da: Il Fatto Quotidiano
Uno non fa in tempo a rallegrarsi perché la
neoministra dell’Interno Luciana Lamorgese non sta su Facebook, Twitter e
Instagram, e già gli tocca leggere le prime sparate di alcuni suoi colleghi.
Ancora non sanno dov’è il loro ufficio, ma già annunciano o minacciano leggi,
decreti, grandi opere e financo dimissioni.
Nel primo
Consiglio dei ministri, il premier Giuseppi li aveva pregati di “evitare sgrammaticature
istituzionali”, che è il suo modo per dire “niente cazzate”. Poi quelli,
appena usciti, han subito dato aria alla bocca. Si temeva che l’incontinenza
verbale giocasse brutti scherzi a Di Maio&C., quelli della ola sul
balcone e dell’abolizione della povertà. Invece
la prima a sbracare è stata Paola De Micheli, reduce da un’imbarazzante
esperienza di commissario alla ricostruzione del Centro-Italia, come se a
quella povera gente non fosse bastato il terremoto.
La neoministra dei Trasporti, che pare
sempre in procinto di impugnare il mattarello e tirare la pasta dei tortellini,
appena assisa sulla poltrona di Toninelli ne è stata subito contagiata e ha
espettorato un’intervista a La Stampa
tutta asfalto e cemento. Al confronto Lunardi, “ministro con Trasporto”,
era un dilettante. In barba al programma appena sottoscritto, che subordina
ogni opera a una seria analisi degli “impatti sociali e ambientali”, Lady
Turtlèn ha annunciato che “ostacoli
politici ai cantieri non ce ne saranno più” (come se prima ce ne fossero:
Toninelli non ha bloccato nulla, purtroppo). Tav di qua, maxi-Gronda di là, forza Atlantia e, già che c’era, pure
una parolina inutile su Alitalia (che tocca al Mise), Libia (affari Esteri),
migranti e dl Sicurezza (roba del Viminale). Quanto alle analisi costi-benefici, fa trapelare la
Paola sul Messaggero di Caltagirone, “verranno aggiornate e lette non in chiave
ideologica, ma di sistema”: vedi mai che 2 più 2 faccia 3.
Il risultato, ovviamente, è un ribollio di
rabbia tra i 5Stelle, costretti a mordersi la lingua per non mandarla al solito
posto. E una garbata irritazione – per
usare un contismo – di Conte, che s’era appena liberato dell’onniministro Cazzaro e se ne ritrova un altro in
gonnella. Anzi due, perché pure
Lorenzo Fioramonti è debole di prostata:
mentre si recava nel nuovo ufficio, Mister Istruzione già minacciava di
dimettersi se non avrà subito 3 miliardi sul suo tavolo (ancora mai visto). Per
carità: come dice Vittorio Feltri su
Salvini, “l’ora del coglione arriva per tutti”. Ma di questo passo saremmo
meno ottimisti della De Micheli: “Se andiamo avanti così, faremo assieme molte
cose buone per il Paese”. No, cara: se
vai avanti così, non arrivate a fine mese.
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