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da: Il Fatto Quotidiano
Una terribile
malattia sta colpendo tutti i Matteo che fanno politica. È una forma
selettiva di demenza giovanile che attacca la memoria. I primi sintomi si sono riscontrati in Matteo Orfini, di cui avevamo
perso memoria anche noi, finché non l’abbiamo rivisto in una MaratonaMentana tutto sdegnato per
l’intesa “contro natura” Pd-M5S: aveva dimenticato che nel 2013 definì
“inimmaginabile e inesistente in natura un governo Pd-Pdl-Monti e senza
Grillo”, poi due mesi dopo votò il governo Letta senza Grillo con B. e Monti.
Il contagio
s’è diffuso rapidamente a Renzi, quello che doveva ritirarsi in caso di sconfitta al referendum e invece restò. Poi
si diede un gran daffare per regalare il palcoscenico al terzo Matteo, l’altro Cazzaro, con l’astuta strategia dei pop corn.
Infettato a sua volta dal virus smemorino, Salvini
passò 15 mesi a rinnegare le sue battaglie precedenti: No Tav anzi Sì, No Triv
anzi Sì, No inceneritori anzi Sì, No Benetton anzi Sì.
Poi rovesciò il suo governo e iniziò ad
accusare Conte e Di Maio che non c’entravano una mazza. Fino all’apoteosi di
Pontida, dove mancava poco che si scordasse come si chiama. Lì ha sventolato
una presunta bimba di Bibbiano (che però è di Milano), immemore di aver
ordinato di “tenere i bambini fuori dalla politica” quando suo figlio
scorrazzava nel mar del Papeete sull’acquascooter della Polizia.
Poi ha accusato Conte, restando serio, di
avere “svenduto l’Italia all’Europa per le poltrone”. Ora, Conte la poltrona ce
l’aveva già grazie alla fiducia di Salvini. Che l’8 agosto presentò una mozione
di sfiducia. Il 20 agosto Conte lo demolì in Senato e lui, mentre replicava a
rutti, ritirò la mozione di sfiducia. Conte a quel punto avrebbe potuto
restare. Invece salì al Quirinale a mollare la poltrona senza che più nessuno
glielo chiedesse, mentre Salvini restò imbullonato alla sua. E iniziò a stalkerare Di Maio per offrirgli la
poltrona di premier e tenere la sua
e quelle degli altri leghisti incollate ai rispettivi culi.
Intanto l’altro cazzaro Matteo, che
da tre anni menava chiunque nominasse i 5Stelle, prese a menare chiunque si
opponesse ai 5Stelle. E ora si
scinde dal Pd che ha fatto quel che ha detto lui per fondare un bel centrino, come se qualcuno ne avvertisse
l’impellente bisogno. Lui che nel 2017,
quando la scissione la fecero Bersani &C., la bollò come “una delle parole
peggiori” e così ritrasse i fuorusciti: “Se fossero rimasti nel Pd, in
Parlamento non ci sarebbero più rientrati: frustrati nella prospettiva di
tornare a occupare gli scranni… decidono di andarsene… nel tentativo di
logorare il segretario”. Ora ovviamente ha
rimosso tutto. Ma stava dipingendo, a futura memoria, il suo autoritratto.
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