da:
Il Fatto Quotidiano
Elezioni
2013 – E se gli italiani avessero ragione?
È norma comune fuori dell’Italia e
specialmente nell’ambito economico e mediatico europeo schernire quei poveri
italiani che hanno avuto l’audacia di sbarazzarsi del loro Primo
ministro, Mario Monti, economista esperto, e di acclamare due clown (così
li ha definiti il londinese The Economist, di solito più cauto), Beppe
Grillo e Silvio Berlusconi. La democrazia in Italia non sarebbe forse
più apprezzabile se i risultati coincidessero con ciò che auspicano i non
italiani, gli eurocrati, il Banco di Francoforte e, soprattutto, il governo
tedesco?
Piuttosto cerchiamo di
interrogarci sull’adeguatezza della scelta degli italiani: dopo tutto,
l’elettore italiano non è né più sciocco né meno qualificato di un elettore
spagnolo o francese. Iniziamo dalla disfatta di Mario Monti, economista
indiscutibilmente qualificato. Ricordiamo che non era stato eletto, ma è solo
stato un tecnocrate chiamato in soccorso da una classe politica
disorientata dal proprio debito. Non dovremmo incolpare gli italiani di non
aver concesso né consenso popolare né legittimità democratica a Monti, che
nessuno immaginava si sarebbe candidato.
Il messaggio dell’Italia vale per tutta
l’Europa in crisi: il dispotismo, seppur illuminato, non è, in tempi di crisi,
una soluzione tollerata dai popoli. Aggiungiamo che un tecnocrate capace può
affascinare gli esperti e allo stesso tempo non essere in grado di spiegare la
fondatezza della politica che lui stesso ha imposto alle masse. Ecco la seconda
ragione per il rifiuto di Monti:
la cosiddetta politica definita
di austerità era incomprensibile per i comuni mortali e i suoi risultati
visibili solo agli esperti.
Ora chiediamoci come gli italiani hanno
avuto il coraggio di rieleggere Silvio Berlusconi, mentre la politica
istituzionale europea non voleva più saperne. È che Silvio Berlusconi è
perfettamente in sintonia con gran parte della società italiana, soprattutto
con il mondo dei piccoli imprenditori che si riconoscono in lui. E questi
piccoli imprenditori, che odiano la burocrazia, le leggi e le tasse,
rappresentano ancora la spina dorsale dell’economia italiana. Senza queste
migliaia di imprenditori disseminati per tutto il paese, l’Italia
sarebbe rimasta il povero paese di cinquant’anni fa. L’innegabile successo
dell’economia italiana deve tutto a questa classe sociale e quasi nulla allo
stato.
Quanto a Beppe Grillo, l’altro clown,
quello vero, non occorre dilungarsi: va solo ricordato che il voto di
protesta raggiunge facilmente il 20% in tutte le democrazie europee, un
fronte del rifiuto che ovunque mette assieme sia l’estrema sinistra che
l’estrema destra.
Al di là delle circostanze molto locali che
occorre tener presente per capire queste elezioni, il messaggio italiano ha un
significato per tutta l’Europa. Gli europei vogliono ora una politica economica
che sia comprensibile ed efficace. Una politica siffatta pretenderebbe (lo
abbiamo più volte affermato sul nostro settimanale) non l’equilibrio dei
bilanci pubblici in sé, ma un tetto di spese massimo, o anche una riduzione
della spesa pubblica.
All’estremo, una percentuale d’imposta del
100% che pareggi tutti i bilanci: la Francia non è molto lontana con il 44% del
prelievo pubblico e un progetto fiscale del 75%. Aumentare le tasse per
pareggiare il bilancio dello Stato non può far altro che distruggere le imprese
e i posti di lavoro: le politiche cosiddette del rigore non porteranno quindi
ad una ripresa economica, a meno che il rigore non si applichi agli interventi
pubblici e non agli investimenti e ai consumi privati.
Ma siccome è più facile aumentare le
tasse che ridurre la spesa pubblica, la pressione fiscale aumenta dappertutto:
i risultati non sono convincenti. Che cosa accadrebbe, mi si potrebbe
obiettare, ai servizi pubblici e alla solidarietà collettiva se la spesa
pubblica diminuisse ulteriormente? Beh, sarebbe possibile, o anche necessario –
finalmente – privatizzare, snellire e anche incoraggiare la filantropia, questo
terzo settore né capitalista né socialista, ma utile e spesso efficace
(soprattutto negli Stati Uniti, dove dare è un obbligo morale e sociale per i
super ricchi).
Gli italiani avranno quindi fatto una buona
azione per se stessi e per tutti gli europei, se sarà compreso il loro
messaggio e se da ciò scaturirà un pensiero economico per l’Europa, che
sarebbe innovativo, legittimo ed efficace. E’ possibile.
Articolo
originale di Guy Sorman
Traduzione
di Caludia Marruccelli e Cristina Bianchi per www.ItaliaDallEstero.info
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