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Lettera 43
Dal mandato a tempo alla
centralità del lavoro. Tutte le idee grilline che il Pd dovrebbe considerare
per iniziare un dialogo.
Ha vinto le elezioni, ha fatto del
Movimento 5 stelle il primo partito, è diventato, grazie alla forza dei voti
ricevuti, un protagonista ineludibile della politica italiana. Tutto in questo
momento ruota intorno a Grillo, tanto che un governo che non lo considerasse
avrebbe, a prescindere da ogni alleanza possibile, vita breve. E chi ha
rivendicato, forte di essere arrivato primo ma non di aver vinto, il diritto a
formare l'esecutivo ha davanti a sé una strada strettissima, quasi
impercorribile.
Qualsiasi sia la formula alchemica:
governissmo, governo di scopo o di salvezza nazionale, il Pd rischia di
compromettere ulteriormente il già risicato consenso accreditatogli dalle urne.
Ancorché sia chiaramente un gesto che va
contro la sua natura, Bersani deve dunque venire a patti con colui che
spavaldamente gli dà del morto che cammina. Deve individuare quei temi dove, al
di là della diversità ideologica, può far convergere un idem sentire.
Obtorto collo, il segretario del Pd e
premier in pectore, deve fare di necessità virtù, trovando qualche motivo di
soddisfazione nella forzata convivenza con chi in cuor suo detesta. Insomma,
deve trovare il modo di farsi piacere almeno qualcosa di ciò che i grillini
rappresentano, delle idee che propongono e dei modi con cui le sostengono. Noi
ne abbiamo individuate dieci che possono costituire una buona premessa per
iniziare il dialogo.
1. Il
ricambio generazionale. La vittoria del M5 s ha abbassato a 48 anni l'età media
del parlamento. Ancora troppo alta, ma comunque un passo avanti rispetto alla
gerontocrazia che per molti si traduceva poi in una ultradecennale permanenza
sui suoi banchi. Per chi non ha mai smesso di predicare la necessità del
rinnovamento, ecco l'occasione per dimostrare che la sua rivendicazione non era
di facciata.
2. I
grillini sono l'antitesi della politica come professione. Scorrendo le 162
facce di coloro che si apprestano a entrare in Parlamento, se ne ha anche la
percezione antropologica. Sono visi di gente normale, fresche e non segnate
dalla lunga frequentazione del potere. Sono la rappresentazione di una
dimensione di normalità - e quindi di onestà - che da tempo non abita più
palazzi e istituzioni, e rompono quell'idea di separatezza che ha
progressivamente allontanato gli eletti dagli elettori.
3. Corollario
di questo, la concezione della politica come servizio a tempo determinato. Due
mandati si sono posti i grillini come limite massimo. Un tempo sufficiente a
resistere alle tentazione di abusare del ruolo per perseguire il proprio
personale tornaconto.
4. La
provenienza dal basso, fondata su internet come mezzo di reclutamento del nuovo
personale politico e di diffusione delle idee. Un antidoto alla cooptazione
verticistica, a dispetto anche di quello che a volte può apparire un meccanismo
decisionale che esalta il personalismo del leader. Uno strumento di democrazia
diretta che lo sviluppo del digitale esalta e favorisce.
5. La
novità nell'utilizzo della comunicazione, con lo stravolgimento di regole e
gerarchie. Grillo ne ha dato prova ribaltando il rapporto con la televisione,
per eccellenza il teatro dell'ultima campagna elettorale. Mentre gli altri
leader si mostravano docilmente succubi alla voracità dei palinsesti, il comico
ha imposto tempi e modi che lo affrancavano dalla sudditanza, consentendogli al
tempo stesso un'assidua presenza. Per la sinistra, che in tempi ormai lontani
ha sempre fatto della critica ai meccanismo dell'informazione un suo cavallo di
battaglia, un prezioso spunto di riflessione.
6. I
costi della politica. Il Movimento 5 stelle è diventato il primo partito
italiano rifiutando il finanziamento pubblico, pur sapendo di poter contare su
esigue risorse. Ha così smascherato l'ipocrisia imperante. Spacciato come una
iniziativa virtuosa per impedire il condizionamento delle lobby private, il
finanziamento pubblico è apparso in tutta la sua evidenza come il micidiale
propellente che trasforma i rappresentanti del popolo in Casta chiusa e
autoriferita.
7. Lo
sviluppo sostenibile. Al di là dell'enfatizzazione, i grillini invitano a
riflettere sul tema della crescita in termini realistici, smascherando la
concezione capitalista che non ne prevede la discontinuità. La lunga recessione
in atto è la miglior prova di come occorra ripensare l'economia in termini di
redistribuzione della ricchezza e rispetto del contesto ambientale.
8. La
concezione keynesiana, per cui lo Stato deve fare la sua parte. Grillo però
prima di tutto invita a una rifondazione dell'idea di Stato, intesa come
comunità di persone accomunata da valori condivisi e dalla loro difesa.
Naturalmente si può dissentire da questa visione, contrapponendole un approccio
liberista che confida nel mercato come supremo organismo regolatore. Ma la
crisi del sistema finanziario, e la sua ricaduta su quello industriale, induce
quanto meno a dubitare delle sue virtù taumaturgiche.
9. La
centralità del lavoro, su cui la sinistra ha da tempo abdicato e che oggi
Grillo e i suoi ripropongono con forza. Per il Pd potrebbe essere l'occasione
di riappropriarsi di uno dei temi fondanti della sua storia, ricostituendo
attorno a esso quel tratto identitario che la smania di consenso ha offuscato.
10. Il
tema dell'Europa. Al di là dei proclami sull'uscita dall'euro, Grillo ha il
merito di riportare la discussione sul fatto che processi di integrazione
monchi (la moneta unica senza unione politica, fiscale e bancaria) si traducono
per i paesi più deboli dell'eurozona in un insostenibile aggravio delle
condizioni di vita dei loro cittadini. Una questione su cui anche il Pd, ci
sono molti interventi di D'Alema in questo senso, ha posto l'accento, invocando
una comune iniziativa per rivedere parametri e obiettivi il cui raggiungimento
porterebbe intere economie e categorie sociali al collasso.
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