La
neutralità della rete : che cos’é e perché stiamo rischiando di perderla
di Luca
Belli
La neutralità della rete é un principio di
non discriminazione, essenziale perché Internet continui ad essere libera e
sfuggire al controllo di entità private ed alla censura di governi autoritari.
Per capire il valore fondamentale di questo
principio tecnogiuridico bisogna capire che cos’é e come funziona Internet. Non
é facile ma neanche impossibile. Nel prossimo paragrafo, mi sono sforzato di
semplificare dei concetti tecnici alquanto complessi. Gli esperti possono
evitate un inutile supplizio e passare al paragrafo successivo. I non-esperti
troveranno qualche elemento utile al fine di comprendere come funzione la Rete
che utilizzano quotidianamente ed acquisire la base concettuale necessaria a
cogliere la rilevanza della neutralità della Rete.
Internet
for beginners
Internet é un’inteconnessione di reti
autonome (per questo definita “inter-network”) a vocazione modiale. Inoltre,
questa “rete di reti” é strutturata su più livelli, ai quali sono attribuite
funzioni diverse. Ogni informazione trasmessa
tramite Internet é digitalizzata
da un’applicazione che si trova sul livello superiore e frammentata in
“pacchetti di dati” o datagrammi che percorrono i livelli inferiori e sono
veicolati attraverso i vari networks che compongono Internet, gestiti da dei
fornitori di accesso a Internet (i quali sono spesso anche operatori
telefonici).
Cio’ che é importante notare é che, sin da
principio, la struttura di Internet ha “decentralizzato” l’intelligenza delle
Rete, dando vita a un’architettura logica definita end-to-end. Ma
che cosa significa? Singnifica che, sapendo che la trasmissione dei datagrammi
avrebbe potuto subire dei problemi tecnici (anche le reti possono incepparsi),
si é deciso di decentralizzare il trattamento delle informazioni al livello
delle applicazioni che operano nello “strato superiore”, implementato alle
“estremità” della Rete, ovverosia nei computer utilizzati dagli utenti.
Questa scelta é stata fondametale per il
funzionamento di Internet perché, invece di attribuire agli operatori la
possibilità di controllare come la rete possa essere utilizzata dai propri
utenti, ha fatto si che gli utenti siano in grado di utilizzare Internet come
vogliono ; di “ricevere e comunicare informazioni ed idee senza che vi possa
essere ingerenza” ;
ma soprattutto di diffondere innovazione senza dover chiedere il permesso a
nessuno.
In sostanza questo principio ha costretto
gli operatori ad aprire le loro reti all’innovazione, ed ha permesso agli
utenti di Internet di essere dei partecipanti attivi e non dei meri spettatori
passivi. Ed I benefici di una tale scelta strutturale sono più che evidenti.
Ma
allora che cos’é la neutralità della Rete?
Il carattere aperto e decentralizzato della
struttura logica su cui si articola Internet é all’origine del suo incredibile
potenziale economico, sociale e – la primavera araba docet – politico. Ed il
corollario di quest’organizzazione aperta e decentralizzata é una trasmissione
neutra – ovverosia non discriminatoria – di ogni tipo di pacchetto di dati
comunicato e ricevuto dalle varie applicazioni utilizzate dagli utenti. Questo
trattamento non discriminatorio é la neutralità della rete ed il dibattito
concernente questo principio dura da ormai quasi quindici anni.
Dov’é il problema? Il problema é che
l’évoluzione technologica degli ultimi quindici anni ha permesso agli operatori
di perfezionare le proprie capacità di gestione del traffico Internet e,
talvolta, di gestire i flussi di dati in maniera discriminatoria. Tutti gli
operatori gestiscono il loro traffico Internet e hanno il diritto di farlo – e
spesso devono farlo – per diverse ragioni tecniche (sicurezza ed integrità
delle proprie reti) o giuridiche (per esempio, quando l’accesso a determinati
contenuti illeciti dev’essere bloccato per ordine della magistratura).
Ma quello che gli operatori non possono e
non devono fare é bloccare, filtrare, rallentare o priorizzare delle
applicazioni o dei datagrammi specifici per delle ragioni puramente economiche.
Infatti, un tale trattamento discriminatorio determina delle evidenti conseguanze negative sul pieno godimento della libertà
d’espressione e d’informazione degli utenti – riducendo il pluralismo mediatico
ed impedendo ad ogni individuo di formare la propria opinione liberamente – e,
parallelamente, centralizza Internet attribuendo ad un operatore la possibilità
di determinare chi puo’ diffondere delle applicazioni e dei servizi tramite
Internet e chi no.
Quando la gestione del traffico Internet
non é regolata, il fornitore di accesso ad Internet acquisisce un ruolo di
editore di Internet. In questo caso, cio’ che riceve l’utente – e per cui paga
un canone mensile –non é più Internet ma é la versione di Internet “approvata”
dall’operatore.
Perché
questo problema interessa potenzialemente ogni individuo?
La questione diviene molto più problematica
quando ci si rende conto che queste pratiche discriminatorie non sono un mero
caso di scuola ma sono estremamente diffuse in tutta Europa.
Nel maggio 2012, l’Organo dei regolatori
europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC) ha pubblicato un rapporto nel quale si elucida che 20% degli
utenti Internet europei e più del 50% degli utenti di mobile Internet
sottoscrivono dei contratti che prevedono diversi tipi di restrizioni e
trattamenti discriminatori.
Si, proprio così: un utente su cinque ed
una connessione mobile su due in Europa sono interessati da pratiche
discriminatorie.
Chiaramente, il problema consta nel fatto
che l’utente medio non ha né il tempo, né le competenze tecniche per analizzare
le clausole contrattuali che delineano, in maniera tanto trasparente quanto
indecifrabile, quali restrizioni saranno applicate. Infatti, benché dal 2009 il legislatore europeo abbia previsto
l’obbligo in capo agli operatori di fornire informazioni relative alle
condizioni che limitano l’accesso ad applicazioni e servizi, il livello di
comprensibilità di tali informazioni non é specificato.
Ergo, fatto salvo il caso in cui l’utente
sia un appassionato di clausole contrattuali ed abbia le competenze per
comprendere il loro contenuto technico, l’ovvia reazione dell’utente
impossibilitato ad utilizzare un’applicazione od accedere a un servizio
consiste a supporre che l’applicazione od il servizio “non funzionino”
piuttosto che realizzare che in quello stesso momento la propria libertà di
scelta é ristretta – senza alcuna base giuridica – dal proprio operatore.
Ma
non é finita qui.
Lo scorso settembre la Commissione europea ha proposto un nuovo Regolamento concernente il
mercato unico delle telecomunicazioni il quale prevede delle disposizioni volte a disciplinare la
gestione del traffico Internet e
“proteggere” il principio della neutralità della Rete.
Questa sembra essere prima facie
un’eccellenta notizia. Purtroppo, le manifastazioni di giubilo dovranno
attendere. Infatti, anche se la proposta iniziale é stata emendata, eliminando
le disposizioni più controverse, la regolamentazione dei cosiddetti “servizi
specializzati” rischia di essere utilizzata come cavallo di troia al fine di
vanificare la protezione della neutralità della Rete.
I servizi specializzati rappresentano
infatti un’eccezione al principio di neutralità della Rete poiché permettono la
trasmissione di un servizio specifico (per esempio, la trasmissione video ad
alta definizione) ad un livello di qualità garantita, differnziandosi quindi
dalla trasmissione best-effort che caratterizza
Internet. Ergo, tecnicamente, i servizi specializzati non sono considerabili
come Internet.
In questa prospettiva, il BEREC ha
evidenziato chiaramente, in un rapporto pubblicato nel novembre 2012, che i servizi specializzati devono essere
separati dall’Internet aperta e neutra per evitare che la banda passante sia
destinata principalmente a dei servizi a qualità garantita a danno della
qualità di Internet. Infatti, il BEREC ha esplicitamente sottolineato che quando
i servizi specializzati non sono separati (logicamnete o fisicamente) da
Internet, la qualità di Internet rischia di essere ridotta e, parallelamente,
gli operatori non avranno alcun incentivo ad investire nel miglioramento
dell’infrastruttura dedicata ad Internet, poiché sarà proprio questa bassa
qualità a rendere l’offerta si servizi specializzati attraente.
Sapendo che questa possibilità é statta
elucidata in maniera cristallina dal BEREC, é inevitabile aspettarsi che il
criterio della separazione sia sicuramente incluso nella definizione dei
servizi specializzati. Ma, surprise surprise, questo criterio non stato preso
in considerazione né dalla proposta iniziale né dal progetto che sara votato
dal parlamento!
La definizione di servizio specializzato
contenuta nell’articolo 2.15 del progetto di regolamento si presta dunque a
degli evidenti abusi poiché permette di considerare potenzialmente ogni
applicazione o servizio Internet come un servizio specializzato e quindi di
priorizzarlo. E quali entità avranno la capacità finanziaria necessaria a
supportare le spese relative alla priorizzazione? La start-up italiana che
sviluppa una nuova applicazione? Il servizio publico di telemedicina?
L’organizzazione a scopo non lucrativo che vuole diffondere del materiale
pedagogico o culturale? O, forse, i big players che già dominano il mercato.
Cosa
possiamo fare?
Credo che per gli italiani, uno dei pochi
elementi positivi degli ultimi vent’anni sia stato rendersi conto che la
concentrazione di potere mediatico determina delle enormi – e spesso spiacevoli
– conseguenze sociali, politiche ed economique. Infatti, come amava
sottolineare Licio Gelli,
“il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”.
La mancanza di neutralità attribuisce agli
operatori il potere di trasformare Internet in un’emittente privata e di
diventarne gli editori. E questa mutazione genetica va evitata.
Il progetto di regolamento sarà votato dal
Parlamento europeo martedi 3 aprile (sì, martedì prossimo) e poi sarà esaminato
dal Consiglio. E’ ancora possibile apportare delle modifiche al progetto ed in
una democrazia rappresentativa, i rappresentanti sono tenuti ad ascoltare la propria base elettorale se vogliono
farsi rieleggere.
La libertà su Internet rischia seriamente
di essere strappata dalle nostre mani ed é un diritto ed un dovere di ogni
cittadino europeo cercare di opporsi ad un tale esito. Io la mia Rete la voglio
libera, aperta e neutra.
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