da: Il Fatto Quotidiano
Si poteva immaginare che il Pd avesse capito le lezioni, anzi le elezioni che l’avevano bastonato
ininterrottamente dal 2008 al 2013 al 2018, passando per il referenzum del
2016, a vantaggio delle forze anti-establishment. Si poteva persino sperare
che la scelta di 8 ministri esordienti
su 9 per il Conte-2 fosse l’inizio di un radicale rinnovamento di classi
dirigenti, contenuti e prassi politiche all’altezza con le aspettative degli
elettori. Che non sono affatto pentiti del “populismo sovranista”: solo,
fallita la versione parolaia e inutile di Salvini, sperano in una più civile e
produttiva, alla Conte. Invece Paola De
Micheli e Andrea Orlando si sono subito incaricati di dimostrare che il Pd è
irredimibile: non ha capito né
cambiato niente. Anzichè camminare in punta di piedi, con gli occhi bassi e
il capo chino, consapevoli che non tornano al governo per merito loro, ma
grazie al suicidio di Salvini e alle difficoltà dei 5Stelle, si atteggiano a
padroni del vapore. Come se le ragioni dei loro voti dimezzati in cinque anni e
dei trionfi di 5Stelle e Lega fossero evaporate sotto il sole d’agosto e si
potessero archiviare chiudendo la parentesi e ricominciando daccapo. Come
prima, più di prima. Con una bella restaurazione che parta dal ritorno dei
morti viventi e dalla rilottizzazione della Rai (fuori Foa, dentro qualche
muffa pd).
Avevano promesso un governo e siglato un
programma all’insegna dell’ambiente. E ora la De Micheli secerne colate
d’asfalto e cemento come un Lunardi, un Delrio, un Salvini qualunque.
L’avevano menata con la “discontinuità” per
far fuori il premier più discontinuo che si ricordi.
Poi Franceschini torna sul
luogo del delitto coi soliti Nastasi, come se nella cultura italiana non
esistessero altri dirigenti. Gualtieri fa rientrare dalla finestra il boiardo
Garofoli cacciato dalla porta da Conte per i suoi conflitti d’interessi. E
Orlando contesta (in barba al programma appena sottoscritto) la riforma della
giustizia Bonafede, lo stop al (suo) bavaglio sulle intercettazioni e persino
la legge già in vigore che ha finalmente abolito la prescrizione dopo la prima
sentenza. “Un governo nuovo – dice il vice-Zinga – non può prendere per buono
un testo costruito da due forze politiche che non ci coinvolsero minimamente, e
di cui una era la Lega”. Peccato che quel testo sia stato bocciato nel Cdm
pre-crisi da Salvini, le cui priorità erano il ritorno alla prescrizione e al
bavaglio sulle intercettazioni. Le stesse di Orlando.
Vista la corrispondenza di amorosi sensi
pure su grandi opere e Autostrade, non si vede perché il Pd non provi a fare un
governo con la Lega. Salvini è così disperato che potrebbe persino starci.
Nessun commento:
Posta un commento