da:
Il Fatto Quotidiano
Funeral
Party
di Marco
Travaglio
La scena supera la più allucinata fantasia dei maestri dell’horror, roba da far
impallidire Stephen King e Dario Argento. Il cadavere putrefatto e maleodorante
di un sistema marcio e schiacciato dal peso di cricche e mafie, tangenti e
ricatti, si barrica nel sarcofago inchiodando il coperchio dall’interno per non
far uscire la puzza e i vermi. Tenta la mission impossible di ricomporre la
decomposizione. E sceglie un becchino a sua immagine e somiglianza: un presidente
coetaneo di Mugabe, voltagabbana (fino all’altroieri giurava che mai si sarebbe
ricandidato) e potenzialmente ricattabile (le telefonate con Mancino, anche
quando verranno distrutte, saranno comunque note a poliziotti, magistrati,
tecnici e soprattutto a Mancino), che da sempre lavora per l’inciucio (prima
con Craxi, poi con B.) e finalmente l’ha ottenuto. E con una votazione dal
sapore vagamente mafioso (ogni scheda rigorosamente segnata e firmata, nella
miglior tradizione corleonese).
Pur di non mandare al Quirinale un uomo
onesto, progressista, libero,
non ricattabile e non controllabile, il Pd
che giurava agli elettori “mai al governo con B. ” va al governo con B.,
ufficializzando l’inciucio che dura sottobanco da vent’anni. Per non darla
vinta ai 5Stelle, s’infila nelle fauci del Caimano e si condanna
all’estinzione, regalando proprio a Grillo l’esclusiva del cambiamento e la
bandiera di quel che resta della sinistra (con tanti saluti ai “rottamatori”
più decrepiti di chi volevano rottamare). La cosa potrebbe non essere un
dramma, se non fosse che trasforma la
Repubblica italiana in una monarchia assoluta e la consegna a un governo di mummie, con i dieci saggi promossi ministri
e il loro programma Ancien Régime a completare la Restaurazione. Viene in
mente il ritorno dei codini nel 1815, dopo il Congresso di Vienna, con la
differenza che qui non c’è stata rivoluzione né s’è visto un Napoleone.
Ma il richiamo storico più appropriato è
Weimar, con i vecchi partiti di centrosinistra che nel 1932 riconfermano il
vecchio e rincoglionito generale von Hindenburg, 85 anni, spianando la strada a
Hitler. Qui per fortuna non c’è alcun Hitler all’orizzonte. Però c’è B., che
fino all’altroieri tremava dinanzi al Parlamento più antiberlusconiano del
ventennio e ora si prepara a stravincere le prossime elezioni e salire al Colle
appena Re Giorgio abdicherà. A meno che non resti abbarbicato al trono fino a
95 anni, imbalsamato e impagliato come certi autocrati, dagli iberici Salazar e
Franco ai sovietici Andropov e Cernenko, tenuti in vita artificialmente con
raffinate tecniche di ibernazione e ostesi in pubblico con marchingegni alle
braccia per simulare un qualche stato motorio. Ieri, dall’unione dei necrofili
di sinistra e del pedofilo di destra, è nato un regime ancor più plumbeo di
quello berlusconiano e più blindato di quello montiano, perché è l’ultima
trincea della banda larga che comanda e saccheggia l’Italia da decenni, prima
della Caporetto finale. Prepariamoci al pensiero unico di stampa e tv, alla
canzone mononota a reti ed edicole unificate. Ne abbiamo avuto i primi assaggi
nelle dirette tv, con la staffetta dei signorini grandi firme che magnificavano
l’estremo sacrificio dell’Uomo della Provvidenza e del Salvatore della Patria,
con lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati
delle solite cariatidi. Le famose pompe funebri.
Ps.
Da oggi Grillo ha una responsabilità infinitamente superiore a quella di ieri.
Non è più solo il leader del suo movimento, ma il punto di riferimento di quei milioni di cittadini (di
centrosinistra, ma non solo) che non si
rassegnano al ritorno dei morti morenti e rappresentano un quarto del
Parlamento. A costo di far violenza a se
stesso, dovrà parlare a tutti con un linguaggio nuovo. Senza rinunciare a chiamare le cose col loro nome. Ma senza
prestare il fianco alle provocazioni di un regime fondato sulla disperazione,
quindi capace di tutto.
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