da: la Repubblica
Berlusconi:
"Il salvacondotto non esiste.
Bene
un pd al Colle, ma solo con larghe intese"
Intervista
all'ex premier: per i miei processi mi affido alla Cassazione. "Un
democratico al Quirinale? Siamo pronti a discuterne. Ma poi si deve fare
insieme un governo"
di Claudio
Tito
«Un’amnistia? Non ne ho mai sentito
parlare. Io, ormai, a questi patti non credo più. Il mio giudice a Berlino è la
Corte di Cassazione».
L’idea del “salvacondotto”, di uno
strumento – o meglio di uno stratagemma – per chiudere con un colpo di spugna i
processi di Silvio Berlusconi, è stata spesso affiancata alla trattativa in
corso per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica e per la formazione
del governo. Quella “carta segreta” che il centrodestra avrebbe tenuto nascosta
fino ad ora per lanciarla sul tavolo del negoziato nel passaggio cruciale. Un
vero e proprio “scambio” per chiudere l’accordo: archiviare i guai giudiziari
del Cavaliere e far partire la nuova legislatura in tutta la sua pienezza. Ed è
per questo che Repubblica ha voluto chiedere direttamente all’ex presidente del
consiglio se davvero esiste un percorso di questo tipo. Una soluzione che
indigna l’intero centrosinistra e che il capo del centrodestra respinge. Anche
se ammette che una disponibilità
a votare un rappresentante del Pd, compreso
Pierluigi Bersani, per il Colle non è venuta meno. Ma ad una condizione: «Poi
si deve fare insieme un governo di larghe intese».
In
questi giorni, però, la possibilità dell’amnistia è stata spesso associata
all’intesa per il successore di Napolitano.
«Ma io è la prima volta che ne sento
parlare. È un’ipotesi di cui non ho mai discusso con nessuno. E poi io in
queste settimane ho solo incontrato Bersani tra gli uomini della sinistra. In
quella riunione abbiamo ragionato su quel sta succedendo in questo Paese,
sicuramente del Quirinale. E basta».
Ma
se questa eventualità si concretizzasse, lei accetterebbe?
«Guardi, l’amnistia è indigesta a tutti. La
gente non sarebbe d’accordo. Sarebbe un modo per far arrabbiare ancora di più i
cittadini».
Però
un vantaggio lei lo avrebbe.
«Quale?».
I suoi guai giudiziari finirebbero in
soffitta.
«Ma io non sono preoccupato dei miei
processi. Anzi, non credo che certi magistrati potranno continuare con questo
accanimento assurdo».
Accanimento?
In che senso?
«Basti pensare a quel che stanno combinando
a Milano sulla vicenda Ruby. Tutti i presunti concussi hanno negato di aver
subito pressioni. Quella ragazza, poi, ha negato di aver avuto rapporti con
me».
Per
questo lei potrebbe cogliere l’occasione e archiviare tutto.
«All’amnistia non ci penso. Credo non ci
pensi nessuno. Il problema oggi è un altro. È l’economia che è a pezzi. Di
quella storia posso garantirle che non se ne è parlato. E poi dovrei anche
rompere con la Lega. I leghisti sono fermamente contrari a qualsiasi tipo di
amnistia, indulto etc. Tra l’altro, ormai io ho un certo allenamento nel
sopportare questi processi. Se non dovessi incontrare tutti i week end Ghedini
– dice sorridendo – non saprei più cosa fare».
Niente
amnistia, dunque. Ma la stessa garanzia può prestarla in merito a qualsiasi
altro strumento che si configuri come una sorta di salvacondotto?
«A questi accordi io non credo più. Ma come
vuole che si possano fare questi accordi. Alla fine, per quanto mi riguarda, ci
sono gli integerrimi giudici della Cassazione che mi hanno sempre assolto. Un
giudice a Berlino l’ho sempre trovato. Anche se ho dovuto spendere un sacco di
soldi per pagare le parcelle dei miei avvocati e soprattutto ho dovuto
sopportare tanto fango contro di me. Come è successo con la causa sui diritti
tv. Mi avevano condannato a quattro anni e mezzo e la Cassazione mi ha assolto».
Tornando
al Quirinale. Se il “salvacondotto” non è una condizione, l’accordo si può
trovare comunque?
«La nostra posizione non cambia. Noi siamo
disponibili a individuare un presidente della Repubblica che sia di garanzia
per tutti e a contribuire alla nascita di un governo in grado di affrontare
l’emergenza».
Anche
un capo dello Stato del Pd? In questi giorni si è fatto il nome dello stesso
Bersani anche se il leader democratico si è tirato fuori dalla corsa.
«Noi siamo sicuramente pronti a discuterne,
ma quando abbiamo parlato con il segretario – lo devo precisare – non è stato
fatto alcun nome».
Nelle
ultime ore sembra emergere una “rosa” con le candidature di Finocchiaro, Amato,
Marini e Grasso. Lei chi preferirebbe?
«Ripeto: a noi non hanno ufficializzato
alcun nome. Ci hanno detto che ci presenteranno una rosa, quando lo faranno
allora decideremo. Al momento non sono in grado di dire altro. Dobbiamo
aspettare che ci presentino queste opzioni».
Ma
un’intesa su un presidente della Repubblica di centrosinistra deve comportare
la nascita di un governo di larghe intese?
«Certo, questo è chiaro».
È
una condizione ineliminabile?
«Se concordiamo
una strada per il Quirinale, anche sull’altro lato dobbiamo trovare un raccordo
in un esecutivo di larghe intese, con ministri scelti insieme. Altrimenti
niente. Un governo ballerino, sostenuto da qualche gruppetto non avrebbe la
forza di assumere i provvedimenti di cui il Paese ha bisogno per salvare
l’economia e per trattare in Europa tutto quello che si deve modificare negli
accordi dell’Ue. Perché la situazione è drammatica e nessuno può far finta di
niente. Se invece si va appresso ai grillini…».
Che
succede?
«Povero Paese. Ma avete visto che fanno in
Parlamento? Come faranno a lavorare le Camere? Tremendo».
Il
Movimento 5Stelle però ha preso il 25% dei voti.
«E infatti è sconfortante. Hanno votato un
ex comico senza conoscere nessuno di quelli che hanno portato in Parlamento».
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