sabato 14 settembre 2019

Atlantia in crisi, ma la revoca è ostaggio di Alitalia e penali



da: Il Fatto Quotidiano

Il gruppo scarica i dirigenti coinvolti. I 5Stelle attaccano: “Via la concessione”

Le inchieste che coinvolgono Autostrade per l'Italia disegnano un quadro inquietante. Nessuno riesce a spiegare quale movente avrebbe spinto dirigenti e tecnici a falsificare relazioni per occultare lo stato di salute dei viadotti
Pecetti (A26) e Paolillo (A16). O perché i dirigenti del sesto (Cassino) e settimo tronco (Pescara) e il responsabile barriere del gruppo avrebbero deciso – è l'accusa della Procura di Avellino – di risolvere i problemi di sicurezza delle barriere su tutta le rete, emersi dopo il tragico incidente dell'Irpinia, con un progetto al risparmio che “mette a rischio l’incolumità pubblica”(portando al sequestro di dieci viadotti).

Ieri, il colosso controllato da Atlantia dei Benetton, ha fatto sapere che aveva già provveduto a spostare due dei dipendenti coinvolti nell'inchiesta ligure e di essere pronto “a ulteriori azioni a propria tutela”, avviando “un audit interno per verificare la corretta applicazione delle procedure da parte delle società e delle persone coinvolte”. Insomma, qualunque cosa abbiano fatto, lo hanno fatto in autonomia. È la linea difensiva di sempre.
Nel gennaio scorso, l'ad di Autostrade Giovanni Castellucci (oggi capo di Atlantia) è stato assolto, assieme a diversi alti manager, dall'accusa di omicidio colposo nel processo di Avellino per la morte di 40 persone il 28 luglio 2013 a bordo del pullman precipitato dal viadotto Acqualonga della A16 Napoli-Canosa, dopo aver abbattuto le barriera new jersey dai tiranti resi fradici dall’usura e dalle vecchie gelate. Sono stati condannati solo i dirigenti del
sesto tronco per disastro colposo e omissione in atti d’ufficio. Uno di loro, Paolo Berti, intercettato nell'inchiesta ligure, spiega a Michele Donferri (direttore delle manutenzioni, indagato per il disastrodel Morandi) “il proprio disappunto per essere stato condannato nell'ambito del processo di Avellino – si legge nell’ordinanza del gip Angela Nutini – lamentandosi che avrebbe potuto dire la verità e così mettere nei guai anche altre persone. L’altro (Donferri, ndr ) risponde che non ci avrebbe guadagnato nulla mentre, alla luce del suo comportamento, può ‘stringere un accordo col capo’”.

È con questo spaccato che si intreccia la partita della revoca delle concessioni ad Autostrade dopo il disastro del ponte Morandi di Genova (43 morti). Atlantia è in difficoltà. Ieri ha perso l’8% in Borsa mentre Autostrade annunciava, bontà sua, di aver sospeso per altri due mesi il previsto aumento dei pedaggi. In un post sul Blog delle stelle, il neo viceministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri (M5S) attacca: “Il nostro imperativo è proseguire sul percorso tracciato dall’ex ministro Toninelli, la revoca delle concessioni ai Benetton. Altra strada non c'è”. Nessuno però sa come imboccarla. All’indomani del disastro del Morandi, Palazzo Chigi annunciò di aver “avviato il processo di caducazione” del contratto con Autostrade. Da allora poco o nulla è stato fatto. Molte chiacchiere e un parere di 62 pagine – commissionato da Toninelli a esperti giuristi del Mit – che apre alla revoca per “grave inadempimento” senza dover pagare mega-penali “illegittime”. Nel frattempo, il governo gialloverde ha invitato Atlantia a partecipare alla cordata per il salvataggio di Alitalia. E da questa posizione di forza Atlantia sembra aver lavorato per giocare sui due fronti. Dai palazzi romani e dai tecnici vicini al dossier filtra che sarebbero state proprio le pressioni della holding dei Benetton ad aver spinto la cordata di salvatori –che comprende anche Fs, Tesoro e Delta – a chiedere al governo l’ennesima proroga della scadenza per l’offerta definitiva a fine ottobre. La speranza di Atlantia è di far proseguire il negoziato su un binario parallelo alla partita della concessione per condizionarla.

In teoria, il dossier è allo studio del premier Giuseppe Conte, che nel suo discorso programmatico ha assicurato che “si andrà fino in fondo nel provvedimento avviato dopo la tragedia del Morandi”. Due giorni prima, la neo ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli (Pd) aveva chiuso le porte alla revoca spiegando che “nel programma è prevista solo la revisione”, facendo schizzare il titolo di Atlantia.
Nessuno a Palazzo Chigi sa come uscire dallo stallo. Tutti sanno che nessuna “revisione” è possibile senza mettere sul tavolo l’ipotesi revoca perché quei contratti sono blindati. E nessuna revisione è possibile se non si elimina la clausola capestro concessa ai Benetton nel 2007, che garantisce ad Autostrade un mega rimborso anche in caso di revoca per gravi inadempienze. La concessione, peraltro, fu blindata nel 2008 per legge dal neonato governo Berlusconi. Difficile che i Benetton rinuncino al regalo. Il governo potrebbe sollevare alla Consulta la questione della legittimità della clausola, o quantomeno eliminare l’approvazio - ne per legge del 2008, dando vita a un sicuro contenzioso che si protrarrebbe per anni.
Una revisione sostanziale, peraltro, già si verificherebbe costringendo Autostrade a rinunciare al ricorso contro il
nuovo sistema tariffario voluto dall’Autorità dei trasporti destinato a mettere fine a 20 anni di mega-profitti concessi ingiustamente ai signori del casello a fronte di investimenti in continuo calo.
La palla, come detto, è in mano a Conte. L’esito dipenderà dalla forza politica che i 5Stelle riusciranno a imprimere sul dossier. E i precedenti non sono buoni.

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