venerdì 25 ottobre 2019

M5S e i rapporti di Salvini con Putin: quando il bue dice cornuto all’asino?..



Quattro domande ai Cinque Stelle sui loro rapporti con la Russia di Putin
I grillini chiedono a Salvini di chiarire il caso Metropol. Benissimo, ma è un'iniziativa politica molto pericolosa perché anche loro hanno avuto rapporti molto stretti con l’autocrazia del Cremlino. Se se lo fossero dimenticati, in questo articolo c’è tutto

Leggere le quattro domande che il Movimento di Davide Casaleggio ha posto a Salvini sul caso Savoini è come andare in contromano in autostrada ubriachi e insultare chi ti viene addosso. La richiesta di trasparenza è drammatica ed esilarante per almeno due motivi, a partire dallo slogan che l'ufficio propaganda ha coniato, «prima i russi o prima gli italiani».

I legami pericolosi di Salvini con i vertici del regime di Putin sono noti almeno da febbraio scorso ma a nessuno dei novelli "democratici" è mai venuto in mente di sollevare almeno un sopracciglio. Ad attaccare Salvini sull'affaire moscovita nelle sedi adeguate, e cioè in Parlamento, dovette pensarci Conte nell'agosto scorso. Fino a quel momento non una voce dal Movimento si era alzata.

Si dirà che è il gioco della politica, e fin qui va bene.

Quello che invece rimane oscurato è la lunga liaison che il Movimento ha almeno dal 2014 con la Russia putiniana. Un flirt assai più consistente per numero di incontri, occasioni pubbliche e private, di quelle avute con esponenti della Lega.


Misterioso è chi decise l'aggancio tra il regime moscovita e il Movimento. Perché fino al febbraio 2014 Putin era «uno zar dagli affari oscuri» (copyright Roberto Fico), Grillo lo accusava di essere il mandante dell'assassinio di Anna Politkovskaja e Casaleggio senior nel suo video "Gaia" metteva la Russia nella lista degli stati totalitari con i quali l'Occidente avrebbe combattuto la terza guerra mondiale.

Nel marzo 2014 arrivò la svolta e in tv Grillo diventò estimatore del Presidente russo. Poche settimane dopo la propaganda russa sbarcò a Montecitorio dove una deputata denunciò episodi di cannibalismo dei soldati ucraini nel corso della guerra con Mosca. Un must della disinformazia. Ovviamente il Movimento si schierò sull'invasione dell'Ucraina a favore di Mosca. Così come fa da anni al Parlamento europeo sia sulle sanzioni che sulle indagini sulla cyber-propaganda russa ad Ovest. O appoggiando l'espansione verso il Mediterraneo come in Siria. «Se Assad è un dittatore lo decideranno i siriani» o altre perle come queste. «In Siria [chi contesta Assad] la maggior parte sono terroristi [...] sto con i governi legittimamente eletti, [sto] con Al-Sisi in Egitto [...]. Perché si parla degli arresti in Russia? Il blogger Navalnj è un blogger del piffero, la gente che sta con lui in piazza è pagata». Parole dell'attuale Presidente della commissione Esteri al Senato in quota Movimento, Vito Petrocelli. Solo un caso?

Qualcuno dirà, «ma non si parla di soldi come nel caso Savoini!». Con certezza l'unico che ha preso soldi da Mosca è Beppe Grillo che viene pagato come da tariffario da lui stesso deciso ogni volta che viene intervistato, come nel caso di Russia Today. Un asset perfetto della propaganda: «L'idea di un'Europa unita non esiste già più. Credo che il collasso dell'Ue sia già avvenuto. L'Unione europea non ha senso».

Quello che però risulta incomprensibile è la giravolta: mai decisa da nessuno pubblicamente. Eppure così drastica, così precisa.

Nel 2016 la linea pro-Mosca iniziò a svelarsi. Due viaggi a Mosca di una delegazione guidata da Alessandro Di Battista, l'invito a parlare al congresso del partito di Putin, Russia Unita. A tessere il rapporto Sergej Zeleznjak, l'architetto delle leggi censura sul web russo e agente di influenza tra Romania e Montenegro dove è stato accusato di aver organizzato un golpe. L'ammazza-web russo con il partito della rete, una bella storia. È lui a firmare l'accordo con Salvini e la Le Pen (a cui andranno cospicui finanziamenti), è lui a proporre al Movimento di firmarne uno uguale. Il partito della trasparenza non risponderà mai all'offerta, né ovviamente metterà ai voti su Rousseau la proposta.

E arriviamo alla battaglia campale sul referendum di Renzi che vide scendere pesantemente in campo l'apparato del Cremlino. L’ex premier ne avvertì l'importanza e si scontrò nel corso di una telefonata con Putin. Nelle stesse settimane proprio Di Battista di fronte all'ufficio comunicazione alla Camera se ne uscì così: «Che ne direste se ci facciamo dare una mano dall'ambasciatore russo, con tutto quello che stiamo facendo per loro!». Nel frattempo Russia Today e Sputnik, antenne del regime, intervistavano esponenti del Movimento apparendo sempre più spesso sul blog di Grillo e di qui sulle pagine social di milioni di italiani.

Fu proprio Di Battista a portare all'ambasciata russa Beppe Grillo, ad interloquire con esponenti di vertice della diplomazia come Artem Kalabukhov, terzo segretario dell'ambasciata di Mosca, che almeno su Twitter nulla avevano di diplomatico.

Ma oggi i contatti con la Russia sono stati istituzionalizzati. Messe in soffitta le boiate finto terzomondiste di Di Battista, il Movimento si è affidato al Re di Cuori del business italiano in Russia, Antonio Fallico. Che si tratti di energia (è stato consulente di Gazprom) o di banche (presiede la filiale russa di Banca Intesa) lui c’è.

Fallico dirige l'associazione «Conoscere Eurasia». Il suo nome finì nei cablo dell’ambasciata americana a Roma pubblicati da Wikileaks: Fallico era il canale diplomatico usato da Silvio Berlusconi per stringere rapporti con Vladimir Putin. Alla corte di Arcore era finito molto tempo prima, grazie alla forte amicizia con Marcello Dell’Utri nata ai tempi di Publitalia; poco dopo fu ambasciatore della Fininvest al Cremlino quando c’era ancora la bandiera rossa.

Fallico parla senza intermediari, e non solo per la sua padronanza della lingua, con Putin che lo ha premiato nel 2008, con l’Ordine dell’Amicizia, la più alta decorazione riservata a cittadini stranieri. È a Fallico che il MoVimento si appoggia per ampliare la sua rete nel mondo degli imprenditori italiani che lavorano in Russia.

Il sindaco di Torino Chiara Appendino è un’habituée dei simposi organizzati in Italia, a Torino e Verona, e a San Pietroburgo dove ha espresso chiaramente il suo pensiero sulle sanzioni e sul ruolo russo nello scacchiere europeo. Fin dal loro primo incontro Fallico ha chiesto a lei un contatto con Casaleggio. All’ultimo incontro, in occasione del Forum economico internazionale di San Pietroburgo, nell’accomiatarsi Fallico le avrebbe detto: «Salutami Davide». Certo che al sindaco non sarebbe sfuggito il sottinteso.

Ecco perché il Movimento ha poco da scherzare con l'ex alleato sui rapporti con Mosca. Ex in Italia, perché se si parla di politica estera, sui più importanti legami internazionali, i due partiti vanno ancora d'amore e d'accordo. Entrambi con Trump, entrambi con la destra inglese e i Brexiters, entrambi con Putin. E allora le facciamo anche noi 4 domande. Eccole.

- Perché non avete mai risposto pubblicamente al patto che il partito di Putin vi ha proposto?
- Che tipo di aiuto avete chiesto all'ambasciatore russo per il referendum del 2016?
- Chi e perché ha deciso di mutare la politica estera del Movimento nei confronti di Putin?
- E già che ci siete ci raccontate cosa vi siete detti negli incontri che avete avuto con Steve Bannon, un altro a cui Putin piace molto?

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