lunedì 15 aprile 2013

Ernesto Assante: Adele the voice


da: la Repubblica

Adele the voice
Il padre non l'ha mai visto, ma la vita l'ha risarcita con un amore, un figlio e un successo planetario. Il merito è suo, perché canta come nessuna al mondo
di Ernesto Assante

Non c'è bisogno di mettere in fila i numeri per raccontare il successo di Adele. No, perché non c'è nessun essere vivente che negli ultimi tre anni non abbia ascoltato, anche solo per caso, da una radio, in un negozio o dall'iPod di un passante, uno dei pezzi dei suoi due cd 19 e 21. Due album che hanno fatto di lei non una diva, ma la cantante più amata al mondo.
Figlia unica di Penny Adkins, abbandonata dal padre quando aveva solo tre anni, è cresciuta sognando la musica. E la madre l'ha assecondata con gioia: "Mia madre è stata fantastica, mi ha sempre incoraggiata, ha fatto enormi sacrifici per me, è la mia fan numero uno".

Non si può dire lo stesso del padre, del tutto assente dalla sua vita fino a qualche mese fa, quando ha rilasciato, dietro pagamento, una lunga intervista al Sun: "Dovessi mai incontrarlo, gli sputerei in faccia", dice la 24enne Adele senza mezzi termini, chiudendo definitivamente l'argomento. Facile dire,
con spiccioli di psicologia, che i problemi con gli uomini, quelli che Adele canta nelle sue canzoni, raccontandoli senza troppe finzioni, derivino dall'assenza di una figura paterna, dall'abbandono.

Ma anche questo non offrirebbe un'immagine completa, esauriente di Adele e della sua famiglia, numerosa e rumorosa: la madre ha quattro sorelle, ognuna delle quali ha figli, e spesso questi figli hanno a loro volta dei figli. "Il che spiega facilmente perché io parlo a voce alta e tendo ad essere fragorosa. è un'abitudine che ho dovuto imparare in casa, quando cercavo di farmi ascoltare al di sopra del chiacchiericcio e dei rumori di tutta la mia numerosa famiglia".
Fragorosa è un aggettivo che si sposa male con la sua musica, che al contrario è intima, sentimentale, appassionata; però dipinge bene la personalità della giovane cantante e autrice inglese. Adele infatti parla davvero a voce alta, gesticola, ride moltissimo, è tutt'altro che malinconica o austera. "I am quite loud and bolshie", dice di se stessa, cioè abbastanza forte (di volume sonoro) e ribelle (da bolshevik). "Ho una presenza notevole, quan- do entro in una stanza sono grande, alta e rumorosa".
Non si preoccupa di apparire diversa da com'è in realtà, non mette, per ora, filtri alla sua irruenta personalità. Ride volentieri anche perché la vita, sorprendentemente, l'ha premiata con tutto quello che lei desiderava avere: il successo, un amore (con l'imprenditore Simon Konecki), un figlio, del quale non ha mai ufficialmente comunicato il nome, ma che si suppone si chiami Angelo James: "La mia vita poteva essere desolata, e invece mi sono accadute le cose più incredibili in pochi anni. Come potrei non essere felice? La gente ascolta le mie canzoni e pensa che io sia irrimediabilmente triste. Si sorprendono tutti parecchio quando mi conoscono e scoprono che nella vita reale sono ciarliera, casinara, l'esatto opposto di come appaio negli album". Però, è vero, nei suoi brani la tristezza, la malinconia, il dolore sono protagonisti assoluti di un blues che colpisce chi ascolta per la sua straordinaria franchezza. "Non so perché riesco a scrivere cose così personali nelle canzoni", ammette. "Di persona non riesco a parlare dei miei sentimenti: mi è difficile perfino avviare conversazioni serie, tendo a ridere o piangere, non trovo mai le parole giuste".
E invece "le parole giuste" sono quelle che hanno reso le canzoni di 19 e 21 memorabili, soprattutto il secondo cd, co-prodotto da Paul Epworth e Rick Rubin, che racconta senza mezzi termini di un amore finito, di un cuore spezzato. E Adele lo fa alla sua maniera, con forza, resistenza, con l'indubbia volontà di guardare avanti e oltre, senza piangersi addosso. è per questo, certamente anche per questo, che milioni di persone in tutto il mondo si sono riconosciute nelle sue canzoni, milioni di cuori infranti che non hanno intenzione di essere vittime di nuovo, non vogliono soffrire più, e cercano di ricordare questa sofferenza, questo dolore, per non sbagliare di nuovo.     A questo servono le canzoni, per questo le cantiamo e le amiamo, perché ci mettono in contatto con parti di noi e della nostra vita che restano, poi, eternamente legati a qualche melodia, a una strofa. Per sempre. Ma il tempo di 21 è passato, e Adele, che adesso ha 24 anni, non ha più il cuore spezzato: anzi, l'amore circonda la sua vita, circondata a sua volta da un successo senza eguali.     Basti pensare che 21 è stato, tanto per citare qualche record, il disco più venduto negli Stati Uniti nel 2011. E il disco più venduto negli Stati Uniti anche nel 2012!
I numeri, i premi, le classifiche, i successi. Sono talmente tanti che è quasi inutile ricordarli. Immaginate un premio musicale importante, e metteteci accanto il nome di Adele, lo avrà vinto di certo. Ma i riconoscimenti non dicono nulla, in realtà, di quanto sia realmente rivoluzionario il successo di Adele. Negli anni passati, i premi li hanno vinti Beyoncé, Cristina Aguilera, Shakira, o molte altre cantanti, che, pur avendo voci straordinarie, facevano mostra di se stesse in abiti più o meno succinti, considerando importante la bellezza o la sensualità, al pari se non più della voce stessa. E le loro voci, oltretutto, non colpivano certamente il cuore. Adele, invece, è senza vergogna una "taglia forte", è vistosa ma non certo sexy, se ne frega di apparire più snella e non scala le classifiche mettendosi meno vestiti addosso.
In scena, dal vivo, è ferma dietro il suo microfono, concentrata, determinata, forte, in grado di dominare l'attenzione del pubblico senza alcun trucco, senza colpi di spettacolo, solo e soltanto con la forza della sua voce.
Dall'avvento di Madonna, negli anni Ottanta, si erano invece determinati cliché femminili molto diversi, dove a fare la differenza erano, o una vocalità esuberante e tecnicamente sopraffina, o, in mancanza di questa, una sessualità espressa possibilmente senza veli. Per una ragazza, cantare e basta non era sufficiente. Certo, oggi c'è la supremazia della voce, su tutto e tutti. La voce, celebrata dai talent show, portata a essere "strumento assoluto" del successo odierno. La voce che esce dritta dal cuore e colpisce il cervello, precisa e infallibile, che taglia le emozioni e le mette sul piatto assieme ai sentimenti. Ma non una voce qualsiasi. Troppe voci hanno spesso mentito, negli anni passati, perfettamente educate, pronte a fare bella mostra di tecnica sopraffina, capacità straordinarie, funambolismo e acrobazie. Poi, però, è arrivata Amy Winehouse e l'intero mondo ha sentito un colpo al cuore. è da li che bisogna partire per raccontare la "rivoluzione" di Adele, da quello straordinario momento in cui, con l'avvento sulle scene di Amy,  la musica, il modo di cantare è cambiato ancora una volta e i sentimenti, le emozioni, le verità hanno forzato la tecnica ad essere quello che deve, ovvero uno strumento, non un obiettivo.

Adele, nata nel 1988 con il nome di Adele Laurie Blue Adkins, londinese del quartiere proletario di Tottenham, sa benissimo che quel momento ha cambiato il corso delle cose anche per lei: "Amy Winehouse era fantastica, ha aperto la strada ad artiste come me", riconosce, ed è chiaro che senza quel cambio di tono, quella verità, quello squarcio nell'anima rappresentato dalla voce di Amy, lei oggi non sarebbe qui. I signori dell'immagine discografica l'a- vrebbero probabilmente relegata nelle seconde file, tra quelle "brave, si ma...." dove sono finite in tante, negli anni passati. "Quando ho iniziato a cantare, le case discografiche in Inghilterra cercavano le nuove Lily Allen o Kate Nash, non certo un'altra Amy Winehouse. Non una che amava cantare senza altro per la testa. Ma, dopo di lei, le cose sono cambiate, io non credo che il pubblico abbia bisogno di altro show, ce n'è abbastanza in giro. Credo voglia sentire qualcuno che canta con l'anima, prima che con la voce, ed è quello che spero di riuscire a fare io. è quello che "voglio" fare, e che ho imparato ascoltando i dischi di Etta James. è quello che Amy ha dimostrato possibile fare, anche per chi era cresciuto lontano dal blues e nel cuore di Londra".  O forse no, forse lei avrebbe avuto successo lo stesso, con la sua voce, la sua straordinaria espressività, il suo saper cantare moderno restando, però, saldamente legata alle grandi voci del passato. Si sarebbe imposta ugualmente, avrebbe messo a tacere i maghi del look e i principi del marketing facendoli piangere mentre ascoltavano le sue canzoni. "I just want to sing it", voglio solo cantare, "non voglio esibirmi con il mio corpo", insiste, e in fondo prima l'avevano detto in tante, da Barbra Streisand a Ella Fitzgerald, da Edith Piaf a Patti Smith. Lei cerca di essere tutte loro messe insieme.

Si dovrebbe dire che se c'è un artista "uncool" nella maniera più completa oggi è Adele. Per come si veste e come sta in scena, per la musica e le canzoni che canta. E al tempo stesso, la sua "uncoolness" è diventata quasi la garanzia della sua autenticità, l'elemento di forza che rende le canzoni e il suo modo di cantarle ancora più vero e credibile. Non c'è bisogno di guardarla, di vederla muoversi, basta ascoltare. Il che, per molti versi, spiega anche come mai in un periodo in cui dischi ne circolano sempre meno, Adele sia riuscita a vendere quasi 30 milioni di copie dei suoi album, oggetti obsoleti, non interattivi, fatti solo per ascoltare. Tutto questo understatement non vuol però dire che Adele non sia sensuale ("Sono una compagna ideale per un uomo: cucino bene, sono spiritosa, e amo fare sesso"), o che non le piaccia mettersi in mostra. Non si diverte camminare sul red carpet, lo ha detto spesso, ma oltre a scegliersi i vestiti ("Non ho bisogno di un consulente per l'immagine, mi sembra evidente"), ama anche moltissimo truccarsi in maniera vistosa: "I like to look like a drag queen", le piace sembrare una drag queen.
Premi, trionfi, gioie. Ma anche paura. Come quando, all'indomani della pubblicazione di 21 e dell'inizio del tour mondiale in supporto al disco, ha dovuto precipitosamente cancellare tutto e farsi rimuovere un polipo dalle corde vocali. "Quando ho iniziato ad avere problemi seri alla gola ho pianto moltissimo. Avevo paura, da morire. Tutto quello che avevo raggiunto sembrava messo in pericolo. Definitivamente. E invece ho trovato un dottore a Boston che ha scoperto il polipo e, soprattutto, mi ha fatto sentire al sicuro. E ho scoperto che in tanti colleghi hanno già avuto lo stesso problema, John Mayer, Roger Daltrey, Steven Tyler, Elton John, e tutti cantano ancora magnificamente". è andata così anche a lei: tre mesi di silenzio completo, poi, pian piano, la rieducazione. Il risultato, l'abbiamo appena ascoltato tutti nella notte degli Oscar.
Sì, perché anche il 2013 è iniziato sotto il segno di un successo che non accenna a diminuire, con la vittoria ad Hollywood: "L'ultima grande sorpresa per una ragazza di Tottenham", dice lei. "Mi bastava già avera inciso Skyfall ed aver avuto una nomination, ma arrivare sul palco e prendere la statuetta è stato francamente incredibile". E ora l'immancabile inizio del lavoro a un nuovo album. In mezzo c'è il possibile matrimonio con l'amato Simon, la voglia di trasferirsi in California (dove ha annunciato di voler prendere la patente di guida) e la vita con il piccolo Angelo.
E ora? Ora il problema è che, se prima di tutto questo era soltanto una brava cantante di Londra, adesso Adele è la più amata vocalist del mondo. E questo è un ruolo assai più difficile di quello di una semplice "cantante di successo".
Il suo lavoro, adesso, non è soltanto quello di scrivere belle canzoni, e basta. Diventa inevitabilmente anche lo sforzo di restare se stessa, di riuscire ancora a colpire il cuore di chi la ascolta. Di non tradire la fiducia di chi crede in lei, e di resistere alla quasi inevitabile trasformazione di se stessa in una diva. Insomma, di rimanere ancora un'artista in grado di raccontare la sua vita in altri album che, con estrema semplicità, portano il numero dei suoi anni: come su una carta d'identità che non potrà mai essere falsificata.
 

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