Subito
prima della fine del governo gialloverde, all'oscuro di Tria, tre alti papaveri
di Stato hanno lavorato a un piano per limitarne la capacità di investimento.
Stoppati dal sottosegretario Durigon, ora la grana passa al neo-ministro
Gualtieri.
Non solo la manovra. C’è già una prima
grana da risolvere per il neo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Subito prima della caduta del governo
gialloverde, a fine luglio, in via XX Settembre, complice l’approssimarsi
delle ferie, qualcuno stava preparando
un piano di palazzo, di cui Giovanni Tria – come spesso gli capitava – era
all’oscuro. Stiamo parlando di un provvedimento che, ove approvato, limiterebbe la capacità di investire le
risorse gestite dalle casse previdenziali private (quasi 100 miliardi) più
di quanto non sia per Inps e fondi pensione integrativi.
IL
PROGETTO DI RIVERA, MARÈ E PADULA
Sembra che a preparare l’insano progetto –
alla faccia della crescita tanto agognata – sia stato un trio di alti papaveri
di Stato. Il più alto in grado è il direttore generale del Tesoro, Alessandro
Rivera, ma a preparargli la patacca sono stati Mauro Marè, da oltre un decennio
padre padrone di Mefop (società fondata nel 1999 di cui il Mef detiene il
controllo assoluto, che dovrebbe aiutare lo sviluppo dei fondi pensione), e
Mario Padula, presidente della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi
pensione (nota per avere il mandato dei tre commissari settennale). Tutti
animati da spirito di rivincita per aver tentato senza esito di assurgere a
interlocutori (e magari consulenti) dei fondi previdenziali medesimi.
LO
STOP DEL LEGHISTA DURIGON
In quel momento – i primi di agosto – a
stoppare i burocrati era sceso in campo il plenipotenziario di Matteo Salvini,
Claudio Durigon, che in quanto sottosegretario al Lavoro aveva titolo a
intervenire sulla materia. La normativa sulle casse di previdenza è infatti di
competenza del Lavoro di concerto con l’Economia. E Durigon era stato chiaro:
il testo preparato dai burocrati è un obbrobrio, perché bisogna spingere e non
frenare le casse previdenziali a investire nell’economia reale e nelle
infrastrutture.
E ora? Il governo è cambiato, e così i
ministri dell’Economia e del Lavoro. Ma, almeno per ora, non sono cambiati i
burocrati, che sono tentati di approfittare del momento di trapasso. Ma
Gualtieri è avvertito.
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