da: https://www.lavoce.info/
- di Alessandro Santoro
Sull’evasione
la manovra del governo Conte bis è in netta discontinuità con quella del Conte
1. Ma restano i dubbi sulla possibilità concreta di realizzare gli obiettivi
previsti. Tutto ruota ancora attorno alla questione dell’utilizzo effettivo dei
dati.
Discontinuità
con il governo Conte 1
Il Documento programmatico di bilancio per
il 2020 (Draft Budgetary Plan-Dbp) che è stato reso pubblico dal governo
contiene una serie di misure che hanno l’obiettivo di ridurre l’evasione
fiscale. In attesa di disporre dei testi delle norme – che saranno contenute in
parte nel decreto fiscale e in parte nella legge di bilancio – e delle
relazioni tecniche, si può dire che, a livello di gettito previsto, l’insieme
degli interventi dovrebbe assicurare risorse aggiuntive per circa 3,2 miliardi
nel 2020, suddivise come indicato nella tabella 1.
A queste dovrebbe aggiungersi una norma
volta a superare gli ostacoli posti dalla legge sulla privacy e dalla sua
interpretazione, consentendo così di utilizzare finalmente l’anagrafe dei conti
correnti e dei rapporti finanziari per effettuare l’analisi del rischio
fiscale: garantirà un gettito quasi nullo nel primo anno e uno più
significativo negli anni successivi.
Il Documento contiene anche le norme
dedicate all’incentivazione dell’uso della moneta elettronica, compreso il
cosiddetto cashback, il cui impatto è nullo per il 2020 e negativo (per circa 3
miliardi) a partire dal 2021.
Da questi elementi è possibile dedurre che
sull’evasione la manovra del governo Conte bis si pone in netta discontinuità
con quella del Conte 1, che era caratterizzata dal ricorso ai condoni, a loro
volta ispirati a quelli introdotti dalla seconda legge di bilancio del governo
Renzi. La manovra sembra invece in continuità con quanto fatto nel 2011 e nel
2015 sia negli strumenti (l’anagrafe dei conti, il contrasto alle indebite
compensazioni) sia in quella che possiamo definire come la filosofia di fondo
dell’intervento.
È una filosofia caratterizzata da tre
obiettivi che emergono con una certa chiarezza: i) spingere le amministrazioni
finanziarie a utilizzare i dati esistenti, cominciando a farlo subito in
settori dove le patologie emergono proprio grazie all’analisi dei dati; ii)
aumentare la tracciabilità e quindi l’ammontare dei dati disponibili; iii)
rimuovere alcuni ostacoli che fino a oggi hanno contribuito a limitare l’uso
effettivo dei dati.
Necessaria
una rivoluzione culturale
Si tratta certamente di obiettivi
condivisibili, ma due osservazioni critiche emergono circa l’efficacia delle
misure adottate rispetto al primo e al terzo obiettivo.
Sull’utilizzo dei dati esistenti si poteva
osare di più, ad esempio attribuendo all’Agenzia delle entrate l’obiettivo di
arrivare, con tempistiche precise, a realizzare il progetto di precompilazione
delle dichiarazioni Iva – di cui si è spesso parlato negli anni scorsi –
utilizzando i dati della fatturazione elettronica e della trasmissione
elettronica dei corrispettivi.
Inoltre, si poteva prevedere che, alla luce
dei nuovi dati disponibili dalle Fats (Foreign Affiliate Statistics) e
provenienti dalla rendicondazione dei dati nazionali paese per paese, l’Agenzia
rivedesse i criteri di accesso e le modalità di gestione del regime
dell’adesione cooperativa, che dovrebbe rappresentare lo strumento primario per
il contrasto dell’evasione e dell’elusione da parte delle multinazionali.
Ma la criticità più importante riguarda
(ancora) l’uso effettivo dei dati. Se la norma sulla privacy verrà approvata e
sarà efficace (il che è tutto da dimostrare, stanti i precedenti), rimarrebbe
la necessità di ripensare il modello organizzativo della filiera dei dati
fiscali e di dotare l’amministrazione finanziaria delle risorse umane e materiali
per utilizzare i dati in modo massiccio e preventivo, anziché per casi
individuali e in una logica di mero accertamento, come avvenuto finora. Una
rivoluzione culturale e organizzativa che ha mosso i primi passi in questi
anni, ma che ora richiede un salto di qualità netto e deciso. Si tende troppo
facilmente a pensare che i problemi si risolvano scrivendo una norma, quando
invece, specie in campo fiscale, è almeno altrettanto importante ciò che accade
dopo che la norma è stata approvata.
C’è da sperare che questo governo se ne
preoccupi subito, cominciando con l’attribuzione delle deleghe in campo
fiscale, indispensabili per avviare la fase attuativa della manovra.
Nessun commento:
Posta un commento