sabato 6 aprile 2013

Massimo Gramellini: “La realtà schiaffeggia il potere”


da: La Stampa

Che per un attimo cali il silenzio sulle danze consumate intorno alle poltrone del potere. La realtà pulsa altrove e oggi urla. Oggi muore. Anna Maria Sopranzi e Romeo Dionisi erano una coppia intorno alla sessantina che tutti conoscevamo perché tutti ne abbiamo incontrata una al supermercato o in coda alla posta. Abitavano la vita con riservatezza, troppa riservatezza. E con dignità, troppa dignità per un mondo di vittimisti e di pagliacci.  

Il signor Dionisi era un muratore di Civitanova Marche che a sessantatré anni era stato lasciato a casa dalla ditta, ma dopo una vita coi calli alle mani non riusciva ancora ad andare in pensione. Cercava lavoro e ne raccattava soltanto briciole, mezze giornate a spezzarsi la schiena per una manciata di euro in nero. Andava bene tutto, pur di onorare il debito con l’Inps per i contributi obbligatori che avrebbero dovuto consentirgli di traghettare le sue ossa stanche sulla riva della pensione. Nel frattempo lui e la moglie Anna Maria tiravano avanti con quella di lei: meno di 500 euro al mese.  

Ma quel debito era diventato un’ossessione che toglieva il respiro a entrambi.
La paura, questo mostro che ti sale dalla pancia e ti conquista i pensieri fino a sottometterli, aveva trasformato la vecchiaia serena di un uomo e di una donna perbene in un inferno zoppicante sull’orlo della depressione. Ancora l’altro giorno il presidente del consiglio comunale di Civitanova, che abita nello stesso condominio, ha consigliato al signor Dionisi di rivolgersi ai servizi sociali, ma l’orgoglio e la dignità di una vita intera hanno impedito a quella coppia in disgrazia di rendere pubblico il proprio disagio. Nella rovina economica c’è sempre una componente di vergogna che si allea con la solitudine nell’annerire scenari già cupi. Così Romeo e Anna Maria hanno preso l’ultima decisione. Riservati e dignitosi fino alla fine, hanno scritto un biglietto di scuse e lo hanno appoggiato sul cruscotto dell’utilitaria di un’amica. «Guarda nello sgabuzzino». E nello sgabuzzino l’amica ha trovato i loro corpi appesi al soffitto. Ah, come vorrei che l’ombra - solo l’ombra - di quell’immagine venisse proiettata nelle stanze del potere, quasi un pendolo che detti il tempo a chi deve cambiare le leggi e non lo fa, a chi deve dare risposte ai deboli e non le dà, a chi deve trovare parole nuove e non ne ha, ma proprio per questo continua a usare solo quelle vecchie, intrise di caos. Come vorrei che quell’immagine diventasse il loro tormento, il loro fantasma di Banquo, mentre si accingono a celebrare i loro incomprensibili riti. Invece purtroppo l’ha vista il fratello di Anna Maria, un altro anziano solo e impaurito, che è scappato dalla scena del suicidio per correre al molo ad affogarsi, completando con un tuffo nel blu questa carneficina familiare e nazionale.

Non c’è più niente da dire. Niente. Soltanto un avvertimento alla politica, che ha già cominciato ad agitare i morti di Civitanova come miccia della prossima polemica. Che non si azzardi a utilizzarli per i suoi scopi di fazione. Il signor Romeo Dionisi, la signora Anna Maria Sopranzi e il signor Giuseppe Sopranzi non appartengono al mondo dei giocatori del potere, ma all’immensa tribù degli italiani normali che hanno lavorato una vita e che in questo Titanic di popolo hanno maturato una sorta di prelazione, un sacrosanto diritto di essere salvati per primi. In fretta. Prima che arrivino altri biglietti sul cruscotto, altri drammi inaccettabili, altri articoli dolorosamente inutili come questo. 

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