venerdì 1 marzo 2013

Paolo Madron: “Le 10 cose che ci piacciono di Grillo”



da: Lettera 43

Dal mandato a tempo alla centralità del lavoro. Tutte le idee grilline che il Pd dovrebbe considerare per iniziare un dialogo.

Ha vinto le elezioni, ha fatto del Movimento 5 stelle il primo partito, è diventato, grazie alla forza dei voti ricevuti, un protagonista ineludibile della politica italiana. Tutto in questo momento ruota intorno a Grillo, tanto che un governo che non lo considerasse avrebbe, a prescindere da ogni alleanza possibile, vita breve. E chi ha rivendicato, forte di essere arrivato primo ma non di aver vinto, il diritto a formare l'esecutivo ha davanti a sé una strada strettissima, quasi impercorribile.
Qualsiasi sia la formula alchemica: governissmo, governo di scopo o di salvezza nazionale, il Pd rischia di compromettere ulteriormente il già risicato consenso accreditatogli dalle urne.
Ancorché sia chiaramente un gesto che va contro la sua natura, Bersani deve dunque venire a patti con colui che spavaldamente gli dà del morto che cammina. Deve individuare quei temi dove, al di là della diversità ideologica, può far convergere un idem sentire.
Obtorto collo, il segretario del Pd e premier in pectore, deve fare di necessità virtù, trovando qualche motivo di soddisfazione nella forzata convivenza con chi in cuor suo detesta. Insomma, deve trovare il modo di farsi piacere almeno qualcosa di ciò che i grillini rappresentano, delle idee che propongono e dei modi con cui le sostengono. Noi ne abbiamo individuate dieci che possono costituire una buona premessa per iniziare il dialogo.


1. Il ricambio generazionale. La vittoria del M5 s ha abbassato a 48 anni l'età media del parlamento. Ancora troppo alta, ma comunque un passo avanti rispetto alla gerontocrazia che per molti si traduceva poi in una ultradecennale permanenza sui suoi banchi. Per chi non ha mai smesso di predicare la necessità del rinnovamento, ecco l'occasione per dimostrare che la sua rivendicazione non era di facciata.
2. I grillini sono l'antitesi della politica come professione. Scorrendo le 162 facce di coloro che si apprestano a entrare in Parlamento, se ne ha anche la percezione antropologica. Sono visi di gente normale, fresche e non segnate dalla lunga frequentazione del potere. Sono la rappresentazione di una dimensione di normalità - e quindi di onestà - che da tempo non abita più palazzi e istituzioni, e rompono quell'idea di separatezza che ha progressivamente allontanato gli eletti dagli elettori.
3. Corollario di questo, la concezione della politica come servizio a tempo determinato. Due mandati si sono posti i grillini come limite massimo. Un tempo sufficiente a resistere alle tentazione di abusare del ruolo per perseguire il proprio personale tornaconto.
4. La provenienza dal basso, fondata su internet come mezzo di reclutamento del nuovo personale politico e di diffusione delle idee. Un antidoto alla cooptazione verticistica, a dispetto anche di quello che a volte può apparire un meccanismo decisionale che esalta il personalismo del leader. Uno strumento di democrazia diretta che lo sviluppo del digitale esalta e favorisce.
5. La novità nell'utilizzo della comunicazione, con lo stravolgimento di regole e gerarchie. Grillo ne ha dato prova ribaltando il rapporto con la televisione, per eccellenza il teatro dell'ultima campagna elettorale. Mentre gli altri leader si mostravano docilmente succubi alla voracità dei palinsesti, il comico ha imposto tempi e modi che lo affrancavano dalla sudditanza, consentendogli al tempo stesso un'assidua presenza. Per la sinistra, che in tempi ormai lontani ha sempre fatto della critica ai meccanismo dell'informazione un suo cavallo di battaglia, un prezioso spunto di riflessione.
6. I costi della politica. Il Movimento 5 stelle è diventato il primo partito italiano rifiutando il finanziamento pubblico, pur sapendo di poter contare su esigue risorse. Ha così smascherato l'ipocrisia imperante. Spacciato come una iniziativa virtuosa per impedire il condizionamento delle lobby private, il finanziamento pubblico è apparso in tutta la sua evidenza come il micidiale propellente che trasforma i rappresentanti del popolo in Casta chiusa e autoriferita.
7. Lo sviluppo sostenibile. Al di là dell'enfatizzazione, i grillini invitano a riflettere sul tema della crescita in termini realistici, smascherando la concezione capitalista che non ne prevede la discontinuità. La lunga recessione in atto è la miglior prova di come occorra ripensare l'economia in termini di redistribuzione della ricchezza e rispetto del contesto ambientale.
8. La concezione keynesiana, per cui lo Stato deve fare la sua parte. Grillo però prima di tutto invita a una rifondazione dell'idea di Stato, intesa come comunità di persone accomunata da valori condivisi e dalla loro difesa. Naturalmente si può dissentire da questa visione, contrapponendole un approccio liberista che confida nel mercato come supremo organismo regolatore. Ma la crisi del sistema finanziario, e la sua ricaduta su quello industriale, induce quanto meno a dubitare delle sue virtù taumaturgiche.
9. La centralità del lavoro, su cui la sinistra ha da tempo abdicato e che oggi Grillo e i suoi ripropongono con forza. Per il Pd potrebbe essere l'occasione di riappropriarsi di uno dei temi fondanti della sua storia, ricostituendo attorno a esso quel tratto identitario che la smania di consenso ha offuscato.
10. Il tema dell'Europa. Al di là dei proclami sull'uscita dall'euro, Grillo ha il merito di riportare la discussione sul fatto che processi di integrazione monchi (la moneta unica senza unione politica, fiscale e bancaria) si traducono per i paesi più deboli dell'eurozona in un insostenibile aggravio delle condizioni di vita dei loro cittadini. Una questione su cui anche il Pd, ci sono molti interventi di D'Alema in questo senso, ha posto l'accento, invocando una comune iniziativa per rivedere parametri e obiettivi il cui raggiungimento porterebbe intere economie e categorie sociali al collasso.

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