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lunedì 23 dicembre 2019

Inchiesta su Open, adesso Casaleggio è un caso: riveli i suoi clienti



Polemiche sui contratti con il patron di Moby, Onorato. Che si difende: non mi aspettavo favori

«Non mi aspettavo favoritismi». Si difende così l’armatore della Moby, Vincenzo Onorato, finito sotto la lente della Uif, l’Unità antiriciclaggio di Bankitalia, per aver versato fondi alla Fondazione Open di Matteo Renzi, ma anche alla società che gestisce il blog di Beppe Grillo e alla Casaleggio associati, per consulenze di comunicazione.

«Operazioni sospette» che hanno fatto scattare un’indagine mirata ad accertare che non ci siano state contropartite normative in suo favore. Ma siccome una legge sull’imbarco dei marittimi sulle navi italiane è stata varata (e salutata con favore da Onorato) anche la Ue ha aperto un’istruttoria su presunti «aiuti di Stato» alla Moby, che ha ereditato la Tirrenia ed è titolare di una convenzione con lo Stato da 72 milioni di euro l’anno per il monopolio di alcune rotte. E così accuse di «conflitto di interessi» arrivano per voce di Anna Maria Bernini dal partito di Silvio Berlusconi, da sempre bersaglio di analoghi attacchi dai 5 Stelle.

Ma cosa è accaduto? La Moby ha stilato un «contratto di partnership» da 120 mila

domenica 22 dicembre 2019

Natale, tempo di regali: quello di Renzi ai signori delle Autostrade…


da: Il Fatto Quotidiano - di Vincenzo Iurillo

Natale, tempo di regali e di soccorso renziano ai signori delle Autostrade, come insegnano i precedenti della rivolta di ieri in consiglio dei ministri.

Riavvolgiamo il nastro al dicembre del 2017, quando il crepuscolare governo Gentiloni, con Graziano Delrio ai Trasporti e Renzi segretario del Pd, approva un emendamento ad hoc alla manovra di bilancio per salvare la quota del 40% di lavori in house alla rete autostradale, senza dover passare per le forche caudine delle gare d’appalto, chissà mai dovessero essere vinte da altre imprese.

Dopo il lungo pressing su Renzi e i sindacati, il provvedimento rende felici i Benetton e i Gavio e le loro aziende di costruzione: Itinera, Abc, Sicogen, Sea, Interstrade, Sina della famiglia Gavio e Pavimental e Spea di Autostrade per l’Italia (Benetton). Senza quell’emendamento, sarebbe definitivamente entrata in vigore una norma del codice degli appalti congelata da due anni, che vincolava al 20% i lavori in house del totale delle opere autostradali.

Per blindare l’operazione, un altro emendamento affida all’Anticorruzione (Anac) il controllo del rispetto delle quote. Il provvedimento ricalca, in sostanza, gli impegni assunti da Renzi durante il tour in treno per l’Italia, parlando con i lavoratori delle concessionarie autostradali a Casale Monferrato, terra dei Gavio. Secondo un calcolo dell’Ance, l’associazione dei costruttori, in questo modo sono stati sottratti al mercato 15 miliardi di euro di lavori.

Il filo che collega il mondo renziano ad Autostrade per l’Italia (Aspi) passa anche per lo studio legale di Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione Open e affidatario nel 2016 di una consulenza per conto della Toto Costruzioni Generali, un incarico riguardante la chiusura di un contenzioso con Aspi.

giovedì 19 dicembre 2019

Popolare di Bari, che strano il silenzio imbarazzato della politica


da: https://www.fanpage.it/ - di Francesco Cancellato
 
Il giorno dopo lo scoop di Fanpage.it tutti i giornali parlano delle frasi dei vertici della Popolare di Bari, dei “conti truccati”, dei legami con Bankitalia, delle “ragioni strategiche altissime” che giustificherebbero il salvataggio dell’istituto. Tutti, tranne la politica: Pd e Cinque Stelle gettano acqua sul fuoco, la Lega tace. Ed è un silenzio che fa molto rumore.

Tace il Pd, tacciono i Cinque Stelle, tace la Lega. Parla solamente Italia Viva, per bocca di Davide Faraone e del suo leader Matteo Renzi, che a suo tempo – va ricordato – fu l'unico a porre in tempi non sospetti la questione della Banca Popolare di Bari e a chiedere, tra mille polemiche, un cambio della guardia ai vertici di Bankitalia. E mai silenzio fu più strano e irreale di quello successivo allo scoop di Fanpage.it e alla pubblicazione delle registrazioni della riunione in cui Gianvito Giannelli e Vincenzo De Bustis, presidente e amministratore delegato della Banca Popolare di Bari, raccontano ai dipendenti che i conti della banca sono stati truccati, che la gestione degli ultimi tre, quattro anni è stata “cattiva, irresponsabile, esaltata”, ma che – tranquilli! – la banca non è in pericolo perché “per ragioni strategiche altissime” la vigilanza (Bankitalia) e la politica (il governo) hanno deciso che debba essere salvata.

Silenzio. Nonostante dello scandalo siano piene le prime pagine dei giornali e le domande siano molte, a dire il vero. La prima: non si è accorto, chi doveva vigilare, che persino i conti

martedì 17 dicembre 2019

Le larghissime intese di Salvini anti-Conte le vuole anche Renzi


da: Il Fatto Quotidiano - di Wanda Marra


Nelle conversazioni settimanali tra Matteo Salvini e Matteo Renzi è entrata anche la possibilità di un governo di unità nazionale.

La convenienza per il fu Rottamatore è evidente: scongiurerebbe le elezioni, che comunque continuano a essere un’ipotesi sul tavolo, dopo la manovra e dopo l’Emilia-Romagna. E si riposizionerebbe con il centrodestra in maniera graduale e non troppo smaccata. Più complicata la condizione di Salvini. Per lui, la strada maestra sono le urne. Ma potrebbe ancora una volta non riuscire a ottenerle, persino nel caso della caduta del governo giallorosso. Troppo forti le resistenze del Parlamento ad auto-sciogliersi. E allora, lo scenario da scongiurare con forza è quello di una legislatura che continua, con lui fuori dai giochi. Perché se le elezioni sono dietro l’angolo, può capitalizzare gli insuccessi del Conte 2. Altrimenti, il logoramento avanza.

“Mettiamoci tutti intorno a un tavolo e risolviamo le emergenze nazionali. E poi si vota”. Così ieri il leader della Lega ha ribadito la svolta riformista, dopo che sabato a Milano, con una mossa a sorpresa, aveva lanciato l’idea di un comitato di salvezza per l’Italia su cinque priorità (risparmio, infrastrutture, burocrazia, politiche di crescita e tutela della salute). Peraltro, “supportata” da un’intervista di Giancarlo Giorgetti a La Stampa, che si spinge a evocare per la guida di questo (ipotetico) esecutivo Mario Draghi.

L’ex sottosegretario l’idea di un comitato nazionale l’aveva lanciata già due mesi fa. Allora, il leader del Carroccio lo aveva sconfessato, ora sembra sposare le sue posizioni. In realtà, i

sabato 19 ottobre 2019

Marco Travaglio: “Contanti saluti al M5S”



“RenziChiediScusa”, titolava il Blog delle Stelle il 16 settembre 2016, in cima a un lungo post di Luigi Di Maio che elencava “i 10 fallimenti del governo Renzi”. Al punto 8 (“Niente lotta alla corruzione”), c’era un duro attacco sui favori agli evasori: “Ha alzato la soglia del contante sino a 3 mila euro e ha aumentato tutte le soglie di non punibilità nella sfera della grande evasione”.
Ieri, sullo stesso Blog delle Stelle, si leggeva a nome di tutto il M5S: “Di fronte alle proposte contenute in manovra, dal tetto al contante alla multa sul Pos, saremmo anche d’accordo se queste rappresentassero delle vere misure anti-evasione… Ma l’inserimento di queste misure non solo non fa recuperare risorse, ma addirittura rischia di porre questo Governo nello stesso atteggiamento di quelli del passato, che pensavano di fare la lotta all’evasione mettendo nel mirino commercianti, professionisti e imprenditori. Un segnale culturale devastante, se a maggior ragione stiamo ancora cercando l’intesa sul carcere e la confisca per i grandi evasori, cioè per coloro che evadono più di 100 mila euro. Come si può obbligare il titolare di una piccola attività familiare ad avere il Pos se poi le commissioni delle banche restano altissime? Lo stesso limite del contante non ci vede contrari, ma bisogna mettere in condizione tutti di poter usare una carta di credito”.
A parte il fatto che mai nessun governo ha “messo nel mirino commercianti, professionisti e imprenditori” evasori (semmai quelli che pagano troppe tasse anche per chi le evade), pare che i 5Stelle non parlino col premier Conte che essi stessi hanno imposto al recalcitrante Pd. E che si è impegnato, in Consiglio dei ministri e poi in un’intervista al Fatto a ridurre le commissioni sui pagamenti elettronici e a ottenere da Poste carte prepagate a costo zero: “Ho sentito gli amministratori delegati dei principali gruppi bancari e mi hanno dato ampie rassicurazioni su questo… a breve saremo in grado di definire nei dettagli la riduzione delle commissioni. Sarà coinvolto anche il circuito alternativo al sistema creditizio”.

venerdì 18 ottobre 2019

Conte vuole una riforma dell’Irpef e insiste sulla lotta all’evasione




Prima di poter abbassare le tasse «occorre recuperare risorse che adesso sono nell'economia sommersa». L'obiettivo è «pagare tutti per pagare meno». Zingaretti appoggia il premier, ma Renzi e Di Maio preparano emendamenti per cambiare la manovra in parlamento.

Il premier Giuseppe Conte è arrivato a Bruxelles e ha detto che il governo M5s-Pd sta lavorando per «riformare l’Irpef». L’obiettivo è superare le norme attuali per «abbassare le tasse, non per aumentarle». Ma il presidente del Consiglio tiene il punto sulla lotta all’evasione, da cui spera di ricavare tre miliardi di euro nel 2020. Almeno, questa è la cifra scritta nel Documento programmatico di bilancio, rispetto ai sette miliardi annunciati in un primo momento dall’esecutivo.

BATTAGLIA IN PARLAMENTO SU CONTANTI E CARTE
«Recuperare risorse che adesso sono nell’economia sommersa non significa criminalizzare nessuno», ha puntualizzato Conte, «l’obiettivo è pagare tutti per pagare meno». Ma all’interno della maggioranza sia il M5s, sia Italia Viva, stanno preparando emendamenti sul tetto all’uso del contante e sulle commissioni pagate dai commercianti quando i clienti fanno acquisti con carta di credito o bancomat.

DI MAIO TEME DI PERDERE I VOTI DEGLI AUTONOMI
Il governo di Matteo Renzi, del resto, aveva rialzato il limite per i contanti a 3 mila euro, che era stato abbassato a mille dal governo Monti. Mentre all’interno del M5s il capo politico Luigi Di Maio da una parte spinge sulle manette per i grandi evasori, dall’altra dichiara

martedì 1 ottobre 2019

Marco Travaglio: Il piacere dell’onestà


da: Il Fatto Quotidiano

Questi giallo-rosa sono dei bei tipi. Hanno l’occasione storica di cambiare l’Italia con una manovra che non solo combatte per la prima volta l’evasione, ma rende pure conveniente pagare le tasse a chi non le paga, le taglia a chi le paga e manda in galera chi continua a non pagarle. Questo è il senso del “patto con gli onesti” lanciato da Conte a tutti gli italiani: agli onesti perché lo rimangano senza sentirsi i soliti fessi, pagando meno tasse; e ai disonesti che vogliono diventare onesti perché si mettano in regola a condizioni vantaggiose, prima che cali la mannaia giudiziaria.
Ma, anziché fare a pugni per intestarsi questa campagna, strapparsela di mano e metterci la faccia, i leader della maggioranza fanno a gara a prenderne le distanze, a lanciare ultimatum su Iva e manette, a fare gli schizzinosi. Renziani e pidini difendono le loro soglie d’impunità, che rendono impossibile arrestare (e pure scoprire, intercettare e processare) un evasore o un frodatore, anche se s’impegna allo spasimo per finire dentro. Il M5S, che pure ha l’ottima legge Bonafede bocciata da Salvini, insiste sui “grandi evasori”, come se i 110-150 miliardi all’anno di evasione non fossero la somma di operazioni di varia grandezza: quelle grandi verso i paradisi fiscali, quelle medio-piccole verso i materassi, le cassette di sicurezza, l’economia nera e i pagamenti in contanti. Perciò Conte vuole agire su più fronti con incentivi alle condotte virtuose e deterrenti a quelle viziose.
Il primo vizio è quello che fa dell’Italia l’ultimo paese Ue (persino dietro la Grecia) per pagamenti elettronici. Lo si combatte alzando un po’ l’Iva (dell’1-1,5%) a chi paga in contanti e abbassandola (sotto le soglie attuali) a chi paga con carta, previa garanzia di commissioni bancarie gratuite sotto una certa soglia. Chi non ha la carta di credito o il bancomat basterà

Stop all’Iva e poco altro: il primo Def dei giallorosa


da: Il Fatto Quotidiano - di Carlo Di Foggia

Approvato - Niente scontro con l’Ue. Il deficit da solo non basterà: ci sono tagli e una “lotta all’evasione” monstre. Sul cuneo fiscale la riduzione promessa è mini

L’obiettivo finale sarà raggiunto: disinnescare i 23 miliardi di aumenti automatici dell’Iva previsti nel 2020. Oltre questo, però, al momento la manovra giallo-rosa promette poco o nulla, se non un libro degli impegni fatto di maggiori investimenti verdi, la riduzione del cuneo fiscale, ma anche tagli di spesa, qualche aumento di imposte e una lotta all’evasione che dovrebbe portare una dotazione monstre di 7 miliardi. Tutto grazie a una tregua sul 2020 per quanto riguarda la riduzione del deficit, che però ripartirà dal 2021.

È in sintesi il quadro che emerge dalla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Sul primo documento, che fa da cornice alla legge di Bilancio, attesa dopo la metà di ottobre, c’erano forti aspettative. La realtà, però, è che per ora si tratta di piccolo cabotaggio.
In conferenza stampa, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia sono cauti. “Non si tratta di una manovra restrittiva”, spiega Roberto Gualtieri. Difficile, però, chiamarla espansiva. La crescita nel 2019 si fermerà allo 0,1% per salire allo 0,6% il prossimo anno. Il governo porterà il deficit pubblico nel 2020 al 2,2% del Pil,

mercoledì 18 settembre 2019

#lepiùbellefrasidiosho: Renzi e Casini..


Antonio Padellaro: Non date retta ai due Mattei, si attaccano per tenersi in vita


Condivido e sottoscrivo l’articolo di Padellaro, con un’unica eccezione: quel “miracolosamente nato…” riferito al governo Conte 2.
L’avvocato Giuseppe Conte non mi pare proprio avvolto dal candore….Certo, hai dei tratti “ingenui” se veramente è rimasto sorpreso dalla tempistica di Renzi e ha ancora alcuni impeti dialettici emotivi (il corpo a corpo con Salvini) dietro i quali però, si nasconde il suo obiettivo politico: essere l’anti-Salvini. Beh…dovrà fare i conti con Renzi che vuole giocare, appunto, a fare l’anti-Salvini. Per questo deve aver cambiato il nome del suo partito da “L’Italia del Sì” a “Italia Viva”. Con la prima denominazione si capiva che era il gemello di Salvini. “Italia Viva” (che pare abbia scopiazzato) è sempre l’Italia dei “Si”…ha solo un nome da prodotto biologico. Ecco. Se Renzi è qualcosa è proprio questo: non è biologico. Fanfarone pericoloso, ergo: nocivo.


da: Il Fatto Quotidiano - di Antonio Padellaro

Cortesemente, dopo la scissione psichiatrica nel Pd, non date retta alle minacce di Matteo Uno contro Matteo Due (“Passerò i prossimi anni a combattere Salvini”), o agli insulti di Matteo Due contro Matteo Uno (“Da Renzi non mi aspetto dignità né onore”). Sono fatti l’uno per l’altro. Poiché dubitiamo che entrambi si siano formati sulle teorie di Carl Schmitt (la figura del nemico in politica come esigenza primaria), presumiamo che molto più banalmente la strana coppia avesse impellente bisogno di uno spot, tipo pubblicità comparativa: denigrare il concorrente per meglio promuoversi.

I due Mattei si annusavano ammiccanti già dopo le elezioni del 2018 quando l’ex concorrente de La ruota della Fortuna premeva sull’ex comparsa de Il pranzo è servito per indurlo ad accettare senza indugio il governo con i grillini. Cosicché egli più agevolmente potesse sparargli contro (ingozzandosi di popcorn) e certificare così la propria esistenza in vita.
Favore ricambiato il 20 agosto scorso al Senato, mentre il vicepremier leghista annaspava nella pozzanghera da lui stesso provocata (e sotto i colpi di Giuseppe Conte) ecco che il senatore di Scandicci rievocava una qualche insignificante cortesia dell’altro, nel momento in cui quello ad annaspare era lui. Anche se nei panni del debitore, Renzi dovrebbe restarci in eterno poiché senza il dissennato Salvini del Papeete Beach starebbe ancora a casuccia a morire di pizzichi.

martedì 17 settembre 2019

Renzi: l’erede di Berlusconi esce dal Pd per fare “Italia del Sì” (dove l’ho già sentita sta roba..)


L’erede di Silvio Berlusconi, all’anagrafe Matteo Renzi, se ne va dal PD. Crea un nuovo partito (in Italia ne abbiamo bisogno, ce ne sono pochi..) che pare si chiamerà “L’Italia del Sì”.

Orbene..

Chi è quello che da qualche mese ci sfrucuglia i cocomeri con “voglio una Italia del SI” e ha fatto cadere il governo con il M5S perché alcuni dei ministri di questo movimento (o partito?!) bloccavano ciò che lui voleva fare con i “NO”...
Ah…sì…Matteo Salvini.

Orbene..

A questo punto “l’Italia del Sì” di Renzi non potrà che allearsi con l’altro fautore dell’Italia dei Sì: Matteo Salvini.
Del resto, in politica, e con una legge proporzionale si può fare di tutto e il contrario di tutto. Anche se raccatti meno del 5% puoi farcela a “occupare delle poltrone”. Puoi essere decisivo per un accordo politico che non chiamerai accordo né alleanza ma: emergenza. Di emergenza in emergenza, durerai un paio di elezioni (se ti va bene). Ma “staisereno”. Dovrai stare ai box politici per un po’ di tempo, poi, ci sono gli italiani con la memoria corta: potrai ridiventare decisivo per un accordo politico (con partiti diversi dal primo giro) che non chiamerai accordo, né alleanza ma………..emergenza. E così via…

Secondo alcuni - tra cui autorevoli costituzionalisti, cui va la mia considerazione (senza ironia..o quasi) - votare con il proporzionale è democrazia. Io che non sono di primo pelo mi ricordo ancora la prima repubblica con la D.C e il pentapartito. Mi ricordo gli articoli di Enzo Biagi su quel partitino che erano il PL (partito liberale) e PSDI (partito socialdemocratico) che

Marco Travaglio: Il morbo smemorino


immagine da https://www.tpi.it/

da: Il Fatto Quotidiano

Una terribile malattia sta colpendo tutti i Matteo che fanno politica. È una forma selettiva di demenza giovanile che attacca la memoria. I primi sintomi si sono riscontrati in Matteo Orfini, di cui avevamo perso memoria anche noi, finché non l’abbiamo rivisto in una MaratonaMentana tutto sdegnato per l’intesa “contro natura” Pd-M5S: aveva dimenticato che nel 2013 definì “inimmaginabile e inesistente in natura un governo Pd-Pdl-Monti e senza Grillo”, poi due mesi dopo votò il governo Letta senza Grillo con B. e Monti.
Il contagio s’è diffuso rapidamente a Renzi, quello che doveva ritirarsi in caso di sconfitta al referendum e invece restò. Poi si diede un gran daffare per regalare il palcoscenico al terzo Matteo, l’altro Cazzaro, con l’astuta strategia dei pop corn. Infettato a sua volta dal virus smemorino, Salvini passò 15 mesi a rinnegare le sue battaglie precedenti: No Tav anzi Sì, No Triv anzi Sì, No inceneritori anzi Sì, No Benetton anzi Sì.
Poi rovesciò il suo governo e iniziò ad accusare Conte e Di Maio che non c’entravano una mazza. Fino all’apoteosi di Pontida, dove mancava poco che si scordasse come si chiama. Lì ha sventolato una presunta bimba di Bibbiano (che però è di Milano), immemore di aver ordinato di “tenere i bambini fuori dalla politica” quando suo figlio scorrazzava nel mar del Papeete sull’acquascooter della Polizia.