da: Il Fatto Quotidiano - di
Carlo Di Foggia
Approvato
- Niente scontro con l’Ue. Il deficit da solo non basterà: ci sono tagli e una
“lotta all’evasione” monstre. Sul cuneo fiscale la riduzione promessa è mini
L’obiettivo finale sarà raggiunto: disinnescare i 23 miliardi di aumenti
automatici dell’Iva previsti nel 2020. Oltre
questo, però, al momento la manovra giallo-rosa promette poco o nulla, se
non un libro degli impegni fatto di maggiori investimenti verdi, la riduzione
del cuneo fiscale, ma anche tagli di spesa, qualche aumento di imposte e una
lotta all’evasione che dovrebbe portare una dotazione monstre di 7 miliardi.
Tutto grazie a una tregua sul 2020 per quanto riguarda la riduzione del
deficit, che però ripartirà dal 2021.
È in sintesi il quadro che emerge dalla Nota di aggiornamento al Documento di
economia e finanza approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Sul primo
documento, che fa da cornice alla legge
di Bilancio, attesa dopo la metà di
ottobre, c’erano forti aspettative. La realtà, però, è che per ora si
tratta di piccolo cabotaggio.
In conferenza stampa, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia sono cauti. “Non
si tratta di una manovra restrittiva”, spiega Roberto Gualtieri. Difficile,
però, chiamarla espansiva. La crescita
nel 2019 si fermerà allo 0,1% per salire allo 0,6% il prossimo anno. Il
governo porterà il deficit pubblico nel
2020 al 2,2% del Pil,
sostanzialmente in linea con quello del 2019 e di poco superiore agli impegni
fissati ad aprile scorso. In sostanza una tregua sul 2020: invece di correggere
il deficit strutturale (al netto del ciclo economico e delle misure una tantum)
dello 0,6% come chiesto da Bruxelles, il saldo peggiora dello 0,1%. Già dal
2021, però, il governo si impegna a ridurre il deficit all’1,8% per arrivare
all’1,4 nel 2022. Una stretta fiscale da quasi 7 miliardi l’anno in un biennio.
Il debito pubblico è previsto in lieve calo il prossimo anno, dal 135,7 al
135,1% del Pil.
Nonostante le pressioni della sua maggioranza, Gualtieri non ha voluto scontrarsi con Bruxelles e la nuova
Commissione guidata da Ursula von der Leyen, dove pure agli Affari economici siede
un italiano, Paolo Gentioloni, accontentandosi di un piccolo ritocco del
disavanzo.
Dalla cornice ristretta discende tutto il
resto, comprese le fibrillazioni della maggioranza. A conti fatti la manovra vale quasi 30 miliardi, di cui 14 arrivano dal maggior disavanzo. Gli altri 14 andranno trovati. Nel
documento il governo spiega che oltre 1,7
miliardi arriveranno da tagli di spesa, altrettanti dalle riduzione delle
tax expenditures, cioè le detrazioni fiscali e dei sussidi ambientali dannosi.
Stesso importo si pensa di ottenere prorogando l’imposta sostitutiva sulla
rivalutazione di terreni e partecipazioni. Il grosso, però, arriverà dai 7 miliardi cifrati sotto la voce “lotta
all’evasione”. È la cifra da aggiungere ai 23 miliardi di aumenti Iva
automatici da sterilizzare (le “clausole di salvaguardia”) per chiudere il
conto della manovra. Queste risorse serviranno per finanziare un primo taglio del cuneo fiscale, cavallo
di battaglia del Pd, che per il 2020
vale solo 2,5 miliardi. Dovevano essere 5 ma la coperta è corta
e quindi la misura partirà da luglio. Nel 2021,
promette il governo, raddoppierà.
Per riuscire anche in questa piccola
operazione è vitale che dal capitolo fiscale arrivino tutte le risorse
previste. Sulle misure, però, nella maggioranza è guerra aperta (lo leggete a
destra). Il Pd, con l’avallo di Conte,
vorrebbe prenderle con aumenti selettivi
dell’Iva da compensare con rimborsi per chi paga con strumenti elettronici
e riducendo le aliquote su alcuni beni (come la pasta o le bollette). Ipotesi bocciata da M5S e Italia Viva di Matteo
Renzi. L’accordo finora non c’è stato e quindi il documento si limita solo
a fissare l’obiettivo.
Impegni
vaghi e ridimensionati riguardano anche l’altro capitolo
rilevante del programma giallorosa: la riconversione
energetica (il green new deal). Il governo punta a chiedere flessibilità a Bruxelles per scorporare gli investimenti dal deficit per
lo 0,5% del Pil nel 2020, circa 9 miliardi. Difficile riesca a ottenerli
tutti. Il Def annuncia che saranno creati due
nuovi fondi di investimento, assegnati a Stato e Enti territoriali, per un
ammontare complessivo di 50 miliardi “su un orizzonte di 15 anni”, cioè circa
tre l’anno. Le risorse andranno a finanziare progetti di rigenerazione urbana,
riconversione energetica e incentivo alle rinnovabili. Al momento, poco o nulla c’è sul fronte università, scuola e sanità.
Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti
aveva chiesto 3 miliardi (“O mi dimetto”). Ieri ha preso atto “che sulla
scuola non ci sono tagli”. La partita si sposterà nella manovra. Salvini già attacca: “È una truffa, hanno
tradito tutte le promesse”.
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