venerdì 12 aprile 2013

Berlusconi intervistato da 'Repubblica': accordo per il Quirinale con accordo per larghe intese


da: la Repubblica

Berlusconi: "Il salvacondotto non esiste.
Bene un pd al Colle, ma solo con larghe intese"
Intervista all'ex premier: per i miei processi mi affido alla Cassazione. "Un democratico al Quirinale? Siamo pronti a discuterne. Ma poi si deve fare insieme un governo"
di Claudio Tito

«Un’amnistia? Non ne ho mai sentito parlare. Io, ormai, a questi patti non credo più. Il mio giudice a Berlino è la Corte di Cassazione».
L’idea del “salvacondotto”, di uno strumento – o meglio di uno stratagemma – per chiudere con un colpo di spugna i processi di Silvio Berlusconi, è stata spesso affiancata alla trattativa in corso per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e per la formazione del governo. Quella “carta segreta” che il centrodestra avrebbe tenuto nascosta fino ad ora per lanciarla sul tavolo del negoziato nel passaggio cruciale. Un vero e proprio “scambio” per chiudere l’accordo: archiviare i guai giudiziari del Cavaliere e far partire la nuova legislatura in tutta la sua pienezza. Ed è per questo che Repubblica ha voluto chiedere direttamente all’ex presidente del consiglio se davvero esiste un percorso di questo tipo. Una soluzione che indigna l’intero centrosinistra e che il capo del centrodestra respinge. Anche se ammette che una disponibilità
a votare un rappresentante del Pd, compreso Pierluigi Bersani, per il Colle non è venuta meno. Ma ad una condizione: «Poi si deve fare insieme un governo di larghe intese».

In questi giorni, però, la possibilità dell’amnistia è stata spesso associata all’intesa per il successore di Napolitano.
«Ma io è la prima volta che ne sento parlare. È un’ipotesi di cui non ho mai discusso con nessuno. E poi io in queste settimane ho solo incontrato Bersani tra gli uomini della sinistra. In quella riunione abbiamo ragionato su quel sta succedendo in questo Paese, sicuramente del Quirinale. E basta».
Ma se questa eventualità si concretizzasse, lei accetterebbe?
«Guardi, l’amnistia è indigesta a tutti. La gente non sarebbe d’accordo. Sarebbe un modo per far arrabbiare ancora di più i cittadini».
Però un vantaggio lei lo avrebbe.

«Quale?».

I suoi guai giudiziari finirebbero in soffitta.
«Ma io non sono preoccupato dei miei processi. Anzi, non credo che certi magistrati potranno continuare con questo accanimento assurdo».
Accanimento? In che senso?
«Basti pensare a quel che stanno combinando a Milano sulla vicenda Ruby. Tutti i presunti concussi hanno negato di aver subito pressioni. Quella ragazza, poi, ha negato di aver avuto rapporti con me».
Per questo lei potrebbe cogliere l’occasione e archiviare tutto.
«All’amnistia non ci penso. Credo non ci pensi nessuno. Il problema oggi è un altro. È l’economia che è a pezzi. Di quella storia posso garantirle che non se ne è parlato. E poi dovrei anche rompere con la Lega. I leghisti sono fermamente contrari a qualsiasi tipo di amnistia, indulto etc. Tra l’altro, ormai io ho un certo allenamento nel sopportare questi processi. Se non dovessi incontrare tutti i week end Ghedini – dice sorridendo – non saprei più cosa fare».
Niente amnistia, dunque. Ma la stessa garanzia può prestarla in merito a qualsiasi altro strumento che si configuri come una sorta di salvacondotto?
«A questi accordi io non credo più. Ma come vuole che si possano fare questi accordi. Alla fine, per quanto mi riguarda, ci sono gli integerrimi giudici della Cassazione che mi hanno sempre assolto. Un giudice a Berlino l’ho sempre trovato. Anche se ho dovuto spendere un sacco di soldi per pagare le parcelle dei miei avvocati e soprattutto ho dovuto sopportare tanto fango contro di me. Come è successo con la causa sui diritti tv. Mi avevano condannato a quattro anni e mezzo e la Cassazione mi ha assolto».
Tornando al Quirinale. Se il “salvacondotto” non è una condizione, l’accordo si può trovare comunque?
«La nostra posizione non cambia. Noi siamo disponibili a individuare un presidente della Repubblica che sia di garanzia per tutti e a contribuire alla nascita di un governo in grado di affrontare l’emergenza».
Anche un capo dello Stato del Pd? In questi giorni si è fatto il nome dello stesso Bersani anche se il leader democratico si è tirato fuori dalla corsa.
«Noi siamo sicuramente pronti a discuterne, ma quando abbiamo parlato con il segretario – lo devo precisare – non è stato fatto alcun nome».
Nelle ultime ore sembra emergere una “rosa” con le candidature di Finocchiaro, Amato, Marini e Grasso. Lei chi preferirebbe?
«Ripeto: a noi non hanno ufficializzato alcun nome. Ci hanno detto che ci presenteranno una rosa, quando lo faranno allora decideremo. Al momento non sono in grado di dire altro. Dobbiamo aspettare che ci presentino queste opzioni».
Ma un’intesa su un presidente della Repubblica di centrosinistra deve comportare la nascita di un governo di larghe intese?
«Certo, questo è chiaro».
È una condizione ineliminabile?
«Se concordiamo una strada per il Quirinale, anche sull’altro lato dobbiamo trovare un raccordo in un esecutivo di larghe intese, con ministri scelti insieme. Altrimenti niente. Un governo ballerino, sostenuto da qualche gruppetto non avrebbe la forza di assumere i provvedimenti di cui il Paese ha bisogno per salvare l’economia e per trattare in Europa tutto quello che si deve modificare negli accordi dell’Ue. Perché la situazione è drammatica e nessuno può far finta di niente. Se invece si va appresso ai grillini…».
Che succede?
«Povero Paese. Ma avete visto che fanno in Parlamento? Come faranno a lavorare le Camere? Tremendo».
Il Movimento 5Stelle però ha preso il 25% dei voti.
«E infatti è sconfortante. Hanno votato un ex comico senza conoscere nessuno di quelli che hanno portato in Parlamento».

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