da: Il Fatto Quotidiano
La prima volta che Angela Merkel si disse
“colpita” da un politico italiano fu il 4 luglio 2006, nello stadio di
Dortmund, durante la semifinale dei Mondiali di calcio fra Italia e Germania
(2-0). Il politico italiano era il premier Romano Prodi. “La Cancelliera –
raccontò poi Napolitano a Repubblica – è simpaticissima: mi ha detto che a tre
minuti dalla fine del match Prodi le ha confidato di odiare i rigori, e
immediatamente l’Italia ha segnato: cosa che l’ha colpita moltissimo. È il
famoso ‘fattore C’, come si dice. Prima di partire ho pregato Prodi di
prestarmelo’…”. Quindi frau Angela era rimasta colpita dal culo di Prodi.
Da allora, ogni volta che vede un politico
italiano, rimane regolarmente “colpita” o “impressionata”. È come se avesse un
modulo unico prestampato prêt-à-porter da usare negli incontri con i nostri
statisti (tanto i giornali italiani si bevono tutto). Anche per una questione
pratica, di comodità. Lei è lì dal 2005, mentre i nostri premier cambiano alla
velocità della luce: in nove anni di Cancellierato, ha visto avvicendarsi a
Roma Berlusconi, Prodi, ri-Berlusconi, Monti, Letta Nipote e Renzi.
Nel marzo 2007 la Merkel viene a Roma e
Prodi e Veltroni la portarono a spasso per musei. Alla fine indovinate cosa
dice? “Sono rimasta molto colpita”. Nel
2008 riceve il Cainano a Berlino e lì
fa un’eccezione: né impressionata né colpita, anche perché l’incontro va
malissimo. L’italiano tenta di venderle il fondo salva-Stato di Tremonti e lei
non ne vuole sapere. Alla fine parla solo lui, millantando uno strepitoso
successo: “Con la Germania stiamo collaborando molto bene. Abbiamo il vantaggio
di appartenere alla stessa famiglia della democrazia e della libertà del Ppe,
con Angela siamo seduti spalla a spalla nel Consiglio europeo e finora non c’è
stata decisione che io ricordi in cui le nostre posizioni sono state diverse”.
Di lì a tre anni, dopo i cucù e le altre figurone, viene seppellito dalla
famosa risata Merkel-Sarkozy. Nel novembre 2004 tocca a Monti, a Strasburgo: la
Merkel si dice “molto impressionata dalle misure” ovviamente “strutturali” che
il sobrio professore le ha appena illustrato.
I vignettisti si scatenano a immaginare il
Prof che spalanca il loden facendole strabuzzare gli occhi con le sue misure. I
giornali si bevono tutto: “La Merkel promuove Monti”. Anche perché Monti ha
appena incontrato il presidente francese Hollande e, a quel che scrive la
stampa nostrana, ha stretto un “asse”, anzi “un patto italo-francese” per
mettere all’angolo la Merkel, naturalmente “per la crescita”.
Aprile 2013, è la volta di Letta. Angela si
dice “colpita”, “rallegrata”, addirittura “gioiosa” per “la collaborazione che
inizia: ogni Paese deve fare i propri compiti e l’Italia ha già compiuto un
pezzo di strada”. Seguono le solite giaculatorie su “rigore e crescita”,
“fiscal compact e lavoro”, “finanza solida e sviluppo”. Il Nipote però fa il
duro: “Manterremo gli impegni, ma i modi e le forme con cui troveremo le
risorse è roba nostra e non devo spiegarla a nessuno”. Si autoconvince di aver
piegato la Cancelliera: “Mi è sembrata sensibile all’esigenza di crescita: o
cresce l’Europa tutta, o nessuno si salva da solo”. La stampa italiana ci
ricasca: “La Merkel promuove Letta”. Anche perché l’indomani Letta vede
Hollande e – almeno a leggere i giornali italiani – è subito “asse
franco-italiano” per gabbare la Cancelliera, oltreché naturalmente “per la
crescita”.
L’altroieri a Berlino sbarca Renzi, reduce
dal vertice con Hollande per l’immancabile “patto”, anzi “asse italo-francese”
per fregare la Merkel sulla “crescita”. E, sebbene al posto del loden sfoggi un
cappottone siberiano modello Totò e Peppino divisi a Berlino, fa colpo anche
Matteo. Come si sente, dopo, la Merkel? “Molto colpita e impressionata dalle
riforme molto ambiziose”. Riforme come? “Strutturali”, ça va sans dire. Per far
che? Coniugare “rigore e crescita”, mancherebbe. E i giornali (italiani) che
dicono? “La Merkel promuove Renzi”. Allora è fatta.
In politica le parole contano ma solo per gettare fumo negli occhi. Ciò che conta sono i fatti che fanno la differenza.
RispondiEliminaDa noi in Italia è lo stesso, ma con la propensione a fare molte più chiacchiere senza fatti perchè, furbescamente si ritiene che lasciare i problemi come sono, rende di più elettoralmente.
Fare vuol dire cambiare. Cambiare vuol dire scontentare qualcuno. Scontentare vuol dire perdere credibilità e consenso popolare. Perdere consenso popolare vuol dire dimostrare di non essere un buon politico.
Questo é "BIZANTINISMO ITALICO" .
Non fare nulla per continuare a sopravvivere politicamente.