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- di Pierre Haski, France Inter, Francia
L’Unione
europea è divisa di fronte all’offensiva turca in Siria
Perché l’Europa,
o anche solo la Francia, non si sostituiscono agli Stati Uniti per proteggere
le popolazioni curde in Siria? La domanda si ripropone spesso da quando Donald
Trump ha abbandonato, in modo brutale e sconvolgente, i combattenti curdi che
avevano guidato la battaglia sul campo contro il gruppo Stato islamico (Is).
La realtà è tanto triste quanto semplice: né la Francia individualmente né l’Europa
collettivamente hanno i mezzi per lanciare una simile operazione ad alto
rischio, foss’anche limitata a obiettivi umanitari. Ma almeno la volontà
politica ci sarebbe? Anche in questo caso la risposta è negativa, al livello
collettivo.
La buona
notizia è che tutti i paesi dell’Unione europea hanno reagito all’unisono
condannando l’intervento turco, senza le tipiche dissonanze emerse in altre
situazioni. Il 14 ottobre i ministri degli esteri dei 28 stati dell’Unione
hanno chiesto all’unanimità la fine dei combattimenti e il ritiro delle truppe
turche dalla Siria.
Autonomia
strategica
La cattiva
notizia, invece, è che l’Europa è
una tigre di carta, senza un impatto reale in una situazione di crisi come
quella in atto, come d’altronde lo è stata fin dall’inizio della guerra in
Siria, otto anni fa.
La Francia mantiene un piccolo contingente
sul campo, circa duemila soldati delle forze speciali che assicurano, accanto a
statunitensi e britannici, la sicurezza delle zone curde. Ma la realtà
geopolitica resta invariata: con il ritiro degli Stati Uniti, francesi e
britannici non possono far altro che accodarsi. E infatti lo stanno facendo.
Duemila statunitensi erano sufficienti a
tenere a distanza le forze avversarie, perché queste ultime sono perfettamente
consapevoli della potenza di Washington, che si tratti della Turchia membro
della Nato, della Russia che vuole evitare incidenti con la Casa Bianca o
dell’Iran che non intende offrire un pretesto per uno scontro diretto.
Il 13 ottobre l’idea di condurre un’azione
militare autonoma ha attraversato la mente delle autorità francesi, ma è stata
subito scartata: troppo rischiosa e fuori portata dal punto di vista sia
militare sia politico.
Alla base di questa impotenza europea ci
sono sempre gli stessi due elementi: la mancanza di mezzi e la mancanza di
volontà.
La
Nato resta la cornice principale della difesa dell’Europa
Si parla spesso di difesa europea, ma
ancora non si vede all’orizzonte, perché per decenni gli europei si sono
accontentati dell’ombrello americano mentre il discorso di un esercito europeo
era considerato solo un residuato della grandezza passata. Ora Trump ha
cambiato la situazione, portando avanti in modo caotico il disimpegno accennato
da Obama. Con Trump è in discussione il concetto stesso di alleanza, che si
parli di curdi, di estoni o di sudcoreani.
I 27 (in questo caso specifico 28) hanno
ripreso la linea dell’”autonomia strategica” invocata dalla Francia e da altri
paesi. Ma i piccoli passi compiuti sono del tutto insufficienti per avere
effetti operativi. La Nato resta la cornice principale della difesa
dell’Europa, anche se oggi l’onda d’urto dell’intervento turco mina
profondamente l’alleanza atlantica.
Quelli che si lamentano perché l’Europa non
è nelle condizioni di proporsi come forza di pace dovrebbero trovare un modo di
garantire al vecchio continente i mezzi necessari, e non sarà possibile farlo
da un giorno all’altro. Quantomeno possiamo ringraziare Donald Trump di averci
ricordato la fragilità delle alleanze.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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