da: la Repubblica
Quel
messaggio ai violenti: da oggi nessuno può sperare nell’impunità
di Michela
Marzano
«La sentenza è giusta. Anche se nulla potrà ripagarmi». È con queste parole che Lucia Annibali ha commentato la sentenza di condanna del suo ex fidanzato, che aveva pagato due sicari per aggredirla con l’acido. Vent’anni di reclusione per stalking e tentato omicidio, come era stato richiesto dal pubblico ministero. Per punire in modo esemplare un crimine esemplare. E mostrare così, speriamo una volta per tutte, che la violenza contro le donne non può restare impunita, che gli uomini violenti non possono più farla franca, che la giustizia, anche in Italia, può fare il proprio lavoro. Certo, nulla potrà mai ripagare Lucia per la sofferenza e l’umiliazione subite. Nulla potrà mai ridarle quello che ha perso per sempre. Nulla potrà cancellare quei mesi di lotte per non lasciarsi travolgere dal dolore ed andare avanti. Ma, adesso, Lucia non sarà più solo un simbolo delle violenze contro donne. Sarà anche il simbolo di una giustizia che, senza cadere nella trappola della vendetta, riconosce alle vittime della brutalità maschile il diritto di essere prese sul serio.
Certo, il dramma delle violenze che tante
donne subiscono quotidianamente non si risolve solo attraverso la punizione.
Come accade ogni volta che si è di fronte ad un problema strutturale, per
affrontare adeguatamente questa piaga contemporanea è necessario anche
cominciare ad agire sulle cause, organizzando un serio piano di prevenzione. Si
dovrà, prima o poi, affrontare concretamente la questione della riscrittura
della grammatica delle relazioni affettive, insegnando a tutti, fin da piccoli,
la necessità del rispetto dell’alterità e della dignità di ogni essere umano,
indipendentemente dal sesso, dal genere o dall’orientamento sessuale. Si
dovranno finanziare i centri anti-violenza e proteggere le vittime. Si dovrà
trovare il modo per aiutare quegli uomini che, rendendosi conto della propria
incapacità a controllare l’aggressività e la frustrazione, cercheranno il modo
per evitare di passare un giorno all’atto. Ma come fare a portare avanti
strategie di questo tipo se non c’è prima l’azione effettiva e simbolica della
legge che interviene per punire i colpevoli?
Condannare i colpevoli e applicare la legge
è il primo passo per lottare contro le violenze di genere. Non tanto e non solo
per riparare i torti, perché quelli, molto spesso, non possono essere riparati.
Quanto per dare a tutti un segnale chiaro e preciso: ci sono cose che non si
fanno, crimini che la nostra società non è disposta a tollerare, gesti che
saranno duramente sanzionati. Nulla è peggio del sentimento di impunità, quel
“tanto poi non succede niente” che ha fino ad ora permesso a tanti uomini
violenti di continuare ad agire come prima, di non rimettersi mai in
discussione, di pensare che non ci fosse nulla di male a perseguitare o picchiare
una donna, a deturparla col l’acido o ad ucciderla. Troppe volte gli uomini
maltrattanti ne sono usciti indenni. Troppe volte le donne vittime non sono
state ascoltate. Troppe volte sono state lasciate sole, talvolta anche rese
responsabili di quanto stavano subendo.
Lucia Annibali porterà per sempre con sé i segni della violenza subita. Quell’acido ricevuto in pieno viso per deturparne i contorni e le forme. Quella volontà di cancellarne la specificità, costringendola all’anonimato dell’informe. Ma sarà anche, e per sempre, il simbolo della capacità che tante donne hanno di battersi e di andare avanti per riconquistare la propria soggettività. Sarà anche, grazie alla sentenza di ieri, il simbolo di una giustizia che accoglie e riconosce veramente il dolore delle vittime, punendo i carnefici in modo esemplare.
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