da:
La Stampa
La
solita Italia, tutti di corsa sul carro di Grillo
Da Artom a Vendola ai giovani turchi
improvvisamente aperti. Lavia, Venditti, Allevi e Battiato: volevo
telefonargli, ma poi...
di Mattia
Feltri
Oh che bello Beppe Grillo! Quanto piace,
Beppe Grillo: all’intellettualità più vitale, all’imprenditoria più illuminata,
agli artisti più impegnati e naturalmente ai politici che si assumono le loro
responsabilità e scoprono un ruolo da pontieri. Di colpo, in fondo. Diciamo da
una decina di giorni, da lunedì sera/martedì mattina della settimana scorsa, si
svelano quotidianamente fervidi sostenitori della rivoluzione dal basso.
L’altra sera, per dire, Arturo Artom - uomo di telecomunicazioni con fama di
innovatore - è comparso a Piazzapulita portando il titolo di imprenditore
grillino, sebbene fosse alleato di Silvio Berlusconi sino alla vigilia del
voto. Lo stesso Artom che quando era leader del suo Rinascimento italiano rimproverava
Grillo perché «anche il M5S chiude la selezione per i candidati alle Politiche
unicamente ai militanti». La febbre però è salita. Le elezioni sono andate come
sono andate. Uno pragmatico, Nichi Vendola, successivamente ad analisi è
evoluto da «Grillo è un populista», «Grillo appartiene alla cultura delle
macerie» e la sua parabola ricorda «il preludio al fascismo» - mica niente - a
«Grillo non rappresenta nessuna delle varianti del passato», quindi «va preso
sul serio» e anziché Mussolini «ricorda Pannella».
È una febbre, sì, e percorre la Puglia. Il
sindaco di Bari, Michele Emiliano, uno che per la verità Grillo lo ha sempre
guardato con occhio curioso, è ora giunto al parallelo funambolico: «Il premier
deve essere Grillo, rappresentante del primo partito italiano. Sarebbe come
Ronald Reagan». Forse l’obiettivo era la suggestione, e allora raggiunto. Ma
qui si scaldano cuori che si credevano di marmo. Uno come Stefano Fassina a
settembre descriveva Grillo pari al ceffo che «ha imparato benissimo la lezione
dell’aggressione e del vittimismo», un «totale irresponsabile», «come
Berlusconi»; fermi tutti, ora c’è da fare un governo, assumersi le
responsabilità, di nuovo e per sempre, e dunque il Fassina di oggi è con Matteo
Orfini (un altro transitato da «per me Grillo e Berlusconi sono la stessa cosa»
a «ora a Grillo faremo proposte chiare per risolvere alcune emergenze del
Paese») l’offerente dell’esecutivo all’ex mostro, e se dice no si torni a
elezioni. Ma un’intesa così è persino poco, «non basta allearsi - dice
Salvatore Settis, prestigioso storico dell’arte - è arrivato il momento che la
sinistra italiana si sieda a un tavolo con Grillo per rileggersi insieme la
Costituzione», e magari rileggere i passaggi sull’assenza di vincolo di
mandato.
Tutti vogliono Grillo. Tutti amano Grillo.
Aiuto, ci scrivono mail «allo scopo di ottenere un qualche tipo di legame»,
cioè di raccomandazione, dicono dal MoVimento. Di ogni febbre il termometro più
straordinario è la Rai, dove sta nascendo un gruppo dei Giornalisti Liberi a
Cinque Stelle. Liberi di essere grillini, niente di nuovo: li guida un
redattore del Televideo, Fabrizio De Jorio, che indica in Maria Grazia Capulli
del Tg2 il suo volto più noto (lei però smentisce: «Non ho niente contro
Grillo, ma da una vita dico che dobbiamo svincolarci dai partiti: se c’è un
diretto riferimento al M5S io non ci sto»). E poi il vento soffia sempre in
faccia ad attori, cantanti e acrobati. Franco Battiato dice che Grillo «ha
un’intelligenza politica notevole», e prima del voto voleva anche chiamarlo ma
poi... Gabriele Lavia nutre una incondizionata simpatia e conserva una sola
perplessità: «Non so usare il computer». Raffaella Carrà crede fermamente
«nella sua rivoluzione e spero la porti avanti». Antonello Venditti condivide
«l’aspetto morale» del MoVimento. Il compositore Giovanni Allevi vive una nuova
identità: «Sono il Beppe Grillo della musica». Le iscrizioni sono aperte.
Nessun commento:
Posta un commento