da: Il Fatto Quotidiano
Letta sono due. Non Gianni ed Enrico. Ci
sono proprio due Enrico Letta. Come certi medicinali, uno è a uso esterno, da
esibire agli elettori nelle campagne elettorali, tutto accaldato e tonitruante
contro B. E l’altro a uso interno, tutto cerimonioso e ossequiente con B., da
mandare alle trattative col Pdl (di solito con lo zio Gianni: più che
trattative, ricongiungimenti familiari) e all’occorrenza da nominare capo del
governo di larghe intese. Sul Letta modello A fanno fede le citazioni testuali
che abbiamo raccolto qui a fianco nell’editoriale a sua firma.
Sul Letta
modello B è il caso di soffermarsi, per comprendere come abbia potuto fare ciò
che lui stesso negava dinanzi agli elettori di voler fare e che persino
Bersani, con lui alle spalle nel ruolo di vice, ha rifiutato di fare. Ma
soprattutto perché B. si fida ciecamente di lui. Il sito di Radio Radicale
custodisce un prezioso reperto d’epoca: la presentazione nel 2005 del libro
dell’avvocata Giulia Bongiorno, Nient’altro che la verità sul processo Andreotti,
che dovrebbe intitolarsi “Nient’altro che la bugia” visto che accredita la
balla dell’assoluzione di Andreotti (notoriamente prescritto per il reato di
mafia commesso fino al 1980). Insieme al Divo, a Pippo Baudo, a Romiti e a
Cossiga, c’è anche Enrico Letta piuttosto ispirato: “Quante volte da bambino
ho sentito nominare Andreotti a casa di mio zio, dove passavo tutti i
capodanni e tutte le feste! Una presenza così importante che non veniva nemmeno
chiamata, definita: era la Presenza e basta, venerata da tutti. Io avevo una
venerazione per questa personalità, questa icona!”. Poi la memoria cede il
passo alla lacrima, per la grave “ingiustizia” subìta dalla venerata
Icona-Presenza, fortunatamente “andata a buon fine” tant’è che “siamo tutti qui
a festeggiare”.
Ecco: lui festeggia un politico dichiarato mafioso dalla
Cassazione fino al 1980. Un anno dopo sale a Palazzo Chigi con Prodi, rilevando
dallo zio Gianni la poltrona di sottosegretario alla Presidenza, per
tenergliela in caldo due anni e ricedergliela come nuova nel 2008. Nel
frattempo però ha l’occasione di ben meritare agli occhi dello zio e del di lui
padrone. Intanto dichiara che nel Pdl c’è “gente in gamba” come “zio Gianni e
Tremonti”: lui li vorrebbe tanto nel Pd, ma siccome non vengono (mica scemi),
lui pensa bene di imitarli. Gentiloni, ministro delle Comunicazioni, gli
scrive: devi cambiare le regole d’ingaggio all’Avvocatura dello Stato perché
smetta di difendere la legge Gasparri alla Corte di Lussemburgo contro i
diritti di Europa7. Scendiletta che fa? Nulla, così l’Avvocatura seguita a
difendere la Gasparri. Mediaset ringrazia e torna al governo.
Nel 2009 B. ha il
solito problema: sistemare i suoi processi col “legittimo impedimento”.
Lettino dà subito il via libera sul Corriere: “Il Pd non opporrà obiezioni al
ricorso al legittimo impedimento: consideriamo legittimo che, come ogni
imputato, Berlusconi si difenda nel processo e dal processo”. Dimentica di
precisare quale “ogni imputato”, a parte B., possa difendersi dal processo. Il
28 gennaio 2010 il Pd presenta una mozione alla Camera per le dimissioni del
sottosegretario Cosentino indagato per camorra. I banchi del Pdl sono mezzi
vuoti, sembra fatta. Ma ecco puntuale il soccorso rosso, o rosé: il gruppo Pd
fa mancare 97 voti, fra deputati assenti ingiustificati, astenuti, contrari e
usciti dall’aula proprio al momento del voto e rientrati subito dopo. Fra
questi ultimi, Letta jr. Mozione respinta con 236 No (Pdl più Lega), 138 Sì, 33
astenuti e Cosentino salvo. Nel 2012, dopo anni di berlusconismo latente,
Lettino si libera col più classico dei coming out: “Preferisco che i voti
vadano al Pdl piuttosto che disperdersi verso Grillo… Non vorrei che si
tornasse alla logica dell’antiberlusconismo e delle ammucchiate contro il
Cavaliere”. Ecco: le ammucchiate contro il Cavaliere no, invece quelle col
Cavaliere sì.
marco sei unico vai cosi'....puntuale e preciso non opinioni solo fatti....sei grande....
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