Tante
gaffe ma poco potere. Ecco perché Di Maio agli Esteri conterà poco
Come
Angelino Alfano nel 2016, il politico del M5S ha barattato il suo peso politico
in una coalizione innaturale in cambio della Farnesina per godersi il suo
ultimo giro di giostra politica. Sbaglierà qualche congiuntivo ma farà meno
danni del previsto perché la politica estera la fa il Quirinale.
di Andrea
Fioravanti
Ha provocato
la prima crisi diplomatica tra Italia e Francia dalla seconda guerra mondiale,
causando il ritiro dell’ambasciatore francese a Roma. Ha offerto l’uso della piattaforma Rousseau ai gilet gialli negli stessi
giorni in cui alcuni di loro demolivano l’ingresso di un edificio governativo a
Parigi. Non pago, ha incontrato Christophe
Chalencon, il leader più estremista dei gilet gialli che ha detto di essere
«pronto a intervenire con dei paramilitari» per far cadere il governo francese.
Per rimediare ha inviato una lettera a
Le Monde in cui ha definito la Francia un Paese con una «tradizione democratica
millenaria». In un incontro ufficiale a Shanghai ha chiamato «presidente Ping» il segretario del partito
comunista cinese Xi Jinping, confondendo
il cognome (che viene prima) con il nome. Un po’ come se avesse chiamato Giuseppe Conte, “Peppuccio”. Nel 2016 ha detto che il dittatore cileno Augusto Pinochet era venezuelano e che
la Russia è un Paese del Mediterraneo.
A febbraio del 2015 ha scritto su Facebook che le aziende giapponesi «Scippano i nostri migliori gioielli di
famiglia. In Italia invece per restare nell'Euro e fare contenta la Merkel,
Renzi svende tutto pur di saziare le banche europee», mentre chiedeva di
firmare una petizione per uscire dalla moneta unica. A maggio dello stesso anno
ha detto che «è ora di preferire gli
italiani alle imposizioni della Merkel». Leggetelo tutto d’un fiato perché
questo è il curriculum di gaffe ed
errori politici grossolani del prossimo ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il
più giovane di sempre.
Come Angelino
Alfano nel 2016, il capo politico del M5S ha barattato il suo peso politico
in una coalizione innaturale in cambio della Farnesina per godersi il suo ultimo giro di giostra politica. Logorato
dall’esperienza del governo gialloverde, commissariato
da Beppe Grillo durante la crisi di governo, con il Movimento crollato nei sondaggi, Di Maio sa che dopo il 2022 si
chiuderà la sua esperienza politica ad alto livello. E se il curriculum non riempie la mezza pagina,
quale miglior ministero per stringere
mani importanti, crearsi una rubrica internazionale e sfruttare le conoscenze
per un’avventura in Europa o la presidenza di qualche fondazione in futuro? Voleva il ministero della Difesa, ma
secondo fonti parlamentari Sergio Mattarella avrebbe messo il veto. Fosse vero,
lo capiremmo. È un ruolo troppo strategico per lasciarlo a un trentatreenne che
ha attaccato i leader di Francia e Germania. E mentre tutti gli alleati della
Nato concordavano nel cacciare il dittatore
venezuelano Nicolas Maduro ha imposto al governo di non riconoscere Juan
Guaidò, lasciato l’Italia isolata in un limbo.
Per non parlare del memorandum firmato con la Cina per la nuova Via della Seta che ha
irritato non poco gli Stati Uniti d’America, o le aperture verso la Russia e
Iran. Ma allora perché Di Maio è stato
mandato alla Farnesina? La risposta è dentro di voi. Chiudete gli occhi e
pensate al nome dell'attuale ministro degli Esteri. Non vi viene? Non siete gli
unici. Solo gli addetti ai lavori conoscono il pensiero politico di Enzo Moavero Milanesi che in 14 mesi ha
avuto il merito di ricucire gli strappi politici dei sovranisti senza fare mai
notizia. La Farnesina serve più per la
carriera politica di chi ci lavora pro tempore che per il destino dell'Italia. Franco
Frattini, Mssimo D'Alema, Emma Bonino, Federica Mogherini e Paolo Gentiloni non
hanno mai avuto le responsabilità politiche del ministro degli Esteri russi
Sergej Lavrov o il segretario di Stato Usa Mike Pompeo, ma hanno tutti
migliorato il loro prestigio internazionale. Per dirne due: Mogherini è diventata Alto
rappresentante della Commissione europea, Gentiloni
è candidato per far parte della squadra della Von der Leyen. Anche un politico
molto vicino a Di Maio come Vincenzo Scotti è stato per un mese ministro degli
Esteri e per anni sottosegretario alla Farnesina. Siamo sicuri che avrà fatto
notare al capo politico M5S tutti i vantaggi della posizione.
Sembra un paradosso ma la politica estera in Italia la fa più il Quirinale, un potere di
garanzia, che la Farnesina. Perché la
nostra collocazione internazionale è all'interno del patto Atlantico e dentro
l'Unione europea. Da qui non si scappa. E per fortuna. Chi ha provato a
mettere i piedi in due staffe tra Mosca e Washington, come Matteo Salvini si è
ritrovato fuori dal governo nel giro di pochi mesi. Chi ha capito subito il
ruolo dell'Italia in Europa e nel G7 è passato da avvocato del popolo a
statista. E chi ha attaccato per tutta
la sua vita Bruxelles, l'euro e le cancellerie internazionali si è adeguato nel
giro di pochi giorni passando con agilità dal governo giallorosso a quello
gialloverde. Di Maio sbaglierà un
congiuntivo, chiamerà Trump "Boris" e avrà bisogno del traduttore per
l'inglese. Ma la sensazione è che
farà meno danni di quanto si pensi.
Sono altri
i ministri strategici piazzati dal presidente della Repubblica nel Governo.
Due nomi su tutti: Roberto Gualtieri
all'Economia e Lorenzo Guerini alla Difesa. Non a caso entrambi del Partito
democratico, uno dei pochi partiti italiani che non ha mai messo in dubbio il
suo atlantismo ed europeismo. Certo, non è tutto positivo. Di Maio ha solo 33 anni e ha dimostrato di essere impulsivo nel
gestire i rapporti internazionali. Usa
la sciabola dove serve il fioretto, ma la politica estera è fatta di uomini e
stanze. Il rischio è quello di non
avere la credibilità per toccare palla in dossier importanti come la
situazione in Libia, la guerra dei dazi con la Cina o i rapporti con Russia e
Iran. «L'attenzione verso l'Africa, il tema delle migrazioni e le relazioni con
le nuove economie emergenti saranno le linee guida su cui costruirò il mio
lavoro» ha scritto Di Maio ieri su
Facebook. Vasto programma avrebbe detto l'ex presidente della Repubblica
francese Charles De Gaulle ma almeno non ha dichiarato guerra alla Francia. Un passo avanti per chi ha definito fino a
ieri le Ong il "taxi del mare" per i migranti. Si nasce incendiari,
si muore pompieri alla Farnesina.
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