venerdì 6 settembre 2019

Alla Bellanova (PD, ministro Politiche Agricole) non piace il “salario minimo”…ma cambia spesso idea



Lavoro, c’è già uno scontro nel governo: per Bellanova (Pd) il salario minimo proposto dalla ministra Catalfo ‘è una truffa’
di Giuliano Balestreri

Il governo ha appena giurato, ma è già chiaro che le tensioni maggiori arriveranno dal fronte del Lavoro. E dalla capacità di convivere all’interno dello stesso esecutivo di Nunzia Catalfo (M5s), prima firmataria della legge sul reddito di cittadinanza, e neo ministro del Lavoro; e Teresa Bellanova (Pd), ministro delle Politiche agricole in pectore, ma strenua oppositrice del decreto dignità e del Rdc.

Certo, il fatto che Bellanova non fatichi a cambiare idea piuttosto rapidamente anche sui temi più delicati potrebbe essere un vantaggio per cementare la collaborazione all’interno dell’esecutivo. D’altra parte l’ex sindacalista nel 2012 dichiarava con convinzione “l’articolo 18 non si tocca”. Poi, due anni dopo, entrata nel governo Renzi divenne la più convinta sostenitrice del Jobs act che cancellò proprio il diritto al reintegro sul posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa.

Non stupisce quindi che sia entrata nel governo con i M5s dopo che il 18 luglio su Twitter scriveva a Di Maio “dormi tranquillo, nessuna alleanza con chi distribuisce odio e razzismo”. D’altra parte dopo aver definito il leader grillino “inadeguato”, il 28 luglio ha ribadito che “con il M5s non ci sono valori condivisibili”. Anche perché il 5 agosto spiegava che “i dati Inps sul Reddito di Cittadinanza certificano il fallimento”.


Diventa difficile immaginare come Bellanova, già sottosegretario al Lavoro e poi vice ministro allo Sviluppo economico, possa sentirsi a proprio agio in un governo che sul Reddito di cittadinanza ha tutte le intenzioni di accelerare sia attraverso le politiche attive che con il varo del salario minimo.

Di più: la ministra Catalfo ha da tempo individuato in 9 euro l’ora la soglia del salario minimo, una cifra contro la quale si sono scagliati tutti. I sindacati perché temono possa distruggere i contratti nazionali del lavoro; le imprese perché non vogliono in alcun modo veder sale il costo dell’occupazione. E ancora, non è escluso che la ministra metta sul piatto il ritorno dell’articolo 18. D’altra parte lei è da sempre vicina al presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che lo scorso anno rifiutò la poltrona di ministro del Lavoro perché il contratto di governo con la Lega non prevedeva il ripristino delle tutele reale per i lavoratori.

Per Bellanova i provvedimenti del Movimento in tema di lavoro sono “fallimentari” e il salario minimo “nella proposta del M5s è una truffa”. A giugno la neo ministra del Pd sottolineava come non ci fosse alcuna “lotta seria e concreta alla povertà, nessuna strategia per l’inclusione sociale, assenza totale di politiche attive per il lavoro, totale incuria verso i tavoli di crisi e le difficoltà certificate delle imprese”.

Inutile dire che per Catalfo la situazione sia diametralmente opposta. “Il principale obiettivo del reddito di cittadinanza – spiegava – è quello di reinserire il beneficiario nel mondo del lavoro, ma per rendere effettivo il reinserimento, a differenza del Rei, punta molto sulle politiche attive del lavoro. La riforma del Pd, invece, non investe nei servizi pubblici per l’impiego e quindi nella reale presa in carico dei disoccupati: per questo il Rei diventa una misura assistenziale”. La nomina di Catalfo a ministro del Lavoro sembra togliere ogni dubbio sulla direzione che governo prenderà in materia, ma l’ingresso nell’esecutivo della battagliera Bellanova lascia presagire che i renziani non molleranno la presa.

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