Forse è aprire una stagione
nuova.
D.
Tra tutti i nomi circolati in questi giorni per il Quirinale, quali considera
più rappresentativi?
R.
Prodi, Stefano Rodotà ed Emma Bonino. Non necessariamente in quest'ordine.
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