mercoledì 10 aprile 2013

Amnesty International: nel 2012 sono aumentate le esecuzioni capitali


da: La Stampa

Allarme Amnesty: il boia non si ferma
E il Giappone non avvisa più i parenti
Nel 2012 più esecuzioni che nel 2011: “La Cina impossibile da monitorare”
di Giuseppe Bottero

Due esecuzioni in più. Se i numeri sono in grado di fotografare un’emergenza, è lì che bisogna concentrarsi. Nel 2012 il boia ha colpito 682 volte. Nel 2011 erano state 680. L’unica notizia positiva- dice Amnesty, che oggi ha presentato il rapporto annuale- sta nelle condanne: 1722 sentenze capitali in 58 Paese, rispetto alle 1923 dell’anno precedente.  
Nonostante alcuni deludenti passi indietro, spiegano dall’associazione, la tendenza globale verso l’abolizione della pena di morte è proseguita. Il 2011, però, ha visto la riprese delle esecuzioni in Paesi che da tempo non facevano ricorso alla pena di morte: Gambia, Giappone, India e Pakistan. Con un aumento «impressionante» in Iraq. Questi numeri, tuttavia, non includono le migliaia di esecuzioni che Amnesty International ritiene abbiano avuto luogo in Cina, dove i dati sono mantenuti segreti. 


«I passi indietro che abbiamo visto in alcuni Paesi sono stati deludenti, ma non hanno invertito la tendenza mondiale. In molte parti del mondo le esecuzioni stanno diventando un ricordo del passato» dice il segretario generale di Amnesty International Salil Shetty. «Nel mondo solo un paese su 10 continua a usare la pena di morte. I loro leader dovrebbero chiedersi perché applicano ancora una pena crudele e disumana che il resto del mondo sta abbandonando». I primi cinque paesi in cui, nel 2012, sono avvenute esecuzioni sono, nell’ordine, Cina, Iran, Iraq, Arabia Saudita e Stati Uniti, seguiti dallo Yemen. 

I metodi di esecuzione, spiega Amnesty, hanno compreso l’impiccagione, la decapitazione, la fucilazione e l’iniezione letale. In Arabia Saudita il corpo di un uomo decapitato è stato successivamente crocifisso. Drammaticamente, i crimini per i quali nel 2012 si è mosso il boia hanno incluso anche reati non violenti. Dall’apostasia alla blasfemia, fino all’adulterio.  

L’allerta maggiore riguarda l’area Asia-Pacifico. India, Giappone e Pakistan hanno ripreso le esecuzioni dopo un lungo periodo. Ancora una volta, la Cina ha messo a morte più persone che il resto del mondo insieme. Una crescita allarmante c’è stata in Iraq, dove sono state messe a morte almeno 129 persone. Il doppio rispetto all’anno precedente. In America le esecuzioni sono state 43, in nove stati. A fronte dei progressi dell’Africa subsahariana, Amnesty punta il dito contro la Bielorussia, l’unico Paese nella regione Europa-Asia centrale a non aver mai fermato il boia. Le tre condanne a morte sono state eseguite in forma segreta. 

«I governi che usano ancora la pena capitale non hanno più scuse- attacca Salil Shetty-. Non c’è più alcuna prova che indichi che la condanna a morte abbia un potere deterrente speciale contro il crimine. La vera ragione per l’uso della pena di morte può spesso essere trovata altrove. Nel 2012 abbiamo ancora una volta assistito con grande preoccupazione all’uso della pena di morte per quelli che sono sembrati essere scopi politici, o come misura populista o come strumento di repressione».  

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