da: Il Fatto Quotidiano
Se vuole evitare che il suo secondo
incontro a tu per tu (il primo da premier) con Angela Merkel diventi la solita
passerella inutile e provinciale di un politico italiano in gita premio, Matteo
Renzi dovrebbe chiedere alla Cancelliera qualche dettaglio sul caso di Uli
Hoeness: l’ex campione del mondo di calcio e presidente del Bayern Monaco che
si è appena dimesso da ogni incarico dopo la condanna in primo grado a 3 anni e
mezzo di carcere per una frode fiscale da 27,2 milioni. Condanna che ha deciso
di non appellare (“in linea con la mia idea di decenza, comportamento e
responsabilità personale”), ammettendo in lacrime la sua colpa, evitando di
intasare la Giustizia con ricorsi pretestuosi e preparandosi ad andare in
galera, dove dalla prossima settimana sconterà la pena per intero (lì si usa
così).
Confrontando il caso Hoeness con il caso
Berlusconi – condannato sette mesi fa per lo stesso reato in tre i gradi di
giudizio a 4 anni, di cui 3 indultati, ancora a piede libero, anzi padre
ricostituente e prossimo candidato alle elezioni europee – il premier potrebbe
trarre utili spunti per le riforme del fisco e della giustizia, da lui
annunciate per maggio e giugno (del 2014, pare). Se Hoeness fosse italiano,
griderebbe al complotto ordito dagli avversari del Borussia e del
Leverkusen,
invocherebbe la presunzione d’innocenza fino alla Cassazione, si imbullonerebbe
alla poltrona, ricorrerebbe in appello in attesa della sicura prescrizione e/o
condono, che poi gabellerebbe per assoluzione, e si butterebbe in politica.
Invece è tedesco e va in galera, anche perché condono, indulto, amnistia,
concordato e scudo fiscale sono termini intraducibili nella sua lingua. Così
come la parola prescrizione (almeno nella demenziale versione italiana, che non
parte quando viene scoperto il delitto, ma quando viene commesso, e continua a
galoppare per tutto il processo, anche dopo due condanne). Chissà se è un caso
che la Germania sia la locomotiva d’Europa e l’Italia il fanalino di coda.
Due mesi fa, come ha rivelato Gian Antonio
Stella sul Corriere , è uscito il rapporto 2013 dell’Institut de criminologie
et de droit penal, curato da due docenti dell’Università di Losanna, sulle
carceri d’Europa e dintorni. I dati del 2011 dicono che nelle carceri italiane
risiedono solo 156 detenuti per crimini economici e fiscali: un decimo della
media europea (0,4 contro 4,1%) e un cinquantacinquesimo della Germania, che ne
ha 8.601, più dei reclusi per rapina e per percosse, quasi quanti quelli per
traffico o spaccio di droga.
Nessun paese ne ha meno di noi, anche se
noi abbiamo il record europeo dell’evasione, anzi proprio per questo. “I
colletti bianchi incarcerati in Italia – scrive Stella – sono un sesto degli
olandesi, un decimo degli svedesi, degli inglesi e dei norvegesi, un undicesimo
dei finlandesi, un quindicesimo degli spagnoli, un ventiduesimo dei turchi”. Ci
umiliano persino paradisi fiscali come Montecarlo e Liechtenstein,
rispettivamente col 23 e il 38,6% di detenuti per delitti finanziari. In
Italia, com’è noto, un evasore fiscale non riesce a varcare il portone di un
penitenziario neppure se insiste: evadere paga, infatti evadono circa 10
milioni di contribuenti su 40.
Renzi è a caccia di coperture per le sue
mirabolanti promesse. E ha appena ottenuto dalle Camere la Delega fiscale,
praticamente una delega in bianco al governo. Per riempirla di cose utili, a
cominciare dalle manette (vere) agli evasori, chieda alla Merkel come si fa. E
magari si faccia raccontare di Klaus Zumwinkel, il top manager che aveva
portato le Poste tedesche al successo mondiale: accusato di evasione aggravata,
fu prelevato in manette all’alba di un mattino del 2008 da decine di agenti
speciali della tributaria che avevano cinto d’assedio il suo villone a Colonia.
Se lo spread fra Bund e Bot è calato, quello
fra giustizia tedesca e impunità italiota rimane scandalosamente invariato.
Prima di “sbattere i pugni in Europa”, ammesso che lo faccia davvero, Renzi
trovi il modo di sbattere in galera qualche migliaio di evasori. Poi ne
riparliamo.
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