da: la Repubblica
Dopo
5 ore di camera di consiglio, i giudici hanno ritenuto “irrilevanti” e
questioni di incostituzionalità delle norme tributarie e respinto il ricorso
della difesa: diventa definitiva la condanna pronunciata nell'ottobre scorso
dalla Corte di Appello di Milano dopo il ricalcolo ordinato dalla Suprema corte
a conclusione del processo Mediaset. Il Cav dovrà anche pagare le spese
processuali.
La Corte di Cassazione ha confermato
definitivamente la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici
per due anni nei confronti di Silvio Berlusconi nel
processo Mediaset. L'ex premier era già stato condannato con sentenza
irrevocabile per frode fiscale alla pena principale di 4 anni di reclusione (tre
coperti da indulto).
Dopo 5 ore di camera di consiglio, i giudici, presieduti da Claudia Squassonihanno ritenuto "irrilevanti" i motivi del ricorso presentato dal Cavaliere e hanno accolto le richieste del procuratore generale della Corte di cassazione, Aldo Policastro, che aveva chiesto la conferma dei due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi, comminati lo scorso ottobre dalla Corte di Appello di Milano dopo il "ricalcolo" ordinato nell'agosto scorso
dalla stessa Corte suprema. Quel verdetto aveva ridotto a 2
anni l'originaria interdizione dai pubblici uffici pari a 5 anni. La corte ha
anche condannato Berlusconi a pagare le spese processuali.Dopo 5 ore di camera di consiglio, i giudici, presieduti da Claudia Squassonihanno ritenuto "irrilevanti" i motivi del ricorso presentato dal Cavaliere e hanno accolto le richieste del procuratore generale della Corte di cassazione, Aldo Policastro, che aveva chiesto la conferma dei due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi, comminati lo scorso ottobre dalla Corte di Appello di Milano dopo il "ricalcolo" ordinato nell'agosto scorso
Per il pg, la pena accessoria relativa alla
condanna per frode fiscale inflitta al Cavaliere nell'ambito del processo Mediaset "corrisponde
ai criteri costituzionali". Per questo aveva chiesto alla terza sezione
penale della Corte di cassazione di rigettare il ricorso presentato dai legali
di Berlusconi che avevano chiesto l'annullamento della pena accessoria o, in
subordine, il ricalcolo a un anno.
Secondo il pg, tra i motivi che rendevano inammissibile il ricorso e l'annullamento della pena "incide anche il fatto che l'estinzione del debito tributario non è ancora avvenuta, e non è stata chiesta neanche la remissione in termini". Per il pg non sussisteva neanche "l'invocata terzietà e impossibilità di adempiere", mentre sul fronte della determinazione della pena accessoria "la quantificazione della pena non è sindacabile in questa sede così come determinata in appello ovvero in base a circostanze oggettive accertate".
Non aveva rilevanza, per il pg, neanche l'invocata prescrizione perché comunque "si deve tenere presente che la condotta è in ogni caso ascrivibile al ricorrente". In conclusione, per il procuratore generale della corte di Cassazione, "la determinazione della pena in due anni di interdizione dai pubblici uffici corrisponde a criteri previsti dalla Costituzione" e dunque il ricorso di Berlusconi andava respinto.
La difesa di Berlusconi, rappresentata dagli avvocati Franco Coppi e Niccolò Ghedini, aveva chiesto invece alla corte di trasferire gli atti alla corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo oppure di inviare gli atti alla Corte Costituzionale o disporre un nuovo processo d'Appello. In particolare, i due legali avevano consegnato alla Suprema corte una nota di udienza citando il recente verdetto della Corte di Strasburgo che, lo scorso 4 marzo, ha sancito una violazione dei diritti di Luigi Gabetti e Franzo Grande Stevens nell'ambito del processo Ifil-Exor in quanto giudicati e puniti due volte per lo stesso reato.
Nessun commento:
Posta un commento