da: Corriere della Sera
Uno
strano decreto sui magistrati fuori ruolo
Nel
decreto del governo, la possibilità di aggirare i limiti di tempi e di assumere
incarichi nell'esecutivo
di Milena
Gabanelli e Luca Chianca
Prima di esalare l’ultimo respiro il Governo Monti deve completare
l’approvazione delle norme che riguardano il famoso decreto anticorruzione.Nell’ambito di questo decreto ce n’è una
(che già oggi potrebbe essere messa all’ordine del giorno) che riguarda i magistrati fuori ruolo, ovvero quei
magistrati chiamati a ricoprire temporaneamente un incarico presso l’ufficio
legislativo dei vari ministeri, Capo gabinetto, le Autorità indipendenti, la
Presidenza del Consiglio, ecc.
Nella maggior parte dei casi questi incarichi prevedono un nuovo
stipendio senza perdere quello
originario, fermo restando l’obbligo
a ritornare al loro posto dopo 5
anni. Nel tempo gli anni sono diventati 10, ed ora il Governo sta per varare:
1) la possibilità di raggirare questo
limite,
2) la possibilità di non essere più “terzi” rispetto all’esecutivo assumendo anche
incarichi di gestione all’interno dello stesso.
Cosa significa? Che dopo l’approvazione della norma il magistrato potrà fare il Direttore delle Agenzie, per esempio
l’Agenzia delle Entrate, delle Dogane, oppure il capo dipartimento dei
Ministeri, per esempio dell’Agricoltura o dello Sviluppo Economico, aprendo
così la strada ad una possibile
situazione
di conflitto permanente di interessi fra organi dello Stato.
Ma perché un magistrato dovrebbe poter
gestire il portafoglio dell’industria italiana? Non dovrebbe essergli
consentito poiché appartiene alla funzione giurisdizionale, che per sua natura
è super partes e per definizione è organo terzo rispetto agli interessi
pubblici da gestire. La legge non dovrebbe pertanto consentire al magistrato di
assumere ruoli di gestione che spettano all’esecutivo! Dovrebbe prima
dimettersi, e poi, da libero cittadini, va a fare quello che vuole.
E come viene superato il limite massimo dei 10 anni in fuori
ruolo? Scrivendo nella norma: “i
magistrati ordinari contabili, amministrativi, militari, gli avvocati e i
procuratori dello Stato che ricoprono cariche apicali o semiapicali presso organi
o enti partecipati o controllati dallo Stato sono comunque collocati obbligatoriamente in aspettativa senza
assegni”.
Un linguaggio
ambiguo e furbo che permette di superare ogni vincolo temporale, poiché
sull’”aspettativa senza assegni” la legge anticorruzione non ha apposto nessun
limite. In altre parole: se oggi il Sottosegretario di Stato alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Antonio
Catricalà, sarebbe costretto a
tornare a fare il giudice perché ormai sono passati 10 anni da quando è in
fuori ruolo, con questa norma potrebbe fare il Presidente di Eni o
Finmeccanica, o all’Enel, o alla Rai, senza
tagliare il cordone ombelicale con la magistratura.
Ma chi
in Presidenza del Consiglio ha predisposto il decreto legislativo in corso
di approvazione? Sappiamo che Catricalà
“filtra” le carte da portare a Monti, sappiamo che il ministro della Funzione Pubblica (Filippo Patroni Griffi),
che annovera tra le sue competenze quelle di carattere ordinamentale come la
norma in esame, è lui stesso un Consigliere di Stato in fuori ruolo, come lo è
il suo capo gabinetto (consigliere Garofoli), ma chi abbia “cucinato” questo
piattino, e in quali stanze .. impossibile saperlo.
Se poi si considera che i magistrati in
fuori ruolo sono 227, e che gli uffici di provenienza sono il Tar, il Consiglio
di Stato, la Corte dei Conti, non si può eludere la domanda: con quale
indipendenza verranno giudicati i ricorsi contro gli atti di gestione approvati
da magistrati che saranno al contempo Capi dipartimento di Ministeri o Presidenti
di Società a partecipazione pubblica? Magistrati in palese conflitto di
interessi e che abdicano alla loro funzione di terzietà. Siamo sicuri che lo
spirito che animava il decreto anticorruzione era questo?
È questo il decreto che il governo Monti vuole lasciare in eredità ai suoi
successori?
Replica
del Sottosegretario Catricalà
«Vorrei chiarire quattro punti relativi
all'articolo:
1) non sono "costretto" a tornare
a fare il magistrato ma sono onorato di poterlo fare. Dopo aver vinto un
difficile concorso di secondo grado ed essere stato chiamato a svolgere
incarichi per i quali era richiesta, in alternativa con altre, la qualifica di
consigliere di Stato, ho chiesto e ottenuto di essere assegnato a una sezione
consultiva che non si occupa di Presidenza del Consiglio dei Ministri né di
Antitrust. Proprio per evitare conflitti di interessi.
2) sono assolutamente convinto che un
magistrato non possa essere autorizzato a svolgere funzioni di amministratore o
presidente di qualsivoglia società commerciale, né in ruolo né fuori ruolo né
in aspettativa, ma debba, per svolgere quelle attività, abbandonare la toga. È
un dovere morale prima ancora che giuridico.
3) lo schema di decreto non istituisce un nuovo caso di aspettativa ma si
limita a richiamare la disciplina già vigente dell'art. 23 bis del d.lgs. n.
165 del 2001. È una regolamentazione severa che rimette ai consigli superiori
delle singole magistrature di valutare la compatibilità dell'aspettativa con le
esigenze del servizio.
4) lo schema di decreto, che ha ricevuto parere favorevole della commissione
parlamentare, restringe di molto la possibilità di svolgere incarichi esterni,
perché il numero dei fuori ruolo possibili è limitato presso ogni magistratura.
Dal momento di entrata in vigore del decreto i vari incarichi part time (che
sono la quasi maggioranza) non saranno più autorizzabili. Per questo la bozza
ha molti nemici.»
Antonio
Catricalà
Replica
di Milena Gabanelli
«Prendo atto con piacere che il
Sottosegretario Catricalà tornerà "in ruolo" e che qualora dovesse
accettare un incarico presso "qualsivoglia società" si dimetterà
dalla magistratura. Se lo schema di decreto si limita a richiamare la normativa
vigente significa che i magistrati possono "continuare" ad avere
ruoli di gestione, e quindi si persevera ad invadere la sfera dell'esecutivo.
Perché
non cancellare la norma sull'aspettativa non retribuita e stabilire
invece per legge il tetto massimo di fuori ruolo autorizzabili
annualmente?
Ciò detto, le leggi devono essere scritte
per essere capite. Invece sono scritte per essere da voi interpretate, e la
storia ci insegna che vengono interpretate a seconda della convenienza
(vostra)». M. G
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